Psicologia. Sempre più italiani chiedono aiuto

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A delineare la gravità della situazione è David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale degli psicologi “Un nostro sondaggio ci dice che 8 italiani su 10 chiedono lo psicologo nella scuola, e tra i ragazzi la percentuale è 9 su 10. Due italiani su tre lo chiedono in aiuto al medico di famiglia, negli ospedali, nei servizi sociali, nelle carceri. Sette lavoratori su dieci lo vorrebbero nelle aziende”.

“Il bisogno di psicologia è cresciuto molto nel Paese: gli italiani vogliono una rete sociale per difendere e promuovere benessere psicologico, perché hanno ben compreso che la qualità del vivere e la salute sono strettamente legate alla dimensione psicologica” spiega Lazzari, in apertura del convegno sulla Giornata nazionale della Psicologia in corso a Roma a Palazzo di Santa Chiara.

“La risposta pubblica purtroppo è ancora carente – ha proseguito il presidente del Cnop – nonostante le normative avanzate che, sulla carta, garantiscono l’assistenza psicologica. Se la politica e le istituzioni non daranno risposte a queste richieste pagheremo tutti un prezzo salato, non solo le singole persone ma il Paese in termini di capitale umano, di resilienza e di sviluppo”.

“Un Paese che usa la psiche solo per curare e solo chi può permetterselo privatamente è un Paese arretrato, iniquo e che usa male le proprie risorse”, ha concluso Lazzari.

Una situazione “preoccupante” che sottolinea anche Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e psicologo clinico presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.

“Siamo molto preoccupati perché a causa della pandemia si è verificato un aumento dei livelli di depressione e ansia e in Italia non esiste, sostanzialmente, una rete pubblica di prevenzione e aiuto psicologico. La quasi totalità dei cittadini e l’80% dei bambini e degli adolescenti che hanno bisogno di aiuto psicologico lo possono ottenere solo privatamente e se hanno i mezzi economici”.

“Oggi i problemi maggiori sono legati alla perdita del ruolo che si aveva prima della pandemia con la conseguente rottura o seria compromissione delle relazioni significative legate alla “precedente vita”. I