ICT, Camporese:”Opportunità ma serve una Governance”

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Il Presidente dell’AdEPP, durante il convegno organizzato all’interno della GNP dal titolo “Crescita, innovazione, competitività. I professionisti e le ICT” ha puntato la lente di ingrandimento su alcuni temi legati alle nuove tecnologie, all’uso e all’impatto di queste nella vita quotidiana e futura di professionisti e non solo. Sotto il suo intervento e l’infografica.

È davvero uno dei temi dirimenti del futuro, insieme all’apertura di nuovi mercati, alla nuova declinazione della concorrenza nello spazio europeo, ai profili di liberalizzazione delle prestazioni dei servizi collegati però alla qualità resa e ai servizi stessi. Questa dinamica ha enormi potenzialità ed enormi rischi, ma attenzione il rischio non è semplicemente il pericolo evidente di svuotare la professionalità, il lavoro, le competenze e i redditi dei professionisti, ma è nei confronti dell’utente finale. La tecnologia non si può fermare, ma il modo in cui si governa l’impatto della tecnologia in aree sensibili della vita quotidiana non è un fatto banale. Durante un convegno a Londra, Nick Bostrom, professore dell’Università di Oxford, ha posto proprio il problema su quali norme debbano essere valutate per gestire le tecnologie che avanzano. La risposta arriva dal professore Paolo Privera, che di queste tecnologie ne ha fatto uno studio ed un uso che lo ha portato a collaborare persino con la Nasa in tema di singularity tecnology e di “intelligenze artificiali”, para umane. Un giorno potremmo trovarci davanti ad un soggetto che sarà difficile capire se è un essere umano o un robot.

Il dottor Privera ha, infatti, dichiarato:

“ l’impiego dell’intelligenza artificiale avrà conseguenze dirompenti su quasi tutti i settori. Senza contare il fatto che già il potenziale tecnologico di cui dispone oggigiorno una persona non ha precedenti. Sono convinto che sia sufficiente una lista di regole a protezione dell’umano; simili a quelle della robotica. Dico questo perché c’è un grande problema nella singularity e nell’innovazione in genere: il mondo sta crescendo esponenzialmente e i sistemi di regole cui siamo abituati, assai confusi, non sembrano poter crescere allo stesso ritmo”.

La condivisione di linee guida non è un tema solo nazionale o europeo perché, di fatto, le barriere che esistono sono confini fisici e normativi ma non reali. Noi parliamo di tessera europea, che è una normativa innovativa, ma rischia di essere già vecchia. Tutti viviamo ormai in un una nuvola, in un cloud, dove tutto è condiviso e confrontato. Il mercato del lavoro ormai è trasformato non più solo dalla globalizzazione ma dalle nuove tecnologie. Per fare una riunione non prendo più un aereo ma, seduto alla mia scrivania, nel mio ufficio di Roma, accendo skype e parlo con il mio cliente o collega negli Stati uniti, in Giappone, in Germania o dovunque si trovi. Non uso più una mail ma metto il documento da firmare o il progetto da approvare in un cloud condiviso. Il fax è qualcosa di antico come la vecchia Olivetti 22. La concorrenza ormai in atto non è più tra chi è laureato o ha un master e chi non lo ha, ma tra chi usa e conosce le nuove tecnologie e chi ne ha sentito parlare vagamente. La capacità non più di conoscenza delle Ict ma di farle diventare un strumento quotidiano è essenziale. Sicuramente, visto che distrugge posti di lavoro, la nuvola non è un luogo perfetto come Nubicuculia, ma è comunque una città che va conosciuta nelle sue regole, anche virtuose.

Che l’ ICT sia ormai una realtà è assodato, che possa svolgere un ruolo importante mobilitando risorse e conoscenze in un complessivo rinnovamento del Sistema Paese è indubbio, che serva un collegamento tra ricerca ed innovazione, tra sistema pubblico e privato per favorire lo sviluppo sia del capitale digitale sia del capitale umano è altrettanto certo.  Non resta che accettare e cavalcare le due sfide che abbiamo di fronte: la prima, essere in grado di usare le nuove tecnologie salvaguardando il capitale umano, la seconda quella di non lasciarsi travolgere e soppiantare da queste creando una sorta di ICT Governance.

Sul primo tema, l’Italia è tra i Paesi che hanno investito e stanno investendo meno sulle ICT. Il digital divide, il divario tra chi ha accesso effettivo alle nuove tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso, risulta purtroppo molto robusto anche in ambito scolastico, rivelando una preoccupante disparità tra le attuali modalità di insegnamento e quelle di apprendimento. Da tempo, infatti, il Miur sostiene che i contenuti digitali, learning objetcs, serious game, alternate reality game, piattaforme digitali di condivisione, pratiche di edutainment devono diventare strumenti di un’esperienza sistematica e non episodica della didattica italiana, una sua condizione essenziale. Ma non è solo la scuola a restare la palo. I dati su quanti professionisti hanno la pec sono allarmanti. Meno di quanti ormai hanno capito che i siti internet non servono più per restare nel mercato o trovare nuovi mercati o farsi conoscere da nuovi mercati. Sono ancora sul filo dell’attualità piattaforme come Linkedin youtube (webinar) e dispositivi di geolocalizzazione. In America è stata creata da un gruppo di ricercatori di Boston una applicazione per smartphone che permetterà di diagnosticare i tumori a distanza e in maniera precoce. Altro che confini spazio tempo mercato del lavoro e professioni.

Per l’Europa “ La ricerca, l’innovazione e le politiche macroeconomiche a sostegno dell’economia digitale rivestono un ruolo molto importante nella creazione delle condizioni strutturali che permettono una crescita basata sull’innovazione in ambito informatico e uno stimolo alla domanda di competenze digitali”. Ma scuola e università a parte, opportunità a parte di colmare quel gap digitale che anche la generazione italiana attuale registra rispetto agli altri studenti e giovani europei, quale riflessione si sta facendo sulle criticità insite non direttamente nelle Ict ma nel mondo che le sta sperimentando ed accogliendo? E quali azioni sono già state individuate per far si che la nostra forza lavoro raggiunga caratteristiche di istruzione e skill simili a quelle presenti nell’Europa del Nord? E chi deve muoversi con azioni e progetti mirati per sviluppare e individuare le abilità necessarie per le professioni del futuro, come previsto dall’iniziativa della Commissione Europea “New Skills for New Jobs”? Lo sviluppo delle ICT ha favorito o no i processi di sovrapposizione di competenze e ibridazione del knowledge? Domande alle quali dobbiamo trovare risposte e probabilmente una sintesi. Soprattutto in vista di quel mercato unico digitale che, dalla revisione dell’Iva agli investimenti nella banda larga, dal copyright alla fine del blocco a contenuti e acquisti negli altri paesi europei, è ormai alle porte. Sempre che la Ue riesca a sviluppare quella normativa di cui parlavo prima perché ancora una volta si pone e si porrà un problema di utenza finale e di protezione di quella utenza. Ecco allora il tema della protezione dei dati personali e della cybersicurezza. La necessità di nuove norme sul diritto della privacy e della proprietà intellettuale: quanto è tutelata un’opera intellettuale messa sulla rete o condivisa?
E mentre recenti ricerche condotte dall’Università di Oxford e dal Centro per il Business Digitale del MIT hanno evidenziato il crescente impatto delle tecnologie digitali e il modo in cui l’automazione di certi tipi di lavoro cognitivo intensivo influenzi le competenze e l’occupazione, la Ue in un documento dal titolo”e-Skills: La dimensione internazionale e l’impatto della globalizzazione “ scrive….Nonostante gli alti livelli di disoccupazione, la carenza di competenze digitali continua ad aumentare in tutti i settori. La discrepanza tra le competenze disponibili e le esigenze del mercato del lavoro riguarda tutti gli Stati membri, pure in misura diversa. Incredibile a dirsi, la domanda di professionisti nel settore ICT cresce ad un ritmo di circa il 4% l’anno, superando di gran lunga l’offerta. Le posizioni vacanti previste per il 2015 ammontano a circa 500.000 unità, ma molte di esse rimarranno vacanti, a meno che non ci si impegni maggiormente per attirare i giovani verso le lauree nel settore informatico..

E in tutto questo c’è ancora spazio affinché, pur non arrestando il mondo che va avanti in un disperato quanto inutile slancio utopico, l’epicentro rimanga comunque la persona, non solo intesa come “persona fisica”, ma come crogiuolo di umanità? E c’è spazio per una sintesi tra chi è tutto proteso verso le nuove tecnologie e chi avanza dubbi e preoccupazioni sugli effetti nefasti che queste avranno sull’occupazione? Numeri certi non ce ne sono, c’è chi scrive di centinaia di migliaia di posti di lavoro che verranno spazzati via dall’uso quotidiano delle nuove tecnologie. Le tendenze macroeconomiche e sociali passibili di avere ripercussioni sulla domanda futura di lavoratori qualificati includono tra le altre: il tasso di crescita dell’economia e del mercato del lavoro globale, la disoccupazione giovanile, i dati demografici per fasce di età e la presenza di donne nella forza-lavoro. Troppe variabili che non possono essere quantificate. Ed infatti assistiamo a passi in avanti e ritorni.

I MOOC (Massive Open Online Courses, in italiano: Corsi online massivi aperti) ad esempio che sono dei corsi online aperti, pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti, gratuiti e che si dotano anche di forum che fanno discutere i partecipanti, non possono che non essere considerati come esempi positivi dell’uso delle nuove tecnologie . Ma il rapporto diretto tra studente ed insegnante o esperto è sempre così sostituibile? Un corso perfettamente strutturato e “condotto” da una macchina ha lo stesso pathos di un appassionato professionista/esperto/insegnante in carne ed ossa? La risposta arriva dall’Unimarconi, università online al 16esimo posto di tutte le Università nazionali, che è stata costretta a riportare in aula alcuni dei percorsi di laurea scientifici come Matematica per economia ed ingegneria, perché il contatto diretto con il docente si è dimostrato imprescindibile. E il futuro chirurgo farà il chirurgo o diventerà il consulente di chi sta costruendo la macchina che lo sostituirà? C’è un problema di mercato del lavoro, c’è un problema di occupazione, c’è un problema di formazione, c’èun problema di costi per quel tipo di formazione, c’è un problema di relazione con l’utente finale e di servizi a lui destinati, c’è quindi un problema sociale, normativo e di governance. Come dicevo prima, il mondo non si può fermare tantomeno l’avanzamento delle nuove tecnologie. Dobbiamo però porre oggi tutti i temi che sono sul tavolo prima che gli effetti si verifichino e che ci trovino impreparati. Dobbiamo avere la consapevolezza della forza e della potenza di questa dinamica e della necessità imprescindibile che sia l’uomo e sempre l’uomo a tracciarne i confini.