EPPI. Bilancio di resistenza per il 2020. Patrimonio netto sale a 1,3 miliardi di euro

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È di oltre 21 milioni di euro l’avanzo registrato dall’esercizio 2020 condotto dall’EPPI – Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati – e sale di cinque punti percentuali rispetto al 2019 il patrimonio netto, attestandosi ad oltre 1,3 miliardi di euro. Sono i più evidenti positivi risultati economici raccolti dalla Cassa dei Periti Industriali nel documento di Bilancio proposto a fine marzo dal Consiglio di Amministrazione e definitivamente varato oggi dal Consiglio di Indirizzo Generale. A questi numeri, si affiancano 1,5 miliardi di euro di investimenti, espressi al valore di mercato, che hanno contribuito al positivo risultato con una redditività lorda pari al 2,29%: esiti tutt’altro che certi a fronte delle oscillazioni, anche emotive, che hanno contraddistinto le piazze finanziarie globali nell’anno della pandemia.

Complessivamente quindi l’Ente di previdenza e assistenza dei Periti Industriali ha resistito all’onda d’urto della crisi, salvaguardando la sostenibilità e l’adeguatezza delle prestazioni e dei servizi a favore degli iscritti. Servizi che per quanto riguarda i benefici assistenziali tradizionalmente riconosciuti, sono valsi complessivamente circa 1,6 milioni di euro, con un beneficio medio pro-capite per i 470 richiedenti pari a 3.400,00 euro. Somma questa rientrante nei 2,8 milioni utilizzati per tutte le forme di assistenza, incluse le polizze assicurative a tutela della salute ad adesione collettiva, stipulate per un valore complessivo di 1,1 milioni di euro (Grandi interventi, Invalidità permanente, Check-up e Long Term Care).

Dal punto di vista demografico, l’anno 2020 è stato caratterizzato dal consolidamento della popolazione iscritta a circa 13.400 unità. Ma gli effetti della crisi potrebbero essersi già manifestati, volgendo uno sguardo più specifico alla tipologia delle iscrizioni intervenute: su 580 nuove iscrizioni registrate, 139 sono reiscrizioni, ovvero riprese di attività di lavoro autonomo; dal punto di vista anagrafico ben il 52% è riferito alla fascia di età tra i 40 ed i 60 anni, di cui il 27,7% tra i 50 e 60 anni. Dati che fanno pensare ad un riposizionamento dal lavoro dipendente a quello autonomo. Questa dinamica potrà essere riscontrata solo con la dichiarazione dei redditi del 2020.

“Sono risultati soddisfacenti – commenta il Presidente dell’EPPI Valerio Bignami – di fronte allo stress test a cui il sistema a tutti i livelli è stato sottoposto dalla pandemia ancora in corso. Un risultato che è frutto del lavoro collaborativo dei rappresentantati gli organi di governo e dei dipendenti che compongono la squadra dell’EPPI. Per il futuro, l’atteggiamento da mantenere è di resilienza, anche rispetto alle grandi aspettative legate al Recovery Plan: un’opportunità storica da cogliere e sviluppare con senso di responsabilità anche verso le nuove generazioni”.