Lo studio. “European Carers’ Report 2018”. Alzheimer e tutto il “mondo intorno”

657

Alzheimer Europe, l’organizzazione che riunisce 40 Associazioni Alzheimer nel nostro continente, ha presentato a Bruxelles il nuovo “European Carers’ Report 2018”, lo studio che evidenzia quali siano in Europa, dal punto di vista dei familiari e dei carer, i maggiori ostacoli a una diagnosi tempestiva delle persone con demenza.

Novità da sottolineare è la partecipazione, quest’anno, anche dell’Italia, presente a Bruxelles all’incontro del 27 giugno con una rappresentanza della Federazione Alzheimer Italia.

Il Rapporto è stato redatto da Bob Woods, professore di Psicologia Clinica presso l’Università di Bangor (Galles, Regno Unito) e direttore del Dementia Services Development Centre Wales, sulla base dei sondaggi effettuati nel 2017 dai 5 Paesi che hanno raccolto l’esperienza di carer e familiari di persone con demenza nei loro territori. Nel complesso sono stati 1.409 i familiari, di cui 339 sono italiani.

Tra i 5 Stati che hanno partecipato alla ricerca è infatti presente anche l’Italia, insieme a Scozia, Olanda, Repubblica Ceca e Finlandia: nazioni che rappresentano un campione significativo della situazione in Europa in merito al percorso diagnostico vissuto dalle persone con demenza e quindi ai tempi e alle modalità affrontate anche dai loro familiari.

I dati emersi più significativi riguardano, purtroppo, la tempistica nell’individuazione della diagnosi e la sua comunicazione al malato, dati che chiudono l’analisi con un segno meno.

Tra i principali ostacoli alla diagnosi precoce, i familiari segnalano un ritardo nell’individuazione della diagnosi stessa: in media passano oltre 2 anni per ricevere la diagnosi corretta. L’Italia, in questo caso, invece, sembra recuperare terreno attestandosi sotto i 2 anni, 1,6 anni. A questo dato positivo se ne affianca uno negativo: il 31,9% dei malati italiani (il 25% negli altri Paesi esaminati) gli viene diagnosticata inizialmente un’altra condizione medica.

Una volta poi stabilita la diagnosi corretta, si è registrato tra i malati un 53% di demenza lieve, 36% moderata, 4% grave; quasi la metà dei familiari (47% nel complesso e ben il 52,1% in Italia) credono che il tasso di diagnosi sarebbe risultato migliore se valutato più tempestivamente.

Sul fronte della comunicazione della diagnosi alla persona con demenza, il 59,3% dei carer italiani dichiara che la persona non è stata informata della malattia, la percentuale scende al 23,2% in Repubblica Ceca, all’8,2% nei Paesi Bassi, al 4,4% in Scozia e all’1,1% in Finlandia.

Dati, numeri che richiedono un cambiamento di rotta veloce perché, come sostiene Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, “Una diagnosi tempestiva insieme al coinvolgimento del malato nelle decisioni che lo riguardano e all’ascolto delle sue esigenze sono fondamentali per combattere l’esclusione sociale e lo stigma, per assicurare dignità e migliorare la qualità di vita dell’intera famiglia coinvolta”.

Sul sostegno riservato ai malati e soprattutto ai familiari cosa fare è evidente, nessuno Stato escluso. “L’impatto della demenza sulla famiglia del malato è pesante sia sul piano economico sia su quello emotivo – ha sottolineato durante la presentazione dello studio  Mario Possenti, segretario generale della Federazione Alzheimer Italia – Ogni giorno le centinaia di richieste di sostegno che arrivano alla nostra help line Pronto Alzheimer ci confermano che i familiari vivono ancora troppo nell’isolamento e nella poca informazione. Consapevoli che sia necessario attivare interventi e strumenti efficaci, continuiamo quindi a sviluppare il progetto nazionale delle Comunità Amiche delle Persone con Demenza che possono far sentire comprese, rispettate, sostenute tutte le persone che vivono con la demenza”.

Ma chi sono le persone che assistono di solito il malato di Alzheimer? In Italia nella maggior parte dei casi si tratta del figlio della persona malata (64,8%; solo nei Paesi Passi sono di più i mariti/mogli con un 53,7%) e di sesso femminile (80,3%). Anche negli altri quattro Stati europei considerati le donne carer corrispondono alla maggioranza (82,8%).

In Italia anche le persone con demenza – che nel complesso si stimano in 1.241.000 – sono nella maggior parte dei casi donne (73,9%), tra i 75 e gli 84 anni (49,1%), e quasi la metà di loro vivono in casa con i loro familiari (46,4%) o con altri carer (28,7%), mentre sono pochi coloro che alloggiano presso residenze assistenziali (12,1%).