Parlando con il futuro…l’avvocatura si interroga

Si chiude oggi (23 maggio per chi ci legge) la kermesse patrocinata da Cassa Forense che mette sotto la lente di ingrandimento lo strumento oggi più al centro del dibattito, l’intelligenza artificiale.

Cinque giorni di incontri e confronti multidisciplinari per riflettere su come l’AI stia ridefinendo la professione legale, il concetto stesso di decisione e, più in profondità, l’equilibrio tra innovazione e diritti fondamentali.

“Talk to the Future Week è diventato un luogo di pensiero, un laboratorio di idee che anticipa le trasformazioni. – commenta Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano – In tre anni, questa iniziativa ha dimostrato che l’avvocatura sa essere motore del cambiamento culturale e istituzionale, anche su un terreno sfidante come l’intelligenza artificiale. L’Ordine degli Avvocati di Milano ha scelto fin da subito di non subire l’innovazione, ma di governarla, costruendo strumenti, dialoghi e visioni condivise. Oggi guardiamo avanti: il nostro obiettivo è consolidare questa esperienza in una vera e propria piattaforma permanente di confronto tra diritto, tecnologia e democrazia. Perché decidere la direzione del futuro è, prima di tutto, una responsabilità pubblica”.

il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenuto all’apertura dell’evento, “La mia visione della giurisdizione è unitaria: l’avvocatura e la magistratura requirente e giudicante, ognuna nel suo ambito, hanno una funzione essenziale e consustanziale alla amministrazione della giustizia”.

“L’innovazione non chiede permesso, è in fase avanzata una proposta di disciplina dell’IA, che fa seguito ad una interlocuzione duratura, continua, pacifica e pubblica con l’avvocatura”.

E sull’uso dell’IA, “dobbiamo fare un doppio sforzo: da un lato potenziare le opportunità e dall’altro prevedere, limitare o anche eliminare gli inconvenienti. Deve costituire un supporto per la ricerca giurisprudenziale, per la avvocatura e per la magistratura e per tutto il mondo giustizia, ma non deve surrogarsi e nemmeno interferire con l’intelligenza umana”, perché se così fosse si perderebbe “la capacità di rappresentazione e la fantasia della persona umana”, che permette la ricostruzione in sede processuale di “un fatto nella sua dimensione psicologica, se ,infatti, anche la IA riuscisse a ricreare la dinamica di un incidente” ha concluso il ministro in chiusura della sessione di dibattito, “non renderebbe mai chiaro il movente e se ci fosse o meno, perché questo solo il giudice può farlo”.