Bei. Per gli italiani lavoro e sostenibilità vanno a braccetto

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L’81% dei ventenni italiani considera l’impatto climatico delle attività di un potenziale datore di lavoro un fattore rilevante nella scelta di un posto di lavoro, e il 25% addirittura afferma che è una priorità assoluta. L’85% è favorevole all’etichettatura generalizzata dei prodotti alimentari per contribuire a ridurre l’impatto su clima e ambiente. Il 64% sarebbe disposto a pagare di più per alimenti prodotti con criteri di attenzione al clima. Il 64% è favorevole alla creazione di un sistema di bilancio del carbonio per fissare un tetto ai consumi climaticamente più nocivi.

Questi alcuni dati contenuti nell’indagine svolta da Bei (Banca Europea per gli Investimenti) con il supporto della società di ricerche di mercato Bva, sui comportamenti delle persone, che ha visto la partecipazione di oltre 28.000 persone distribuite sui 30 Paesi coinvolti. Anche al di fuori dell’ambito del lavoro, le risposte evidenziano trend interessanti. C’è chi ritiene che il comportamento del singolo possa fare la differenza, chi invece sostiene che le misure debbano arrivare dall’alto ed un coordinamento generale sia necessario.

La scelta di un nuovo lavoro

Con l’entrata di nuovi soggetti nel mercato del lavoro ogni anno, le considerazioni sulle questioni climatiche tra coloro che affrontano la scelta di un datore di lavoro diventano sempre più diffuse. La maggior parte della popolazione (75%) afferma già che è importante che un potenziale datore consideri la sostenibilità un aspetto prioritario. Per il 25% dei candidati a un posto di lavoro, la sostenibilità è perfino una priorità assoluta. Questa maggioranza è generalizzata e abbraccia tutti i vari orientamenti politici e livelli di reddito.

Sempre restando focalizzati sugli italiani, l’80% (+8 punti rispetto agli europei in media) associa un grande valore alle proprie scelte quotidiane ed individuali e ritiene che esse possano realmente fare la differenza, facendo così prevalere la formula “è la somma che fa il totale”. Tuttavia, lì dove la consapevolezza del singolo non agisce, l’intervento del regolatore sembrerebbe essere ben accolto. Difatti, il 76% degli italiani accoglierebbe in modo positivo l’introduzione di misure più stringenti sul comportamento del singolo a favore dell’ambiente circostante. La percentuale cresce al decrescere dell’età anagrafica e si assesta ad un 82% negli under 30.

Parola d’ordine: Limitare i consumi individuali

L’indagine ha analizzato come gli individui siano influenzati dalla crisi climatica globale nelle loro scelte quotidiane e non.

Quasi due terzi degli italiani intervistati (64%) vedono di buon grado la creazione di un sistema di bilancio del carbonio che destinerebbe un numero fisso di crediti annuali da spendere nei prodotti con una pesante impronta carbonio (beni che non sono di prima necessità, voli aerei, carne, ecc.). Lo stesso parere è condiviso anche dalla maggioranza degli intervistati francesi e tedeschi (rispettivamente il 57% e 56%).

È bene sottolineare come questa misura raccolga il consenso della maggior parte degli italiani,  indipendentemente dal livello di reddito (70% dei redditi più bassi, 63% della classe media e oltre il 63% degli intervistati nelle fasce di reddito più elevato).A partire dal supermercato e dalle scelte alimentari di ogni giorno, l’85% degli italiani vorrebbe aver un’idea chiara dell’impatto climatico generato dai prodotti verso cui si sta indirizzando l’acquisto. Un grande ‘Sì’, quindi, alle etichette climatiche sugli scaffali.

Se si guarda quindi alla consapevolezza, sembrerebbe che gli italiani vogliano essere coscienti di come le loro azioni possano impattare il loro futuro e quello del pianeta. La questione diventa però più complicata quando si tocca la sfera economica, soprattutto nel periodo così delicato e di elevata inflazione che il Paese e l’Europa in generale si trovano ad affrontare. Difatti, è più contenuta e, pari al 64%, la percentuale di italiani disposti a pagare di più optando per prodotti alimentari più sostenibili.