Inpgi Comunica. Corte dei Conti: dal Bilancio la conferma delle criticità della gestione principicale.

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Continuo calo occupazionale e uscite per pensionamenti la causa del disavanzo – ipotesi allargamento della platea tra i fattori positivi per il riequilibrio

In occasione dell’annuale relazione sul bilancio dell’INPGI – riferita all’esercizio 2017 – la Corte dei Conti ha avuto modo di riproporre ed illustrare le principali indicazioni emerse dal documento contabile redatto dall’Istituto, mettendo in evidenza quanto già opportunamente sottolineato nelle relazioni – che fanno parte integrante del predetto documento – predisposte dal vertice amministrativo e tecnico dell’Ente a proposito delle criticità riferite all’andamento economico finanziario della gestione previdenziale dei giornalisti titolari di rapporto di lavoro dipendente (c.d. gestione sostitutiva dell’Assicurazione Generale Obbligatoria).

In particolare, la Corte – con la determina n. 55 del 23 maggio 2019 – ha avuto modo di rappresentare, in primo luogo, la realtà di un Ente nel quale coesistono due gestioni – una riferita ai giornalisti titolari di una rapporto di lavoro dipendente e l’altra relativa ai giornalisti che esercitano la professione in forma autonoma – le cui dinamiche evolutive appaiono, negli ultimi anni, in speculare controtendenza, con la prima che vede restringersi progressivamente la platea dei contribuenti attivi mentre la seconda fa registrare un costante e significativo incremento degli iscritti.

Tale scenario costituisce la logica conseguenza della persistenza dei fenomeni connessi alla crisi economica che ha interessato il settore editoriale (basti pensare che nel periodo 2013-2017, secondo un recente report di Mediobanca, i principali gruppi editoriali italiani hanno fatto registrare perdite nette per circa 1,2 miliardi di euro) e alle significative trasformazioni strutturali – sia con riferimento ai modelli organizzativi imprenditoriali che alle modalità in base alle quali viene esercitata la professione giornalistica – alle quali da tempo stiamo assistendo. Trasformazioni imputabili – tra l’altro – all’evoluzione dei comportamenti e dei costumi sociali dei fruitori del “prodotto informazione”, profondamente influenzati dalla rapidità dei processi evolutivi in campo tecnologico e dal repentino sviluppo dei nuovi media digitali.

La Corte, peraltro, esprime opportunamente un accenno – tra le ipotesi potenzialmente in grado di contribuire al riequilibrio finanziario della gestione dei lavoratori dipendenti – alla proposta di allargamento della platea degli iscritti che estenda la competenza assicurativa dell’INPGI anche alle nuove figure professionali dei comunicatori e degli operatori dell’informazione sul web.

Dalla disamina del documento redatto dalla Corte si trae spunto per chiarire, inoltre, la portata di alcune osservazioni, relative – in particolare – alle attività di recupero dei crediti contributivi e ai risultati della gestione patrimoniale dell’Ente.

L’attività di recupero crediti

La Corte evidenzia come, in relazione all’ammontare complessivo dell’intero stock dei crediti contributivi vantati dall’INPGI nei confronti delle aziende contribuenti, il volume dei crediti azionati nell’anno 2017 attraverso le attività di recupero coattivo sembri non particolarmente significativo.

In realtà, dall’analisi complessiva della situazione dei crediti per i quali l’Ente ha attivato le procedure di recupero – considerando, quindi, anche i crediti azionati negli anni precedenti – emerge un quadro dal quale si evince che l’Ente ha avviato le procedure di recupero con riferimento all’intero monte crediti.

Sulla base delle procedure interne dell’Istituto, infatti, tutti i crediti contributivi accertati nei confronti delle aziende che restino insoluti all’esito delle diffide amministrative o dei verbali ispettivi, vengono trasmessi al Servizio legale per il relativo recupero coattivo, che avviene avvalendosi della procedura di ingiunzione giudiziale.

E’ necessario sottolineare, peraltro, che il volume di crediti contributivi non ancora incassati si riferisce in stragrande maggioranza (circa 160 milioni) non tanto a fenomeni di “morosità” da parte delle aziende nel versare la contribuzione corrente, quanto piuttosto da crediti derivanti da accertamenti ispettivi o d’ufficio, fondati su irregolarità riscontrate nell’assolvimento degli obblighi di denuncia dei rapporti di lavoro (evasione contributiva), che per loro natura diventano spesso oggetto di contenzioso e rimangono – in elevata percentuale – “incagliati” per diversi anni fino alla definizione dei relativi giudizi.

E’ evidente, quindi, che l’Istituto pone in essere una attenta politica di recupero del proprio credito mediante le adeguate procedure di riscossione coattiva previste dall’ordinamento.

La redditività del patrimonio

Per quanto attiene alla gestione del patrimonio dell’Istituto, con particolare riferimento al comparto immobiliare, la Corte ha correttamente descritto che il “Fondo immobiliare Inpgi”, costituito per iniziativa dell’Istituto nel 2013 in due comparti distinti, viene trasformato in comparto unico a metà del 2016 per effetto della fusione per incorporazione del Comparto Uno – già destinato alla gestione reddituale degli immobili residenziali – nel Comparto Due – destinato alla dismissione degli immobili conferiti, in aderenza al nuovo modello di gestione del patrimonio adottato dall’Ente a dicembre 2015, che prevedeva, tra le altre cose, la dismissione parziale del patrimonio conferito negli anni successivi.

Appare chiaro, quindi, che a seguito della crisi della gestione previdenziale – conseguenza solo della contrazione della platea dei lavoratori dipendenti per effetto della crisi economica del settore editoriale nonché della trasformazione della modalità di esercizio anche della professione giornalistica – il modello gestionale del patrimonio complessivo è stato modificato per adattarsi alle esigenze di liquidità della Gestione Sostitutiva. Questa necessità ha determinato il passaggio ad un modello di gestione che ha come obiettivo primario la generazione di liquidità in misura adeguata alle passività, la gestione dei rischi di portafoglio (principalmente azionario) come obiettivo di secondo livello e in fine il perseguimento di un tasso di rendimento obiettivo.

Per questa ragione è stata privilegiata la liquidabilità degli strumenti, favorendo – ove possibile – la riduzione degli asset illiquidi: abolizione dei mutui, contingentamento dei prestiti, vendita del portafoglio hedge fund, riduzione senza sostituzione del portafoglio investito in Private Equity e, chiaramente, piano di dismissione del patrimonio immobiliare varato dal Gestore del Fondo Immobiliare.

In tale scenario, tuttavia, ciò che viene definito come “deludente risultato della gestione mobiliare” in realtà è un dato comunque positivo (0,69%); tale dato rappresenta anche l’andamento al suo interno della gestione immobiliare riferita al Fondo, che è stata influenzata dalla riduzione del valore di mercato degli asset a fine 2017 rispetto al valore contabile (1.073 milioni rispetto a 1.002 milioni).

Com’è noto, un piano di dismissione comporta sempre nell’immediato una contrazione dei ricavi dovuta alla necessità di effettuare investimenti economici per la pianificazione e l’avvio di interventi di riqualificazione degli immobili in vendita, per renderli più appetibili sul mercato, oltre che alla riduzione delle entrate da canoni di locazione a causa del blocco di tutti i nuovi contratti di affitto; blocco necessario al fine di scongiurare fenomeni speculativi sugli acquisti.

Il patrimonio risulta inoltre influenzato oltre che dalla manifesta riduzione del mercato immobiliare nell’ultimo quinquennio, anche dalla diminuzione dei prezzi per gli immobili residenziali in vendita, che come noto, dopo una trattativa con le organizzazione sindacali degli inquilini, ha comportato una scontistica del 25% sul prezzo di vendita e di conseguenza sul valore del Fondo.

Quanto, infine, alle garanzie – in termini di governance e controllo del Fondo – si ritiene opportuno evidenziare che, come è noto, questo è dotato di un Comitato consultivo designato dal Consiglio di Amministrazione dell’Istituto, che valuta ed approva materie di rilevanza gestionale, come ad esempio il business plan proposto dalla Società di gestione, e ne analizza gli scostamenti e le opportune variazioni annuali, tra cui la definizione del perimetro del piano di dismissione da attuare.