Il Parlamento europeo adotta la relazione sulla proposta di direttiva “due diligence”

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Il 31 maggio il Parlamento europeo si è riunito in seduta plenaria per discutere il progetto di relazione della Commissione giuridica (JURI) – competente per merito – sulla proposta di direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (c.d. due diligence).

La relazione è stata adottata al termine di un lungo e articolato dibattito, di cui si riportano di seguito le principali posizioni (336 voti a favore, 225 voti contrari e 38 astensioni).

Sulla base del testo adottato, le imprese saranno obbligate a identificare e ove necessario prevenire, inibire o mitigare l’impatto negativo delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente, comprese le attività dei loro partner commerciali, non solo i fornitori ma anche le attività legate alla vendita, alla distribuzione e al trasporto.

Rispetto alla proposta della Commissione, i deputati hanno esteso l’applicazione delle nuove norme alle società con sede nell’UE con più di 250 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 40 milioni di euro, nonché alle società madri con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro. Le norme si applicherebbero anche alle società non-UE con un fatturato superiore a 150 milioni di euro, nel caso in cui almeno 40 milioni sono stati generati nel territorio dell’Unione europea.

Inoltre, secondo il testo adottato, le imprese dovranno impegnarsi nei confronti delle persone colpite dalle loro azioni, compresi i difensori dei diritti umani e gli attivisti ambientali, introducendo un meccanismo di reclamo e monitorando l’efficacia della propria politica di due diligence.

Infine, per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico, tutti i responsabili d’azienda saranno tenuti a mettere in atto un piano di transizione compatibile con il limite di riscaldamento globale di 1,5°C. La direttiva, nel dettaglio, prevede che gli amministratori delle aziende con più di 1.000 dipendenti siano direttamente responsabili di questo aspetto che a sua volta influirà sulle parti variabili della loro retribuzione come, ad esempio, i bonus.

Le istituzioni pensionistiche di cui al Regolamento EC n. 883/2004 originariamente incluse nell’elenco delle organizzazioni cui si applica la direttiva (cfr. articolo 3, comma 1, lett.a), punto iv), ottavo punto elenco), sono state espunte grazie a un emendamento dedicato. Tra queste rientrano, come noto, gli enti di previdenza dei liberi professionisti.

La relatrice per il parere, Laura Wolters (S&D, Paesi Bassi), nell’aprire il dibattito ha ribadito l’importanza di questa direttiva non solo per i lavoratori e per i consumatori, ma anche per le imprese stesse che “meritano di agire all’interno di un sistema concorrenziale trasparente e provvisto delle adeguate tutele, in cui chi infrange le regole viene frenato”. Wolters ha rimarcato il focus sulla competitività e sul rispetto delle prerogative delle piccole e medie imprese, esortando al contempo gli eurodeputati a respingere gli emendamenti relativi all’eccessiva burocratizzazione.

Diversi deputati, oltre alla relatrice, hanno ricordato l’anniversario della tragedia del Rana Plaza (24 aprile 2013), nella quale perirono più di 1.100 lavoratrici e lavoratori e ne rimasero feriti oltre 2000, sottolineando come quella tragedia sia strettamente connessa anche alle responsabilità delle aziende europee coinvolte (anche indirettamente) che ignorarono le condizioni di lavoro di queste persone rendendosi in tal modo complici del disastro.

Gli eurodeputati appartenenti a partiti di centrodestra (su tutti PPE e ECR) sono stati criticati per aver cercato di rendere meno stringente l’accordo, mentre tra i punti più controversi del dibattito sono risultati: l’ambito di applicazione, le conseguenze sulle PMI, gli oneri burocratici per le aziende e, in generale, la competitività delle imprese dell’Unione europea.

Barry Andrews (RE, Irlanda), relatore per parere nella Commissione Commercio internazionale (INTA), ha affermato che per la prima volta le aziende saranno tenute ad esercitare la due diligence nelle loro catene di approvvigionamento, non solo nella misura in cui ciò influisce sul funzionamento della propria azienda, ma anche per quanto riguarda gli effetti sul pianeta e le violazioni dei diritti umani.

Axel Voss (PPE, DE), relatore ombra in Commissione Ambiente (ENVI), ha ringraziato per la collaborazione, nonostante le differenze di opinioni, ricordando come la questione rappresenti un argomento finemente politico, anche all’interno del PPE. Voss ha affermato che avrebbe auspicato “una proposta più equilibrata e ambiziosa”, poiché le imprese hanno bisogno di un mercato unico nel quale operare. Ha quindi sottolineato la necessità di una maggiore armonizzazione, evidenziando l’importanza dell’approccio basato sul rischio. Dopo aver richiamato ad una riduzione al minimo della burocrazia, ha riconosciuto la valenza del testo di compromesso proposto, auspicando altresì dei miglioramenti nei triloghi con il Consiglio.

Patrizia Toia (S&D, Italia) ha affermato che per essere coerenti con le raccomandazioni delle Nazioni Unite e dell’OCSE tutte le parti interessate devono essere coinvolte. Pur riconoscendo le preoccupazioni delle imprese, ha ricordato l’intenzione del Parlamento di “fornire maggiore assistenza alle PMI per garantire che siano in grado di far fronte a questa norma”. Secondo Toia “l’industria europea deve essere pronta a questo cambiamento” e si è detta certa che “questa proposta aprirà anche nuove opportunità per le imprese”.

Il Commissario europeo per la giustizia Didier Reynders, intervenuto nel dibattito, nell’accogliere con favore il lavoro compiuto dalla Commissione JURI, dai relatori e dagli altri partecipanti, ha ribadito l’ambizione di una legge trasversale a livello europeo per un approccio più sostenibile per il diritto societario.

“Questa legislazione” ha affermato “può avere un impatto notevole sul modo in cui le aziende operano a livello globale e può portare allo sviluppo di nuovi modelli di business più sostenibili”.

Secondo il Commissario, le regole armonizzate e obbligatorie sulla due diligence e sui doveri degli amministratori (“sollecitate peraltro da molti stakeholders”) sono state proposte dalla Commissione proprio per aumentare il coinvolgimento delle aziende nel conseguimento degli obiettivi di sostenibilità dell’esecutivo europeo.

“Le raccomandazioni internazionali e i sistemi volontari esistenti non sono finora stati sufficienti a portare i cambiamenti necessari e a garantire condizioni di parità” ha specificato Reynders “per questo la proposta offrirà certezza giuridica e condizioni di parità per le imprese di tutta l’UE, sosterrà le PMI, migliorerà l’accesso ai finanziamenti e fornirà orientamenti per facilitare la transizione. La proposta punta, infatti, a sostenere le imprese nella gestione delle loro attività, in modo da affrontare i possibili impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente lungo le loro catene del valore.”

Reynders ha aggiunto che un’analisi condotta dalla Commissione europea su oltre 2000 studi dimostra che “l’integrazione dei diritti umani e della tutela dell’ambiente nelle operazioni commerciali comporta vantaggi competitivi in tutti i settori dell’economia e a una maggiore innovazione. Le imprese già vogliono garantire che le prospettive a lungo termine e i fattori di sostenibilità siano meglio integrati nelle strategie aziendali e nel processo decisionale” di conseguenza la Commissione ha ritenuto di meglio chiarire i doveri degli amministratori.

Il Commissario alla giustizia ha ricordato, inoltre, come la due diligence sia già presente in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e la proposta della Commissione non stabilisca un nuovo dovere, bensì si limiti a chiarire quelli già presenti nel diritto nazionale, affinché gli amministratori possano agire anche a lungo termine. Egli ha quindi affermato che “è importante assicurarsi che le considerazioni sulla sostenibilità siano valutate nelle principali decisioni delle grandi aziende. La proposta non modifica il regime di applicazione esistente in proposito: solo gli azionisti potranno chiedere conto agli amministratori.”.

 

Infine, per quanto concerne il cambiamento climatico, Reynders ha ricordato come la proposta della Commissione europea contempli un regime speciale che richiede alle grandi aziende di adottare un piano di transizione climatica per garantire che il loro modello e la loro strategia aziendale siano compatibili con gli Accordi di Parigi sul clima.

La Commissione propone che le nuove regole si applichino solo alle grandi aziende, che hanno la capacità attuativa necessaria e sono in grado di controllare le rispettive catene del valore, mentre le piccole e medie imprese non rientrano nel campo di applicazione e sono pertanto escluse dai regimi di responsabilità amministrativa e civile; per limitare l’impatto della proposta sulle PMI, la Commissione europea ha proposto di fornire loro un sostegno tecnico e finanziario.

L’approccio adottato nella definizione della proposta di direttiva, secondo Reynders, è stato guidato dalla necessità di garantire la proporzionalità, tenendo conto della competitività e assicurando allo stesso tempo un cambiamento verso catene di approvvigionamento più sostenibili. “Grazie al Rapporto della Commissione JURI” ha concluso “si stanno compiendo ulteriori progressi in questo campo. Esorto pertanto i parlamentari a trovare presto un accordo finale per proseguire il trilogo con il Consiglio europeo”.

Prossimi passi

Una volta che il Parlamento avrà adottato il suo mandato in plenaria, potranno iniziare i negoziati con il Consiglio sul testo finale della legislazione. Secondo la proposta della Commissione europea, i nuovi obblighi si applicherebbero dopo 3 o 4 anni, a seconda delle dimensioni e del fatturato dell’azienda.

Link utili

Direttiva proposta dalla Commissione 2022

Bozza di rapporto con emendamenti alla direttiva votati in seduta plenaria del PE il 31 maggio 2023

Voto sugli emendamenti