Ddl Concorrenza. Nunzio Luciano: “Prendo atto ma…”

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Arriva il testo del Ddl concorrenza con le modifiche apportate dalle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive) della Camera  e lascia a casa morti e feriti come nel caso dell’Art. 28 – Semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili adibiti ad uso non abitativo il quale introduceva una disciplina speciale in tema di compravendite immobiliari di beni immobili destinati ad uso non abitativo (cantine, box, locali commerciali). Una norma che avrebbe permesso agli avvocati di autenticare le sottoscrizioni dei relativi atti di trasferimento nel limite di valore catastale massimo di 100.000 euro.

Pronta la reazione del Presidente di cassa Forense, Nunzio Luciano: “Prendo atto,  ma era ormai noto, della soppressione dell’articolo 28. C’è stata una spinta forte da parte della lobby notarile mentre  l’avvocatura molto probabilmente non è stata compatta, come molto spesso accade, nel difendere quella che era una misura di grande esemplificazione, che permetteva di accelerare probabilmente anche i tempi nel trasferimento degli immobili stessi”.

Diversa invece è la posizione del Presidente sull’articolo 26 “Misure per la concorrenza nella professione forense” che  prevede, in relazione alle associazioni tra avvocati, la rimozione di specifici limiti relativi alla possibilità di partecipare a più di un’associazione nonché in materia di domicilio professionale. Viene poi dettata una specifica disciplina delle società tra avvocati che recepisce alcuni dei principi della delega al Governo dall’articolo 5 della legge professionale forense (che viene quindi abrogato): in particolare, prevede che, per almeno dei due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni.

“Io sono contrario agli eccessi – sottolinea il Presidente Luciano – visto che si era paventato il pericolo che nelle società tra avvocati entrassero appunto società di capitali che andavano in qualche modo ad imporre logiche imprenditoriali rispetto invece  a quella che è un’attività, la nostra,  che non ha una natura puramente imprenditoriale. Il limite posto per cui almeno i 2/3 degli aventi diritto di voto devono essere avvocati  iscritti all’albo va nella direzione di tutela della natura della nostra professione . E’ una norma che da una parte salvaguarda la nostra professione e dall’altra salvaguarda il cliente nel rispetto del corretto e trasparente rapporto che deve esserci tra l’avvocato e chi beneficia della prestazione”.