CF e il lavoro che cambia. Luciano: “Oltre il modello del welfare state”

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“Il cambiamento e le nuove tecnologie si governano non si possono bloccare”, un concetto che ultimamente viene spesso citato anche dalla Politica. L’ha espresso il Ministro del lavoro Giuliano Poletti annunciando un forum sul lavoro e sulle nuove tecnologie, l’ha ribadito il Ministro per lo sviluppo economico, Carlo Calenda, durante la presentazione del progetto “Industria 4.0”. Ma sulle Ict due sono ad oggi le posizioni: da una parte c’è chi le teme ed individua nell’uso delle nuove tecnologie la perdita di posti di lavoro e dall’altra chi sostiene che grazie a queste il lavoro si evolverà e si apriranno nuovi mercati. Un cambiamento che presuppone, quindi, per tutti i settori, professioni in testa, sempre una maggiore specializzazione? Tecnologia e globalizzazione toccano anche professioni come l’avvocato, l’ingegnere o il medico? Lo abbiamo chiesto al Presidente di Cassa forense, Nunzio Luciano

“L’umanità è alle prese con una spinta al cambiamento di proporzioni mai viste fino ad ora. Si tratta di un cambiamento economico, politico, ma anche culturale e antropologico. La globalizzazione ci ha costretti a rivedere le chiavi interpretative attraverso le quali “leggere” la realtà, che è sempre più complessa. La differenza fra la complessità e la complicazione sta nel fatto che la seconda è un nodo da sciogliere, la prima è un “tutto che è diverso dalle parti che lo compongono”. Secondo due studiosi inglesi Held e McGrew la globalizzazione, sulla scia di questa differenza, consiste nella necessità di fare i conti con la rimodulazione delle categorie concettuali del “tempo” e dello “spazio”, con la logica della “azione a distanza” e con la “interconnessione sistemica” fra settori, come la politica, l’economia e la cultura appunto, che un tempo operavano in modo separato”.

La  tecnologia è già parte della nostra quotidianità e lo diventerà inevitabilmente sempre di più?

“La tecnologia è indubbiamente un fattore di grande accelerazione del cambiamento. E’ un fattore talmente forte che oggi possiamo dire di vivere, sociologicamente parlando, dentro la sfera della “transizione perenne”. Si conosce il punto di partenza, ma talvolta è difficile prevedere la zona d’approdo e, dunque, anche la modalità principale di questa navigazione, che spesso avviene in un mare in tempesta. La stessa collocazione della cultura (e quindi della tecnologia) in posizione sovrastrutturale deve essere rivista: la new economy e il condizionamento della politica nella definizione della propria agenda setting ad opera della media culture ne sono una riprova. E’ infatti evidente che la cultura sia diventata in questi casi struttura, così come è evidente (lo sottolineava l’approccio scientifico di Innis) che la prospettiva di analisi prevalente circa l’impatto della tecnologia sul cambiamento sociale non può più essere probabilistica, ma quasi esclusivamente deterministica”.

Un cambiamento che riguarda anche il lavoro?

“In questo scenario è cambiato il concetto stesso di lavoro, il valore ad esso attribuito, la dinamica della sua percezione, la relazione con il capitale. Senza specializzazione muori. La competenza tematica è il presupposto per poter stare sul mercato. E’ una verità per tutto il mondo del lavoro, specie quello autonomo. A maggior ragione per una professione, come quella dell’avvocato, che si diversifica per attività (giudiziale, stra-giudiziale, di consulenza) e per la specificità delle materie trattate. Materie che spesso sfuggono alla classificazione classica: civile, penale, amministrativo e tributario”.

Il Ministro Poletti ha parlato di “governance del lavoro” perché l’impatto che avranno le nuove tecnologie necessità di attenzione” e ha rilanciato, presentando alla stampa, un forum sul lavoro che includa tutti gli attori interessati. Quale il ruolo delle Casse di previdenza?

“Le Casse di previdenza e assistenza (non dimentichiamolo che sono anche di assistenza) devono essere protagoniste di questa fase di progettazione del lavoro alla luce dei cambiamenti tecnologici, specie quelli determinati dalla rivoluzione digitale. Speriamo che la proposta di un forum sul lavoro con tutti gli attori interessati si realizzi davvero e, soprattutto, che non sia solo una sede in cui prendere atto di decisioni maturate altrove. Lo spostamento del baricentro attentivo dalla previdenza all’assistenza giustifica questo coinvolgimento attivo delle Casse che, grazie all’Adepp, stanno facendo sinergia in molti ambiti. Dunque, il nostro ruolo deve essere quello di proponenti, di consulenti, di mediatori fra il decisore pubblico e gli iscritti che chiedono a noi di rappresentare le loro istanze, spesso frutto di enorme disagio e preoccupazione”.

Il Ministro ha anche accennato ad un welfare strategico che superi il welfare state. Da dove partire?

“Dobbiamo partire da quello che sta facendo l’Adepp. E’ corretto superare il modello del welfare state (almeno nella concezione tradizionale, frutto di politiche di matrice keynesiana non più praticabili a causa delle condizioni della finanza pubblica) a vantaggio di un nuovo modello che, lasciando autonomia alle Casse, metta le stesse in grado di assolvere alla funzione assistenziale, oltre che a quella previdenziale. Assistenza passiva, ma anche attiva. Un’assistenza strategica poiché capace di affiancare alle misure erogate in caso di necessità, a sostegno della famiglia, della professione e per ragioni di salute, altre in grado di investire nel futuro, nella formazione per esempio. Un approccio capace di dare impulso allo sviluppo delle professioni, coniugando i valori della sostenibilità economica con quelli della sostenibilità sociale. E’ la dimensione orizzontale la cifra del nostro tempo. E le Casse devono essere pronte a questa sfida”.

Cassa forense oltre la crisi della professione per una internazionalizzazione del lavoro e dei mercati?.

“Ce lo ha detto il Censis con il suo rapporto sullo stato dell’avvocatura. Dobbiamo superare il modello individualistico, soggettivistico della professione. Dobbiamo favorire sempre di più specializzazioni al passo con i tempi, preparare i colleghi ad affrontare un mercato di dimensioni trans-nazionali, studiare nuove forme di sviluppo della situazione relazionale interne ed esterne, come quelle con la nostra clientela, sempre più esigente e sempre più capace di scegliere ciò che le serve in termini di problem solving. La crisi delle professioni, compresa quella forense (dovuta a fattori esogeni ed endogeni all’avvocatura stessa) si contrasta anche in questo modo. Cassa forense è pronta a fare la sua parte. Anzi, lo sta già facendo”.