Censis. Poco lavoro, pochi soldi e i robot fanno paura

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L’ultima ricerca sul welfare aziendale targata Censi/Eudaimon, presentata a Roma, parla chiaro: si lavora di più, con orari e mansioni più estese, crescono le disuguaglianze retributive, si guadagna meno e chi ha un lavoro ha paura che potrebbero essere i robot a portarglielo via.

“A causa del lavoro – si legge nel rapporto – 5,3 milioni di lavoratori dipendenti provano i sintomi dello stress (spossatezza, mal di testa, insonnia, ansia, attacchi di panico, depressione), 4,5 milioni non hanno tempo da dedicare a se stessi (per gli hobby, lo svago, il riposo) e quasi 2milioni e mezzo di intervistati vivono contrasti in famiglia perché lavorano troppo”.

E se il 62,8% dei dipendenti italiani ha un giudizio positivo della sua situazione lavorativa, il 22,1% sostiene che le nuove tecnologie siano un pericolo per il proprio lavoro che potrebbe essere sostituito o cancellato e il 19,6% teme che gli immigrati possano rubare il lavoro, magari lavorando a salari più bassi.

Il pubblico impiego oltre ad “invecchiare” resta un miraggio per i giovani per i quali lo sbocco lavorativo più immediato è da camerieri o commessi. Vent’anni fa, nel 1997, i giovani di 15-34 anni rappresentavano il 39,6% degli occupati, nel 2017 sono scesi al 22,1%. Le persone con 55 anni e oltre erano il 10,8%, ora sono il 20,4% (il 31,6% del totale, con una differenza di 13,5 punti percentuali in più rispetto al 2011, lavora nella Pubblica Amministrazione e nei settori istruzione, sanità e servizi sociali (il 29,6%, il 7,4% in più).

Dal rapporto emerge comunque un dato positivo, forse dovuto proprio al senso di insicurezza che serpeggia tra i lavoratori, siano essi giovani siano anziani. Quasi il 70% dei lavoratori accoglierebbe favorevolmente la possibilità di scambiare un incremento retributivo con servizi di welfare in azienda, in campo sanitario, di prevenzione della salute, supporto per l’istruzione dei figli o la cura dei familiari, più tempo libero e conciliazione con le esigenze della famiglia, prodotti culturali e occasioni di benessere.

Il welfare aziendale è uno strumento potente, ma ancora poco conosciuto e applicato. Dopo due anni dalla prima legge di stabilità che aveva scelto di incentivare il welfare aziendale, nel rapporto Censis ed Euidamon vengono registrati una crescita e ottimi risultati sulla soddisfazione dei lavoratori e l’engagement in azienda. Il 46,1% dei 16.367 contratti di lavoro attivi a novembre 2018, prevede misure di welfare aziendale con un aumento del 15,4 % nella contrattazione di secondo livello.

Il problema è che solo il 17,6% dei lavoratori conosce bene il welfare aziendale nonostante chi ne usufruisce è soddisfatto: l’80% del campione di 7mila lavoratori intervistati beneficiari di prestazioni di welfare aziendale ha espresso un giudizio positivo sui servizi.

Ed infine, sul fronte reddito le disuguaglianze sono ancora più evidenti. Il reddito individuale da lavoro dipendente degli operai è diminuito del 2,7% e quello degli impiegati si è ridotto del 2,6%, mentre quello dei dirigenti è aumentato del 9,4%.

Per informazioni o leggere il comunicato stampa del Censis cliccare su http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121193