Pubblicato l’Employment outlook 2022 dell’OCSE

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L’Outlook fornisce una valutazione annuale degli sviluppi chiave del mercato del lavoro e delle prospettive nei paesi membri dell’OCSE.

L’edizione 2022 esamina i principali mercati del lavoro e le sfide legate alla volonta’ di realizzare una ripresa post-COVID-19 più inclusiva; vengono anche esaminati i rischi per il mercato del lavoro derivanti dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Infine l’Outlook affronta una serie di questioni risalenti che hanno un’importanza fondamentale per l’inclusivita’ del mercato del lavoro, come il potere contrattuale dei datori di lavoro, il ruolo delle imprese nella creazione di disuguaglianza salariale, l’effetto delle politiche pubbliche sull’orario di lavoro e sul benessere.

Sintesi dei contenuti

L’aggressione della Russia contro l’Ucraina ha acuito l’incertezza economica a breve termine e ha indebolito la ripresa del mercato del lavoro.
L’invasione russa dell’Ucraina ha generato una grave crisi umanitaria, provocando shock economici in tutto il mondo. Diversi milioni di ucraini, per lo più donne e bambini, sono fuggiti dal loro Paese in cerca di rifugio in altri Paesi europei e non solo. L’aumento dei prezzi delle materie prime generato dal conflitto si e’ andato a sommare alle pressioni inflazionistiche, dovute alle interruzioni della catena di approvvigionamento, che di recente hanno inciso sui redditi reali.

Lo shock economico sta indebolendo la ripresa dalla crisi da COVID19, sebbene nei primi mesi del 2022 siano stati registrati progressi nei mercati del lavoro. Tuttavia, nonostante la sostenuta crescita dell’occupazione, i redditi disponibili reali delle famiglie avevano gia’ mostrato un calo su base annua nell’ultimo trimestre del 2021. Si stima che in molti Paesi il calo sia proseguito nei primi mesi del 2022 poiché i salari non crescono di pari passo con l’inflazione.

La ripresa dalla crisi da COVID-19 è stata più forte del previsto, ma i progressi del mercato del lavoro rimangono disomogenei tra i Paesi e i gruppi di lavoratori.

La crescita dell’attività economica a seguito della crisi da COVID 19 è stata più rapida del previsto, ma la ripresa del mercato del lavoro si è rivelata disomogenea tra i diversi Paesi e settori ed e’ ancora incompleta, mentre l’incertezza circa la sua sostenibilità è alimentata dalla guerra in Ucraina.

La pandemia non è finita e sta ancora plasmando le dinamiche occupazionali dei diversi settori. In particolare, le imprese a bassa remunerazione quali quelle appartenenti al settore alberghiero e della ristorazione risultano essere in ritardo, generando un impatto considerevole sui gruppi di lavoratori che vi prestano servizio. Sebbene alcuni dei primi effetti sproporzionati che la crisi ha comportato per i lavoratori siano stati riassorbiti, in molti Paesi i giovani, i lavoratori scarsamente qualificati e quelli non adeguatamente retribuiti non sono stati interessati, o solo minimamente, dalla ripresa economica. Lo stesso si riscontra per le minoranze razziali/etniche in quasi tutti i pochi Paesi con dati disponibili. Anche le famiglie a basso reddito risultano duramente colpite dall’aumento dei prezzi delle materie prime in quanto destinano una porzione maggiore del loro reddito ai consumi in energia ed alimenti.

Le risposte che i Paesi hanno fornito in materia di mercato del lavoro e politiche sociali sono state proporzionate alle sfide senza precedenti poste dalla crisi da COVID19.

I Paesi dell’OCSE hanno risposto con incomparabile risolutezza alla crisi pandemica, integrando le misure già esistenti in materia di occupazione e protezione sociale con interventi di emergenza rapidi e di ampia portata in vari settori.

Tali misure hanno sostenuto efficacemente l’occupazione e i redditi dei lavoratori e hanno posto le basi per una forte ripresa del mercato del lavoro. Alla fine del 2021 le misure di emergenza dovute alla crisi erano state revocate nella maggior parte dei settori di intervento a seguito della forte ripresa dell’attività economica. Sebbene le misure di sostegno più diffuse abbiano impedito un ulteriore aumento delle disuguaglianze di reddito, n molti Paesi dell’OCSE non è stata offerta tutela ad alcuni gruppi di lavoratori duramente colpiti dalla crisi ie non rientranti nei sistemi di lavoro standard.

Nei mercati del lavoro il monopsonio peggiora la qualità del lavoro
La concentrazione del mercato del lavoro, ossia la presenza di pochi datori di lavoro che competono per assumere, comporta diverse conseguenze tra le quali la più evidente è la capacità dei datori di lavoro di imporre salari unilateralmente che può portare a un’occupazione inefficiente e a livelli salariali bassi.
La più ampia analisi comparativa sulla concentrazione del mercato del lavoro finora eseguita, basata sulle offerte di lavoro online in 16 Paesi avanzati, rivela che almeno un lavoratore su sei del settore industriale è impiegato in mercati del lavoro concentrati, con quote maggiori nelle zone rurali. I dati empirici tendono a confermare che la concentrazione influisce negativamente sull’occupazione, mentre i dati armonizzati per un sotto campione di Paesi mostrano che la concentrazione provoca una diminuzione dei salari e peggiora la stabilità lavorativa.
Questi risultati dimostrano la necessità di compiere maggiori sforzi politici per frenare il potere del monopsonio nei mercati del lavoro regolando le pratiche anticoncorrenziali quali la collusione nella fissazione salariale e gli accordi di non concorrenza, nonché di considerare altre politiche per il mercato del lavoro, tra le quali la fissazione di salari minimi e il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva.Le pratiche di fissazione dei salari da parte delle imprese svolgono un ruolo chiave per la disuguaglianza salariale.
Circa un terzo delle disuguaglianze salariali complessive può essere spiegato dalle differenze nelle pratiche di determinazione dei salari che si riscontrano tra le imprese piuttosto che dalle differenze di livello e di rendimento delle qualifiche dei lavoratori. I divari retributivi tra le imprese, a loro volta, rispecchiano le differenze in termini di produttivita’, ma anche le disparita’ nel potere di determinazione dei salari.
Per affrontare le disuguaglianze salariali elevate, e in alcuni casi crescenti, le politiche incentrate sui lavoratori (ad esempio l’istruzione, compresa quella degli adulti) devono essere integrate da politiche orientate alle imprese. Cio’ comporta, in particolare, politiche che aiutino le imprese in ritardo di sviluppo a raggiungere i livelli di produttivita’ delle imprese leader, che promuovano la mobilita’ del lavoro tra le imprese e che limitino il potere di monopsonio dei datori di lavoro sui mercati del lavoro.
Tutte queste politiche aumenterebbero i salari e ridurrebbero le disuguaglianze salariali senza effetti negativi sull’occupazione e sulla produzione.
L’attuazione di politiche sull’orario di lavoro attentamente progettate puo’ migliorare il benessere dei lavoratori preservando l’occupazione e la produttivita’

Secondo alcuni dati, le riduzioni del normale orario di lavoro, purche’ attentamente concepite e attuate, potrebbero migliorare il benessere dei lavoratori senza danneggiare l’occupazione e la produttività.

L’analisi di una serie di riforme legislative nazionali e di riduzioni contrattuali dell’orario a livello aziendale indica che la riduzione dell’orario normale (mantenendo il medesimo salario mensile) può preservare l’occupazione e migliorare il benessere dei lavoratori se l’impatto sul costo unitario del lavoro rimane limitato (grazie agli aumenti di produttivita’ indotti o ai sussidi pubblici), o se la riduzione avviene in situazioni in cui i datori di lavoro godono di un significativo potere di monopsonio.

Esiste una maggiore probabilita’ che tali effetti benefici si verifichino laddove le parti sociali abbiano un margine di manovra per negoziare orari, salari e organizzazione del lavoro. Inoltre, promuovere l’introduzione di orari flessibili potrebbe portare alcuni effetti positivi sulla salute, sulla soddisfazione dei lavoratori e sull’equilibrio tra lavoro e vita privata. Il telelavoro potrebbe altresì migliorare la soddisfazione dei lavoratori, ma i suoi effetti sull’equilibrio vita-lavoro e sulla salute, sulla soddisfazione dei lavoratori e sull’equilibrio tra lavoro e vita privata. Il telelavoro potrebbe altresì migliorare la soddisfazione dei lavoratori, ma i suoi effetti sull’equilibrio vita-lavoro e sulla salute si sono dimostrati variabili.