Lavoratori, in Italia sempre più tassati

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I redditi da lavoro dipendente italiani sono i più tassati d’Europa, lo dicono i dati contenuti nel Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica diffusi dalla Corte dei Conti. Più in particolare:

  • i redditi da lavoro dipendente in Italia sono tassati in media al 42,8%;
  • i redditi d’impresa al 26,5% (Italia al secondo posto);
  • le tasse sugli immobili, prima su tutte l’IMU, sono pari all’1,6% del reddito (Italia quarta).

Ma non solo. La pressione fiscale nel nostro Paese risulta addirittura in crescita, con una media nel 2014 del 43,4% e picchi fino al 50,3%. Basta puntare la lente di ingrandimento sulle manovre che si sono susseguite in questi anni in Italia: tra il 2008 ed il 2014 vi sono state 45 manovre totali, con 758 misure che hanno movimentato complessivamente 520 miliardi di risorse e hanno portato ad una riduzione dell’indebitamento netto da 145 miliardi (tenendo conto anche della recente Legge di Stabilità). In generale, osserva la Corte dei Conti, in vent’anni le tasse locali sono raddoppiate e per scelta del Governo:

In questi anni c’è stato “un contributo alla crescita delle entrate da parte delle Amministrazioni territoriali, la cui quota su quelle dell’intera Pubblica Amministrazione risulta quasi raddoppiata in 20 anni, dall’11,4% del 1995 al 21,9% del 2014. Ma ciò è stato frutto di scelte operate a livello di Governo centrale piuttosto che espressione dell’autonomia impositiva degli enti decentrati”.

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Nel Rapporto si legge:

“Un duraturo controllo sulle dinamiche di spesa può ormai difficilmente prescindere da una riscrittura del patto sociale, che leghi i cittadini all’azione di governo e che abbia al proprio centro una riorganizzazione dei servizi Welfare“.

E la Corte dei Conti fa riferimento ai dati elaborati annualmente dall’OCSE:

“Nel 2014, il cuneo fiscale (differenza fra costo del lavoro e retribuzione netta in percentuale del costo del lavoro) sul lavoratore senza carichi familiari vede l’Italia collocata al sesto posto nella graduatoria dei 34 paesi dell’area, con un livello (48,2%) superiore di oltre 12 punti rispetto al valore medio. Dimensioni più contenute assume il fenomeno nel caso del lavoratore con carichi di famiglia che, tuttavia, con un cuneo pari al 39% sale al quarto posto nella graduatoria OCSE”.

Si tratta di evidenze che contrastano con le indicazioni delle istituzioni interne (Banca d’Italia) e degli organismi internazionali (OCSE, Eurostat, FMI) che propongono uno spostamento dell’onere tributario dai fattori produttivi verso i consumi e il patrimonio e concordano nel disegnare la graduatoria delle imposte che più ostacolano la crescita economica a partire da quelle sui redditi d’impresa, passando per quelle sui redditi da lavoro e le imposte sui consumi, fino ad arrivare alle imposte patrimoniali.

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Fonte: Corte dei Conti.