
Essere persistenti, riconoscere i problemi e avere la capacità di lavorare in gruppo: queste le prime tre competenze trasversali, le cosiddette soft skill richieste dalle aziende italiane per entrare più velocemente nel mondo del lavoro. E ancora, tra le altre competenze ritenute molto importanti, il saper prendere decisioni e risolvere i problemi (26,2%), fornire servizi adeguati ai clienti (23,7%), saper comunicare (22,4%) ed essere innovativi (21,1%). Così come la conoscenza di una lingua straniera (5,1%), generalmente l’inglese. È la fotografia scattata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro “I fabbisogni professionali delle imprese” presentata durante il Festival del Lavoro 2019.
Skill che hanno ricaduta su più fronti. L’aumento in busta paga, ad esempio, è del 25,1% relativamente al requisito della persistenza, dell’8,4% del primo stipendio per l’attitudine a riconoscere problemi e al 6,3% per la capacità di lavorare in gruppo.
Le soft skill dei candidati sono quindi molto importanti per le aziende e, soprattutto oggi, nell’epoca della quarta rivoluzione industriale, è indispensabile per i giovani conoscere tutte quelle abilità che fanno riferimento alla personalità e agli atteggiamenti individuali che bisogna acquisire per aumentare le probabilità di trovare impiego.
La sfida della quarta rivoluzione industriale, secondo gli studiosi, sarà vinta da quei Paesi che sapranno adeguare le competenze delle proprie risorse umane nelle nuove tecnologie e in quelle trasversali alle nuove esigenze delle imprese del futuro, dominate dalla diffusione dei robot e dell’intelligenza artificiale, che richiedono professionisti altamente qualificati, capaci d’innovare per essere concorrenziali.
Il rapporto redatto dall’Osservatorio si focalizza anche sulla classifica delle professioni “vincenti”, che dal 2012 al 2017 hanno registrato la maggiore crescita (+1,2 milioni) in valori assoluti del numero degli occupati, e delle prime professioni “perdenti”, spiazzate dall’evoluzione tecnologica o da fenomeni di crisi, che registrano, nello stesso periodo, la maggiore flessione del numero dei lavoratori.
La crescita complessiva di 1,2 milioni di occupati – specifica il rapporto – nelle 29 professioni vincenti riguarda per una quota del 44% (529 mila) quelle altamente qualificate, del 37% (452 mila) quelle mediamente qualificate e solo del 19% (226 mila) quelle non qualificate. All’80% dell’aumento degli occupati in Italia (+ 294 mila unità) hanno contribuito in particolar modo le donne (+233 mila) che esercitano professioni altamente e mediamente qualificate, mentre l’apporto degli uomini è stato pari solo al 20%.
L’indagine dell’Osservatorio traccia infine un chiaro quadro sulla flessione dell’occupazione giovanile, che dal 2012 al 2017 ha interessato il Paese manifestandosi in tutte le tipologie professionali. E che, in termini assoluti, è stata più severa per le professioni tecniche (- 120 mila, pari a -12,1%), gli impiegati (-140 mila, pari a -19,8%) e gli artigiani, operai specializzati e agricoltori (-225 mila, pari a -23%).
“Il mondo del lavoro italiano è profondamente mutato negli ultimi anni. In questo contesto – spiega Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro – i giovani con creatività, pragmatismo e capacità di lavorare in squadra possiedono un qualcosa in più che, se inserito all’interno di un curriculum ‘accattivante’, può fare la differenza offrendo loro maggiori opportunità di lavoro