Smart working, meno infortuni ma più stress

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A sostenerlo l’ultima ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro Salute e sicurezza sul lavoro nella pandemia: nuovi rischi e prospettive di evoluzione dei modelli di gestione” che sottolinea come se da una parte gli infortuni sul luogo del lavoro o per raggiungerlo sono diminuiti proprio grazie al lavoro agile dall’altro quest’ultimo ha aperto nuove e vecchie problematiche sempre legate alla salute e alla sicurezza.

Quanti in casa, infatti, hanno la postazione lavorativa, dalla sedia alla posizione del computer, secondo criteri ergonomici: secondo l’indagine svolta dai consulenti del lavoro, infatti, su un campione di occupati, ben il 48,3% degli smart workers presenta disturbi e problemi fisici legati proprio all’inadeguatezza delle postazioni domestiche. E poi c’è la mancanza di rapporti sociali con i colleghi e lo stress del non confronto diretto con i “capi”, le call con i figli “saltellanti” in casa e la connessione internet “ballerina”.

Dati e considerazioni

Lo smart working aiuta a diminuire gli infortuni in itinere (-38,3%) ma apre a nuovi rischi per la salute dei lavoratori: 2,6 milioni di dipendenti “smart” lamentano problemi di salute legati alla postazione di lavoro mentre aumenta lo stress collegato ai tempi di lavoro dilatati e dall’ansia da prestazione (49,7%), dall’indebolimento delle relazioni aziendali (49,7%), dalla paura di marginalizzazione (47%) e dalla disaffezione verso il lavoro (39,9%).

Diminuiscono gli infortuni in itinere

Le misure finalizzate al contenimento dell’epidemia, dal lock down alla diffusione del lavoro agile, hanno inciso profondamente sul bilancio dell’anno, determinando al tempo stesso una significativa contrazione degli infortuni nello spostamento casa-lavoro. L’effetto combinato è stato di una complessiva riduzione del fenomeno infortunistico nel corso del 2020, che si è chiuso con 87 mila denunce in meno rispetto alle 641 mila del 2019, per una riduzione del 13,6%

Tra 2019 e 2020 infatti, il numero degli infortuni in itinere è passato da circa 100 mila a poco più di 62 mila, registrando una contrazione di oltre 38 mila casi, pari al 38,3%. Una riduzione che ha riguardato indistintamente sia gli infortuni con mezzo di trasporto (-38%) che quelli senza (-39%). Complessivamente questa quota di infortuni sul totale dei casi denunciati è passata dal 15,7% del 2019 all’11,2% del 2020.

La diminuzione degli infortuni in itinere ha inciso soprattutto tra le donne, tradizionalmente più interessate da tale tipologia infortunistica, che ancora nel 2019, ha determinato il 22,4% delle denunce di infortunio sul lavoro e circa la metà delle morti. Ma nel corso dell’ultimo anno si è registrato un crollo di tale tipologia, sia in termini infortunistici (-41,3%) che di mortalità (-25%) portando l’incidenza delle morti in itinere sul totale di quelle sul lavoro dal 51,1% del 2019 al 26,1% del 2020 (tra gli uomini, la percentuale è passata dal 25,9% al 15,7%).

Evoluzione dei modelli organizzativi e i nuovi rischi per la salute

Il lavoro agile ha avuto un effetto molto positivo in termini di contrazione del fenomeno infortunistico, consentendo una importante riduzione degli infortuni in itinere che presentano da sempre maggiori criticità sia in termini di gestione che prevenzione, anche perché non immediatamente afferente all’ambiente lavorativo. Tuttavia, l’evoluzione verso un modello di lavoro agile, fatto di crescente ibridazione tra attività in presenza e a distanza, pone nuove sfide in termini di gestione della salute e sicurezza dei lavoratori, la cui effettiva attuazione vede, al di là della responsabilità del datore di lavoro, una responsabilizzazione crescente del lavoratore, a cui è chiesto di collaborare per organizzare al meglio la propria postazione di lavoro domestico, al fine di garantire adeguata sicurezza e prevenire l’accadimento di infortuni o l’insorgere di malattie.

Al di là delle indicazioni di legge, e delle disposizioni datoriali, è evidente che alcuni elementi tipici del lavoro agile, per come è andato prendendo forma nell’esperienza dell’ultimo anno, pongono non pochi interrogativi sull’effettiva capacità di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, laddove, aldilà degli obblighi di formazione e formazione del datore di lavoro, gran parte della responsabilità è affidata al lavoratore: si pensi alla necessaria sicurezza elettrica e antincendio da garantire all’interno dell’abitazione eletta luogo di lavoro, alla postazione, che deve essere definita e attrezzata secondo criteri ergonomici (dalla seduta, alla scrivania, al posizionamento del PC, all’intralcio dei cavi), o ancora alla possibilità di svolgere il lavoro a distanza da luoghi e contesti diversi dall’abituale, per i quali è difficile immaginare che possano essere rispettati e verificate adeguatamente condizioni e procedure di sicurezza. La mobilità da un luogo di lavoro ad un altro, al di fuori dell’azienda, rappresenta un potenziale fattore di amplificazione dei rischi per la salute.

È indicativo da questo punto di vista quanto emerso dalla recente indagine svolta da Fondazione Studi Consulenti del lavoro su un campione rappresentativo di lavoratori italiani, secondo cui il 27% dei lavoratori agili nel corso dell’anno, ha lavorato, anche per periodi lunghi, in luoghi diversi dalla propria abitazione: case di amici, parenti, seconde case, luoghi di vacanza. Una tendenza che risulta particolarmente marcata tra i giovani, dove ben il 48,5% ha approfittato delle opportunità di mobilità offerte dallo smart working.

L’alternanza dei luoghi aumenta il rischio di inadeguatezza delle postazioni domestiche, che già risulta essere un fattore “critico” per la salute dei lavoratori.

Dalla stessa indagine emerge come quasi la metà degli occupati che lavorano da casa (48,3%, stimabile in 2,6 milioni di dipendenti) lamenta l’insorgenza di problemi fisici derivanti da tale aspetto; elemento che risulta particolarmente accentuato tra gli uomini (50,4%) e tra i giovani, dove è il 53,6% a segnalare tale tipo di problema. Un dato riconducibile alla presumibile minore attenzione nel rispetto di procedure e accortezze volte alla tutela della salute, che crescono di contro con l’avanzare dell’età. Ma anche al più frequente spostamento in luoghi di lavoro diversi dalla propria abitazione, che presumibilmente presentano maggiori limiti in termini di sicurezza e adeguatezza delle postazioni. Anche tra le coppie con figli, costrette spesso a lavorare in spazi domestici più affollati, si riscontrano maggiori problematiche rispetto a chi vive in coppia ma senza figli, o ai single.

Aumenta lo stress

L’aumento dello stress da lavoro è generato dalla dilatazione dei tempi, dall’ansia da prestazione, dall’indebolimento delle relazioni aziendali, tutti aspetti evidenziati dagli intervistati come diretta conseguenza del ricorso al lavoro agile e che assieme possono contribuire a determinare un aumento dello stress lavoro correlato e di particolari patologie ad esso connesse.

Il 49,7% dei lavoratori agili lamenta infatti il maggiore stress ed ansia da prestazione prodotti dallo smart working. Anche lo stravolgimento delle relazioni con colleghi, capi, clienti, improntante al distanziamento fisico, alla lunga ha effetti controproducenti per circa un lavoratore su due. Il 49,7% segnala infatti il peggioramento del clima in azienda, l’indebolimento delle relazioni di lavoro; il 47% si sente marginalizzato rispetto alle dinamiche delle organizzazioni, mentre il 40% circa inizia a segnalare vera e propria disaffezione verso il lavoro. Circa un terzo (33%), infine, dichiara che il lavoro a distanza sta penalizzando la propria carriera e la crescita professionale.