La Casagit, uno stadio piccolo con l’ottimismo della coscienza

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Uno stadio che rischia di diventare sempre più piccolo quando potrebbe essere un vero e proprio Maracanà, così definisce la Casagit il presidente Daniele Cerrato preoccupato per la crisi dell’editoria che sta travolgendo la professione giornalistica e per un Servizio sanitario nazionale che è tra gli elementi di una tempesta perfetta.

Lei ha detto: “L’anno appena trascorso è stato vissuto pericolosamente dall’intero comparto giornalistico italiano e proietta rischi ancora maggiori di quelli che i bilanci possono mostrare con l’evidenza dei numeri”. Diamoli questi numeri…

Abbiamo per la prima volta presentato un bilancio con un modestissimo disavanzo, poco più 700mila euro a fronte di un patrimonio investito superiore ai 42milioni di euro, però la preoccupazione di questo disavanzo non è tanto la parte economica ma quanto il calo progressivo che abbiamo avuto negli ultimi anni  di giornalisti contrattualizzati ossia quelli che sostengono il Sistema. Noi abbiamo perso negli ultimi anni, dal 2009 al 2014, oltre 2.500 giornalisti contrattualizzati e nel complessivo  oltre 3.200 giornalisti attivi. Nel 2014 la spesa per prestazioni sanitarie rimborsate  è stata pari a 72,3 milioni di euro con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. L’abbassamento medio dei redditi dei giornalisti italiani ha comportato un progressivo calo di contributi e l’innalzamento dell’età una richiesta sempre maggiore in prestazioni. La Casagit nell’anno passato ha incassato 1,8 milioni di euro in meno di contributi da lavoro dipendente, ha dovuto, e deve recuperare, anche per vie legali, circa 6 milioni di euro, il 10% dei contributi accertati in un anno, nel tentativo di trasformarli in “contributi incassati”. Abbiamo acquisito in cinque anni 1.463 pensionati in più.  Se si procede di questo passo il Sistema rischia di essere fortemente squilibrato. Noi siamo riusciti a mantenere una soglia complessiva di iscritti superiore a 50mila e quindi non siamo scesi sotto a una soglia psicologica; restano comunque i segni di una crisi che sta attraversando il nostro settore. Meno iscritti porrebbero anche il tema della “massa critica” della nostra popolazione. Se voi guardate una partita di calcio, di quelle che si disputano in questo momento, vedete che gli stadi hanno almeno 80mila posti, bene immaginate che in quello stadio ci siano soltanto i nostri iscritti: qualsiasi commentatore direbbe che gli spalti sono mezzi vuoti. Se pensate che tutti quelli che hanno in tasca un tesserino di giornalista sono 110 mila, tanti quanti potrebbero far traboccare uno stadio come il Maracanà. Eppure oggi la nostra dimensione è quella di uno stadio ben più contenuto e ogni anno diventa sempre più piccolo.

La Casagit ha messo in campo 4 profili diversi, quale è quello che registra maggiori iscritti?

Evidentemente  quello più corposo resta il profilo 1 ma se non avessimo avuto oltre 1.200 iscritti ai profili 2, 3 e 4 saremmo scivolati sotto quella soglia psicologica dei 50mila di cui parlavo prima. E’ evidente che la Casagit tradizionale è ancora la più importante ed è anche quella che consente di avere accesso a ogni tipo di prestazione, è quella dei colleghi contrattualizzati che reggono l’intero circo. Se il pilastro che “tiene su il tendone” diventa sempre più basso prima o poi dovremmo abbassare la testa per entrare.

L’Istat ha denunciato che, a causa della crisi, sempre più persone stanno tagliando sulla spesa per le cure, 13% nel Sud… anche nel nostro mondo è così?

Nel nostro mondo “no” perché chi ha la Casagit si cura magari cercando di  trovare una risposta prima presso il Servizio sanitario nazionale e poi, non riuscendoci, utilizza la Cassa, privatamente. Noi siamo un antidoto a quel fenomeno che l’Istat fotografa con lucidità, certo è un antidoto che ha geografie diverse perché ogni Regione ha un suo SSN che funziona un po’ meglio o un po’ peggio.

Lei ha definito il Servizio sanitario nazionale un elemento della tempesta perfetta che stiamo vivendo.

Sì, è evidentemente uno degli elementi della tempesta perfetta. Da un lato abbiamo la crisi dell’editoria e i redditi sono sempre più bassi ed essendo il nostro un contributo versato in percentuale sullo stipendio anche lui è sempre inferiore; la gente che lavora è sempre meno, quindi anche per questa ragione le nostre risorse si riducono. Non ci sono sbocchi perché, bene o male, non è pensabile che dall’oggi al domani i giornali mostrino segnali di ripresa. A questa situazione si aggiunge un altro elemento importante ossia il Servizio sanitario nazionale che funziona sempre meno, dà sempre meno e quindi noi dobbiamo integrare sempre di più. E’ evidente che questa tempesta perfetta non può avere come elemento sostitutivo la Casagit, che continua ad essere un’assistenza integrativa, cioè nata per integrare quello che il Servizio sanitario non copre. Oggi oltre il 50% dei rimborsi che diamo ai colleghi e ai loro familiari sono legati a prestazioni sostitutive. Noi sostituiamo il SSN, ecco perché non possiamo essere solo degli “ufficiali pagatori”. Mentre con una manina noi giornalisti paghiamo la Casagit , con una mano ben più grande paghiamo le tasse: su 100mila euro di reddito lordo, serve giusto a dare una misura ormai – purtroppo – sono casi rari, 8.300 euro di tasse vanno al Servizio sanitario nazionale. Non possiamo avere un SSN che si dimentica di averci come contributori solo perché abbiamo in tasca la tessera della Casagit.

Oltre 40 anni di Casagit, come sono cambiati nel tempo il tariffario e le prestazioni?

Le prestazioni sono diventate pressoché totali. Quando la Casagit 40 anni fa ha iniziato a camminare, praticamente saltellava su un piede perché si occupava unicamente di ricoveri e pagava i medicinali. Fine. Adesso non c’è una prestazione sanitaria che non sia compresa nel nostro tariffario. Forse diamo fin troppo?

Dove va la Casagit di domani?

La Casagit di domani ha davanti almeno tre vie e deve percorrerle tutte. Deve mettersi al servizio di altre realtà produttive che stanno cercando una risposta integrativa sanitaria e lo stiamo facendo con Casagit Servizi. Deve portare all’interno quanti più soggetti possibili perché abbiamo una storia e un’esperienza che è una risorsa utile anche ad altri. Terzo deve anche guardare con maggiore attenzione alle proprie voci di spesa magari andando a limare quelle prestazioni accessorie per poter dare pienamente quelle centrali, salvavita e importanti. Sono loro che fanno la differenza.

In uno slogan, la Casagit di domani deve avere l’ ottimismo dell’incoscienza o l’ottimismo della conoscenza?

Continuare a guardare attraverso occhiali da saldatore comporta qualche rischio, in quel buio si immagina tutto quello che si vuole però prima o poi una facciata contro il muro la prendi. La Casagit non deve avere l’ottimismo dell’incoscienza, deve avere l’ottimismo di quello che può fare e utilizzare ogni sua conoscenza.