Il bonus psicologo non basta, servono politiche misurabili e durature

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Federico Conte, Presidente ENPAP, e Ada Moscarella, Consigliera CdA ENPAP

Dal 15 settembre 2025 è nuovamente attiva la piattaforma INPS per la presentazione delle domande di accesso al Bonus Psicologo.

La misura, resa strutturale ma soggetta a rifinanziamento annuale, prevede contributi fino a 1.500 euro per le fasce ISEE più basse e un rimborso massimo di 50 euro a seduta.

Il provvedimento ha il merito di facilitare l’accesso a percorsi psicologici per cittadini che, in condizioni ordinarie, non potrebbero permetterseli. Ma a tre anni dall’introduzione emergono con evidenza i limiti strutturali.

Le risorse disponibili non sono proporzionate al fabbisogno: i fondi si esauriscono in tempi rapidi e l’assegnazione segue una logica di “click day”, basata sulla velocità di presentazione della domanda e sulle competenze digitali, più che sulla gravità del bisogno o sull’urgenza dell’intervento. Il tetto di 50 euro a seduta, inoltre, non copre il costo medio delle prestazioni, lasciando spesso a carico dell’utente una quota non sostenibile.

La gestione amministrativa grava interamente sui professionisti, che devono inserire le sedute e attendere — talvolta per mesi — i rimborsi regionali. L’accessibilità è disomogenea: in alcune aree del Paese i professionisti aderenti sono pochi, mentre la Provincia autonoma di Trento ha dichiarato di non voler finanziare il bonus, escludendo i propri residenti dalla misura.

A ciò si aggiunge l’assenza di un monitoraggio sugli esiti clinici e sociali: non disponiamo di dati sull’efficacia in termini di riduzione del disagio, prevenzione della cronicizzazione o alleggerimento dei costi sanitari futuri. In mancanza di queste valutazioni, ogni investimento rischia di ridursi a un trasferimento assistenziale privo di ritorno documentabile per la collettività.

È qui che si colloca la questione più rilevante: la salute mentale necessita di investimenti programmati, misurabili e sostenibili. Le risorse pubbliche dovrebbero essere allocate secondo logiche di outcome e di costo-beneficio, così da orientare le politiche sanitarie su basi solide e non contingenti.

Il Bonus Psicologo resta quindi un segnale politico, ma non ancora una politica strutturale. Senza integrazione con i servizi territoriali, valorizzazione dello psicologo di base e sistemi di valutazione rigorosi, la misura rischia di restare episodica e frammentaria.