Guffanti …. La Previdenza che ci Aspetta

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“Un welfare che è in evoluzione per tutta una serie di ragioni che stanno in parte a motivi strutturali e in parte ahime a motivi congiunturali.  Quelli strutturali sono legati da un lato al fatto che noi abbiamo un andamento della popolazione degli iscritti che ha goduto di un boom di crescita nella seconda meta anni ‘90, con un picco molto elevato nel 95, 96 e 97, che piano piano ci porteremo al traguardo del pensionamento in età avanzata. Oggi come oggi abbiamo 6mila pensionati,  nel giro di due tre anni vedremo arrivare al traguardo lo stesso numero che oggi abbiamo accumulato  nell’intera nostra esistenza e questo è un fatto per cui dobbiamo prepararci per tempo. Ci siamo preparati prima come sistema previdenziale passando al contributivo, ora bisogna attrezzarci anche dal punto di vista dell’assistenza”.

Chi parla è Renzo Guffanti, presidente della cassa nazionale dei commercialisti, uno degli Enti che, come spiegherà Guffanti durante l’intervista, gode di “buona salute” nonostante qualche problema da affrontare e risolvere, come l’adeguatezza delle future prestazioni anche se, come diceva Troisi, la Cassa dei commercialisti “ricomincia da tre” tenendo conto che il meccanismo di un patto intergenerazionle è di fatto già rodato.

“L’adeguatezza delle pensioni future è il tema che abbiamo sul tavolo. Abbiamo davanti a noi 10 , 15 anni per preparare una serie di servizi piuttosto che di istituti a cui far accedere i nostri iscritti a condizioni migliorative rispetto al mercato, per cui il pensionato che magari percepisce qualche euro in meno di pensione rispetto agli attuali pensionati deve avere una sorta di risarcimento. Dobbiamo cercare di salvaguardargli il potere di acquisto. Noi, però,  abbiamo probabilmente un vantaggio rispetto a chi ha necessità di andare ad intervenire con misure di solidarietà. Nel 2003 è stata approvata la riforma, il nostro è stato un passaggio al contributivo secco, indiscriminato. Tutti quelli che al 31 dicembre 2003 avevano il retributivo, dal 1 gennaio 2004 sono passati al contributivo. A quel punto la frenata, lo schiacciamento dei trattamenti si è già visto e sentito dal 2008/2009 e questo fa sì che  il campione  di popolazione che sta ricevendo pensioni assolutamente rotonde è poco rilevante sul totale della categoria. Quindi la necessità di fare solidarietà in qualche modo sta già nei fatti nel senso che anche il pensionato 2008, 2009, 2010 ha già rinunciato non tanto al diritto acquisito  ma al diritto che stava acquisendo. Questo ci ha permesso  da una parte di essere rapidamente sostenibili e dall’altra di avere meno di 2mila soggetti su 60mila interessati che stanno godendo di una effettiva e ampia generosità. Nei loro confronti a cadenza regolare  è stato sempre deliberato dalle varie assemblee che si sono susseguite comunque l’applicazione  di un contributo di solidarietà che negli anni dal 2004 al 2008 ci è stato bocciato in Cassazione  e poi rinnovato nel periodo  2009 2013 e ulteriormente rinnovato dall’anno scorso. Bisogna aver coscienza che siamo passati nel momento giusto al posto giusto e un segnale di presa di coscienza passa attraverso la scelta di lasciare una piccola percentuale di pensione rotonda a favore di un migliore benessere di tutti”.

La prossima settimana il Mef si presenterà di nuovo di fronte alla Commissione bicamerale di controllo con il Regolamento di prossima emanazione che stabilisce nuove regole per le Casse di previdenza dei professionisti anche in tema di investimenti. Cosa ne pensa?

“Da diretto interessato diciamo che come Cassa non abbiamo grosse problematiche da affrontare sia dal punto di vista del peso degli immobili rispetto al totale dell’asset allocation sia dal punto di vista della presenza di altri prodotti che stiano agli alternativi piuttosto a obbligazioni con strutture strane, siamo tra virgolette in linea con quelli che sono i parametri previsti dal Regolamento. Per cui abbiamo l’immobiliare che pesa poco più del 11%, abbiamo il comparto degli alternativi che non arriva al 5, strutturati o con prodotti all’interno che possano destare preoccupazioni direi nessuna, strutturati in generale,  40mln di euro su 5mld di patrimonio, stiamo parlando dello zero virgola qualcosa come 100. Se osserviamo la norma dall’ottica invece di Sistema, se lo guardiamo rispetto al mondo Adepp o al mondo degli investimenti, dell’andamento dei mercati in generale, è evidente che determinate correzioni soprattutto dal punto di vista dello stock di immobiliare detenuto da  alcune Casse è un tema su cui c’è da riflettere. Noi ancora oggi, a parte qualche timido segnale di ripresa ma direi più di borsa che di economia reale, continuiamo a stare in una situazione di stallo e di crisi. Lo stesso Stato aveva in corso un’operazione di dismissione e cartolarizzazione delle proprietà pubbliche, se a quelle aggiungiamo quelle dei privati si rischia di andare  a sovraccaricare il mercato dal lato dell’offerta quando la domanda non ce ne è e a rimetterci saranno proprio quelle Casse che hanno soprattutto investimenti immobiliari .  Per cui nel momento in cui vado a caricare un gap patrimoniale negativo di fatto sto facendo venir meno risorse che dovrebbero  servire innanzitutto per pagare le pensioni e poi per coprire quei deficit che non hanno costruito le Casse privatizzate e che se li sono trovati impacchettati. Quello che è mancato nell’operazione di privatizzazione  è stata la lungimiranza da parte di privati di non rendersi conto quanto arduo fosse il compito che ci andavamo ad assumere. Poi per quanto ci riguarda il boom di crescita e l’adozione veloce di alcune misure  ci ha portato ad essere abbastanza tranquilli. Io trovo che sia stato poco rispettoso quando con il comma 24 articolo 24 siamo stati messi in fila e ci è stato detto….allora vediamo se siete sostenibili  o non siete sostenibili…. Nessuno ha detto alla lettera che quando le Casse 509 sono state privatizzate, tranne un paio, nessuna era sostenibile  per cui noi siamo partiti non sostenibili  e il fatto che ancora oggi per tutti non si sia chiuso il gap non è un demerito ma è un merito per chi c’è riuscito”.

Un altro Decreto sembra essere in dirittura di arrivo ossia quello sul credito di imposta

“Io per come ho letto il testo del Decreto mi pare che da un lato viene richiesta la disponibilità di investire almeno nei cinque anni dall’altro al momento in cui l’investimento che darà diritto all’agevolazione avrà valore, questa partirà dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, il meccanismo  è un meccanismo per cui io nel 2015 maturo i rendimenti finanziari, potrò godere del credito di imposta  nella denuncia che faccio nel giugno e presento settembre 2016, sulla base di quanto avrò reinvestito di quei rendimenti nei primi sei mesi dell’anno. Ad oggi il 2015 scorre normale, fra i rendimenti che riusciremo a fare e investirne nei primi sei mesi del 2016, godremmo di quella quota parte di incentivo. E’ un sistema che io leggo efficiente. Il problema resta la qualità degli investimenti e come andiamo a perimetrare la parte di economia reale. Nel senso che oggi come oggi il testo del Decreto fa riferimento a investimenti in infrastrutture, in creazione e trasporto di energie, in  reti tecnologiche, diciamo che questo alla fine è un mondo che compete tra virgolette all’alta finanza che investe in aeroporti di Roma, nei termovalorizzatori, in fibra ottica veloce, insomma stiamo parlando  di una realtà che ha 8 o addirittura 9  zeri dietro il numero . Noi cercavamo e cercheremmo di investire anche nel micro credito, su realtà che siano operative, radicate sul territorio, che abbiano 200 o 100 dipendenti e dei fatturati che possono stare anche appena sopra o appena sotto i 50mln di euro,  dove andare a investire 1 o 2 milioni di euro. Su queste realtà nella bozza di Decreto non è detto nulla nonostante questa alla fine sia quella parte di economia reale che avrebbe un disperato bisogno di un canale di finanziamento che viene negato dalle  banche”.

Per restare in tema di economia. Il Governo ha presentato una bozza del Documento di economia e finanza, il testo più dettagliato dovrebbe essere presentato venerdì. Ma i dati contenuti parlano di una ripresa lenta, di una crescita dello 0,7 nel 2015 e del 1,4 nel 2016 nonché di un deficit che scenderà solo dal 2016

“In questo momento quello che più visibilmente è in ripresa è solo il listino del fts mib della borsa di Milano. Se guardiamo al resto del mondo, diciamo civilizzato, Wall steet ha battuto il record. I mercati di Londra,  Francoforte sono tornati tutti sui massimi. Dal nostro osservatorio le imprese che vanno bene stanno bene, che sono in rilancio o sono uscite dalla crisi sono l’eccezione e non sono la regola. E le eccezioni sono legate a nicchie molto particolari, a capacità che i nostri cittadini hanno nel DNA, per cui prodotti particolari, attività particolari,  soprattutto se hanno come mercati di riferimento il mondo,  riescono a tenere il passo. Quello che è il tessuto economico normale è ancora pesantemente in crisi perché il cuneo fiscal- previdenziale è un cuneo che spezza i reni a chiunque”

Un articolo su Il Corriere della Sera a firma Enrico Marro denunciava il fallimento del federalismo sottolineando che era andata disattesa l’indicazione per cui se aumentavano le addizionali  locali sarebbe dovute diminuire quelle nazionali

“Il peso del fisco è aumentato e continua ad aumentare in funzione del fatto che il bilancio della spesa pubblica continua a crescere indipendentemente dal fatto che il Pil si sia fermato,  e quindi continua a crescere l’imposizione sia tributaria sia previdenziale. Dall’altra una serie di riscossioni che prima erano comprese nell’Irpef oggi sono state rimandate alle varie Amministrazioni locali che ricaricano disperatamente per far fronte ai tagli che subiscono dal Governo centrale. I problemi sono sempre i soliti. I Patti di stabilità che si sono avvicendati negli ultimi 10 anni erano Patti che avevano il baco in origine  ovvero si è sempre ragionato in un complessivo di spesa non si è mai ragionato sulla qualità della spesa. I Patti di stabilità sono stati un meccanismo formidabile  per lasciar sperperare liberamente chi sperperava perché  semplicemente non ha potuto sperperare più di così e al contrario le Amministrazioni virtuose in quanto virtuose se avevano  un problema sociale da gestire non avevano più lo spazio a bilancio per poter riuscire a spendere quanto serviva. Il problema non è che tu non spenda di più di quanto stabilito, il problema è che per i servizi che stai erogando più di quello non puoi spendere, se i servizi valgono 500 anche se fino ad oggi hai speso 800 per erogarlo ora devi spenderne 500. Il problema dell’Italia è la qualità della spesa pubblica”.

Alta formazione, questo il vostro nuovo progetto?

“Noi abbiamo una radice profonda nella formazione e per quanto riguarda noi commercialisti l’obbligo alla formazione si traduce nel dover stare dietro a tutte le modifiche; se ogni anno non ti vai a vedere tutto quello che è cambiato non sei in grado proprio di svolgere la tua attività anche di consulente fiscale. Noi dal 2000 abbiamo la formazione continua ed obbligatoria, adesso siete arrivati anche voi giornalisti, io essendo pubblicista per tre anni sono ancora esonerato.  Oggi la formazione è diventata, anche per noi, strategica,  quelle che una volta erano consulenze per noi sono diventate prestazioni di servizio che si scontrano a livello di concorrenza  con realtà associative, assicurative, bancarie, organizzate, per cui i margini ormai sono margini che non ci campi o addirittura ti conviene chiudere. Per cui è evidente che anche i giovani iscritti all’Ordine e spero alla Cassa devono avere di fronte un meccanismo virtuoso che parta dalla convinzione che  senza il lavoro non c’è il contributo, senza il contributo non c’è la previdenza, la Previdenza deve per quanto possibile ributtare in circolo risorse affinchè la professione possa evolvere. Lì la linea è anche far si che chi entra sul mercato possa trovare delle linee di sviluppo della sua attività  che non siano terra terra. Non è pensabile che un giovane iscritto possa campare di 730 o di Modello unico ma deve pensare di andare oltre, deve specializzarsi magari nella revisione e fare quello. Io devo dire che, volendo o non volendo,   in questi anni di crisi dal 2009 al 2013 i fatturati medi,  i redditi medi di categoria non si sono impennati, è evidente, ma non hanno  preso alcuno scivolone a differenza di altre categorie. L’andamento complessivo è in linea”.

Avete un problema di age pay gap e di gender pay gap oppure no?

“Da qualche anno, nella quota di neo iscritti la componente femminile è superiore a quella maschile. Poi se invece noi andiamo a vedere gli iscritti che erano lavoratori dipendenti e hanno scelto la libera professione o quelli che hanno deciso di abbandonare un altro lavoro e intraprendere la professione, in quella fascia gli uomini sono ancora più delle donne. In un gioco di specchi noi abbiamo la media di fatturato e di reddito maschile che è cresciuta , la stessa cosa succede alle donne. A livello di categoria proprio perché la componente femminile sta aumentando e il peso della componente femminile rispetto al peso di categoria è sotto media, porta a vedere una foto dove il totale della categoria è ferma anche se il trend è invece in aumento. Le donne guadagnano meno e siamo in un rapporto con i colleghi maschi di uno a due. Il mondo della professione maschile fattura 120, 130 mila euro, 80/90mila euro di reddito, il mondo femminile fattura 60/70mila euro con un reddito intorno ai 35mila euro.  La media dei due fa la media di categoria che è 111mila euro fatturato  e 63mila euro di reddito. Però ripeto la cosa che balza all’occhio è che il mondo femminile sia per fatturato sia per reddito cresce, certo poi c’è il problema del gender pay gap”.

Il prossimo evento pubblico è fissato per il 23 aprile, ci da qualche anticipazione?

“L’anticipazione è nel titolo … un gioco di parole che graficamente rende bene l’idea … La previdenza che ci Aspetta dove è chiaro che uno guarda al futuro, guarda sia quello  che l’iscritto si aspetta sia  quello che la previdenza ci può far aspettare….. se però togliamo la A vediamo che nel titolo c’è anche la previdenza che ci spetta e la previdenza che ci spetta torna una delle prime domande dell’intervista… Io non posso pensare che per pagare le ricche prebende di un pensionato pubblico vengano prelevate risorse attraverso la fiscalità dalle pensioni future dei liberi professionisti in regime di previdenza privata. Io non posso pensare di far mancare una pensione ad un mio iscritto per pagare 20 mila euro a chi quei contributi non li ha mai versati. Io temo che il partito dei diritti acquisiti è ancora potentissimo. Ma una manovra che sia legislativa o amministrativa vada pensata. Se si continua a pagare di tutto di più,  se tutte le risorse sono spese per pagare le prestazioni e non per mettere da parte qualche risorsa per poter dare dei trattamenti migliori a chi verrà, che previdenza ci spetterà”?