Giornalisti freelance, 4 su 10 sono a reddito zero

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Nel 2014 lavoro autonomo al 64,6% e reddito zero per 4 giornalisti ‘’freelance’’ su 10. Sono i dati più rilevanti segnalati dal Rapporto annuale sulla professione giornalistica a cura di Lsdi,  Libertà di stampa diritto dell’Informazione, presentato martedì  12 gennaio nel salone della Fnsi, a Roma .

Uno studio che denuncia come la progressiva contrazione del lavoro dipendente e la parallela crescita del peso del lavoro autonomo continuano ad essere i tratti salienti dell’ evoluzione della professione giornalistica in Italia. E i dati pubblicati sono chiari.

I rapporti di lavoro in quotidiani, periodici e Rai, che nel 2000 rappresentavano il 76% del lavoro giornalistico dipendente (11.767 rapporti di lavoro su 15.476 complessivi), nel 2014 sono calati infatti al 59,5% (11.253 rapporti su 18.917). Mentre enti pubblici e privati e la pubblica amministrazione, che 15 anni fa contavano l’ 8,1% dei rapporti di lavoro subordinato, hanno raddoppiato il loro peso e rappresentano ora il 16,7% dei rapporti di lavoro. Complessivamente i giornalisti attivi ‘’effettivi’’ nel 2014 erano 50.488 (32.631 autonomi ‘’puri’’ [iscritti solo all’ Inpgi2] e 17.857 dipendenti, di cui 7.903 iscritti anche all’ Inpgi2*), su 105.634 iscritti all’ Ordine dei giornalisti (esclusi stranieri ed elenco speciale), pari al 47,8%: una percentuale lievemente superiore al 47,1% registrato alla fine del 2013. *Gli iscritti all’ Inpgi2 erano quindi complessivamente 40.534. Nel 2000 gli attivi ‘’effettivi’’ erano 21.373 (il 31,3% dei 68.253 iscritti all’ Ordine – esclusi stranieri ed elenco speciale -). Il numero degli attivi, in quindici anni, è cresciuto del 136%, mentre il numero degli iscritti all’ Ordine, nello stesso periodo, è salito del 54,8%.

Ecco quindi che il 2014 è stato un altro anno di profondo malessere, un anno che ha visto acutizzarsi la crisi della professione e dei suoi organismi e indebolirsi ulteriormente il ruolo di polarizzazione dei media tradizionali nel campo del lavoro subordinato. E la situazione è ancora più drammatica, come ha sottolineato nel suo intervento il Vice Presidente dell’Inpgi, Paolo Serventi Longhi, che ha ricordato che nel 2015 la forbice è ancora più larga e che “L’Istituto è impegnato su due fronti, uno la riforma e l’altro il rilancio del lavoro anche attraverso gli sgravi fiscali. E proprio sul via libera alla riforma  sta lavorando il Presidente Camporese che è in costante contatto con i Ministeri vigilanti e preposti ossia quello del Lavoro e quello dell’Economia. Un contatto stretto e a volte giornaliero”.

Ed infatti, sempre per tornare ai numeri, l’ andamento dei nuovi iscritti (Inpgi1 e Inpgi2) mostra un progressivo declino: dai 3.247 nuovi iscritti del 2000 si è passati ai 2.305 nuovi iscritti del 2014, con un decremento del 29%. In particolare, dal 2008 in poi i nuovi iscritti all’ Inpgi1 si sono più che dimezzati, passando da 1.379 a 604 (meno 56,2%), e quelli all’ Inpgi2 sono calati solo del 4,7%.

Ma la diminuzione degli iscritti alla gestione principale, Inpgi 1, non è il solo dato a preoccupare. I redditi dei free lance, infatti, sono nel mirino della ricerca. Fra i 23.704 giornalisti con un reddito sopra lo zero, sette su 10 dichiarano introiti inferiori o pari a 10.000 euro annui e, complessivamente, si registrava un ulteriore – anche se lieve – calo della retribuzione media, scesa da 10.941 a 10.935 euro lordi annui. I redditi medi da lavoro autonomo nel 2014 restavano al 17,9% di quelli del lavoro dipendente, 5,6 volte inferiori (6,9 volte per i co.co.co e 4,7 volte per i liberi professionisti). E non solo. Ben 4 giornalisti su 10 hanno un reddito pari a zero.

Unico dato positivo, come sottolinea il presidente Camporese nella sua relazione di Bilancio, è rappresentato dalle 250 nuove assunzioni registrate nel corso del 2014 sulla base degli sgravi contributivi disposti quattro anni fa dall’ Istituto, che complessivamente (2011-2014) hanno portato comunque all’ assunzione di 574 giornalisti: ma si tratta solo di un quarto rispetto al numero dei posti di lavoro persi complessivamente nel quadriennio, pari a 2.352 unità (da 21.269 del 2010 a 18.917 del 2014, e cioè il meno 11,1%).

Ed, infatti, Camporese, scrive: ‘’Il 2014 è stato il sesto anno consecutivo di crisi’’, aggiungendo che ‘’i fondamentali non funzionano più’’. La crisi è confermata poi anche dal forte aumento della spesa dell’ Inpgi per ammortizzatori sociali, che è aumentata dell’ 8% rispetto al 2013 (ma l’ aumento era stato del 44,6% fra 2012 e 2013).
Il panorama viene aggravato anche dall’ andamento della Casagit (la Cassa sanitaria integrativa) che vede i soci contrattualizzati calare in maniera sempre più drammatica. ‘’Un calo continuo che – ha spiegato Daniele Cerrato – se negli anni passati aveva mostrato una qualche coerenza numerica nel passaggio tra attivi e pensionati, quest’anno evidenzia il distacco completo di due mondi, due popolazioni, pur appartenenti alla stessa categoria, che hanno percorsi e prospettive opposte. Oggi la stragrande maggioranza di chi esce dalla vita lavorativa non si collega alla pensione. Nel 2014 i pensionati iscritti alla Casagit sono aumentati, complessivamente, di sole 86 unità; perdiamo invece 700 contrattualizzati ( di cui 500 professionisti) rispetto al 2013’’.

La crisi si avverte in maniera molto marcata anche sul versante delle imprese. ‘’La mancanza di liquidità delle aziende editoriali ha messo in moto un meccanismo che ci costringe a continue azioni legali – osservava Cerrato -: dal sollecito – ormai così tempestivo da permetterci di aggredire un debito nei nostri confronti fin dal suo esordio, anche di poche migliaia di euro – alle ingiunzioni successive, fino alla richiesta di fallimento dell’editore. Una lotta che si svolge al di sopra delle teste di colleghe e colleghi’’. L’ unica possibilità per uscirne, secondo Cerrato, è ‘’abbassare il ponte levatoio, far entrare altre popolazioni e aumentare la nostra massa critica’’.

Un contributo importante in questa direzione, secondo Raffaele Lorusso, neosegretario generale della Fnsi, può venire dal nuovo contratto di lavoro. ‘’Un contratto che – ha sostenuto Lorusso- deve puntare sulla ripresa dell’ occupazione, costruendo percorsi di inclusione dei troppi giornalisti precari che vengono quotidianamente sfruttati e ampliando il ventaglio di tutele, garanzie e welfare per gli autonomi. Soltanto la ripresa del mercato del lavoro può assicurare un futuro ai giornalisti italiani, tutelando i diritti acquisiti e la sopravvivenza degli enti della categoria”.

“E’ bene capire che senza nuova occupazione e l’ allargamento della base occupazionale – ha spiegato Lorusso intervenendo al Congresso dell’ Associazione stampa di Puglia – siamo condannati all’ estinzione. Occorre dunque ridurre le diseguaglianze e ampliare il perimetro del contratto. E’ al mondo dei Cococo che dobbiamo guardare, individuando percorsi di inclusione contrattuale con l’accesso al welfare di Inpgi 1 e Casagit”. ‘’Non c’ è futuro senza un nuovo e pieno patto generazionale, che rimetta al centro la ripresa dell’ occupazione”. Per Lorusso bisogna “puntare a prodotti di qualità declinati da professionisti ben remunerati e non sotto ricatto. Per far questo dovremo declinare la prestazione lavorativa su più piattaforme: le novità non vanno rifiutate a priori e non siamo favorevoli a battaglie di retroguardia”.

In allegato lo studio