L’agroalimentare made in Italy volàno per l’economia nazionale

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di Giorgio Piazza – Presidente Fondazione Enpaia

L’economia italiana galleggia da tempo in cattive acque, con bassi tassi di crescita e bassa occupazione. E già alla fine del 2019, ben prima del lockdown, mostrava evidenti segni di stagnazione certificati anche dall’Istat. Nonostante ciò Enpaia ha chiuso il 2019 con un avanzo di bilancio significativo di 15 milioni di euro. Un risultato importante, se rapportato ad un contesto che con il passare del tempo sta assumendo sempre più i tratti di quella stagnazione secolare paventata da molti economisti.

A partire da fine febbraio, poi, con il dilagare dell’epidemia Covid-19, sono emerse tutte insieme le fragilità strutturali e infrastrutturali del sistema Paese. A cominciare da quelle del sistema sanitario, passando da quelle del sistema politico-istituzionale, per finire a quelle del sistema del credito che impattano anche sul settore agroalimentare che più ci riguardano da vicino.

Fragilità irrisolte che si inseriscono in un quadro economico tutt’altro che confortante per il nostro Paese, che vanno affrontate con urgenza e con spirito costruttivo per rimettere in marcia la nostra economia.

Infatti, se da una parte l’Istat rileva che i provvedimenti di contenimento decisi dal Governo hanno determinato un impatto profondo sull’economia nazionale, alterando le scelte e le possibilità di produzione, investimento e consumo ed il funzionamento del mercato del lavoro, impattando negativamente sul Pil insieme alla drastica riduzione della domanda estera rivolta alle imprese italiane; dall’altra le previsioni basate sull’ampiezza della caduta della produzione nel secondo trimestre 2020 fanno intravedere una marcata contrazione del Pil (-8,3%) su base annua per quest’anno e una parziale ripresa (+4,6%) nel 2021.

Quest’anno, spiega l’Istat, il crollo del Pil sarà frutto prevalentemente della contrazione della domanda interna al netto delle scorte (-7,2%) determinata dalla caduta dei consumi delle famiglie (-8,7%) e dal crollo degli investimenti (-12,5%), a fronte di una crescita (+1,6%) della spesa delle Amministrazioni pubbliche. E anche dalla domanda estera e dalla variazione delle scorte è atteso un contributo negativo (rispettivamente -0,3% e -0,8%). Con l’occupazione, in termini di unità lavorative annue, che si muoverà nella stessa direzione del Pil con una vistosa riduzione prevista nel 2020 (-9,3%) e una parziale ripresa nel 2021 (+4,1%). Mentre il tasso rifletterebbe in misura ridotta il livello di disagio grazie alla ricomposizione tra disoccupati e inattivi e alla riduzione delle ore lavorate.

Ancora più fosco il quadro tracciato dal Fondo Monetario Internazionale che, a fronte di un Pil globale in calo del 4,9% nel 2020, prevede per l’economia globale tra il 2020 e il 2021 perdite per 12.500 miliardi di dollari rispetto alle proiezioni di gennaio e per l’Italia una contrazione del Pil stimata per quest’anno al 12,8%.

In tale contesto, quantificare l’impatto di uno shock come quello che ha investito l’economia italiana rischia al momento di essere un esercizio approssimativo, comunque condizionato da ampi margini di incertezza, destinato quasi sicuramente nei prossimi mesi ad ulteriori correzioni. Per quanto ci auguriamo una ripresa dei livelli di produzione nel terzo e quarto trimestre di quest’anno, c’è da mettere nel conto una possibile ripresa dei contagi nella seconda parte dell’anno. Ma c’è anche da monitorare l’effettiva fruibilità e l’efficacia delle misure di sostegno alle imprese e  ai redditi, il rispetto degli impegni di spesa previsti nei decreti del Governo, il proseguimento di una politica monetaria accomodante allineata tra Ue e Bce che supporti il sistema del credito garantendo allo stesso tempo il “gocciolamento” delle risorse in misura adeguata  e costante  al settore agricolo e in particolare a quei comparti che hanno sofferto di più a causa del blocco, come quello agrituristico che vale 1,5 Mld di euro e ha scontato un azzeramento del fatturato e quello florofivaistico che valendo 2,5 Mld ha visto un crollo verticale delle entrate .

Nel 2020, infatti, l’emergenza Covid-19 nel settore primario ha provocato perdite stimate in 12,3 miliardi di euro a causa del calo delle esportazioni, delle difficoltà dell’Ho.re.ca e della contrazione delle quotazioni alla produzione per diversi prodotti per effetto di speculazioni e fenomeni distorsivi consolidati. Quasi il 60% delle aziende agricole italiane ha fatto registrare un calo delle attività e dei fatturati, perciò vanno sostenute sul piano del credito affinché possano essere mantenuti i livelli produttivi, di qualità e sicurezza in tutta la filiera.

Perché si tratta di una filiera che occupa 3,6 milioni di persone e vale oltre 500 miliardi di euro.

Da qui deriva la necessità di tutelare e promuovere le imprese con produzioni 100% made in Italy, attraverso un piano di sostegno concreto che preveda uno sviluppo delle infrastrutture di servizio al settore agricolo, anche digitali per implementare la vendita diretta a km zero e la diffusione delle nuove tecnologie nel settore. Perchè l’agroalimentare total made in Italy, che non si è fermato neppure durante il lockdown garantendo l’approvvigionamento delle famiglie italiane,  può rappresentare davvero un volano poderoso per far ripartire l’economia del Paese

Se si vuole far fare un salto di qualità all’agricoltura italiana, occorre un sistema di formazione professionale adeguato alle esigenze delle aziende e una semplificazione delle procedure per rendere più agevole e sicuro il lavoro agricolo nel rispetto delle regole. Ma soprattutto occorre garantire alle imprese la necessaria liquidità e un adeguato livello di aiuti al settore a cominciare dai fondi Pac.

Enpaia finora ha fatto la sua parte per dare sollievo alle imprese in difficoltà sospendendo le scadenze contributive e congelando i versamenti.

Ora occorre un impegno concreto da parte delle istituzioni per fare in modo che l’agroalimentare 100% made in Italy, che ha garantito i livelli di produzione nonostante la pandemia, venga tenuto in maggiore considerazione nella fase di conversione in legge del Decreto Rilancio, per il bene del Paese, proprio perché ha dimostrato di essere un volano importante che non perde colpi.