Inps. Gelera “Donne in pensione più tardi per discontinuità lavorativa”

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Donne in pensione più tardi degli uomini a causa della discontinuità lavorativa e assegni pensionisti più bassi: sono alcuni dei dati divulgati dalla Commissaria Inps, Micaela Gelera, durante la presentazione del XXII Rapporto annuale.

“La differenza in reddito da pensione tra uomini e donne – ha sottolineato la Commissaria – deriva per la maggior parte dal minor numero di anni di contribuzione di queste ultime: infatti, l’uscita dal mercato del lavoro delle donne avviene prevalentemente con la pensione di vecchiaia, mentre quella degli uomini con la pensione anticipata che, storicamente,
registra un importo medio superiore, che nel 2022 è risultato pari a 2.043 euro per
gli uomini a fronte dei 1.660 euro delle donne, mentre quella di vecchiaia è stata
pari rispettivamente a 1.112 euro e 752 euro”.

“Gli ultimi anni hanno rappresentato anche per l’INPS un duro banco di prova – ha esordito la Gelera –  Una pandemia, una guerra alle porte dell’Europa, uno scenario economico con complessità che non si vedevano da decenni hanno fatto emergere nuove esigenze e richiesto la rapida attuazione di politiche straordinarie.In questo contesto, cittadini e imprese da un lato, policy maker dall’altro, si sonorivolti all’INPS quale principale gestore e profondo esperto del sistema di welfare italiano”.

“Il futuro davanti a noi è ancora tutto da scrivere – ha detto la Commissaria –  Le nuove tecnologie, la cui diffusione ha subito una forte accelerazione negli ultimi anni, favoriscono la nascita di forme innovative di produzione e organizzazione del lavoro. Queste innovazioni possono portare significativi miglioramenti al benessere collettivo ma, per realizzarne appieno i benefici, è essenziale che ci siano istituzioni che permettano di trasferire ai cittadini il valore prodotto dalle nuove tecnologie”.

Ma quale è il presente e quale sarà il futuro dell’Inps? Ce lo dicono i dati.

PENSIONI

Alla fine del 2022, i pensionati in Italia erano 16,1 milioni, un numero di poco superiore a quello del 2021, di cui 7,8 milioni uomini e 8,3 milioni donne. L’importo complessivamente erogato è stato pari a 322 miliardi di euro. Le donne, nonostante rappresentino il 52% dei pensionati, sono titolari di solo il 44% dell’importo totale.

Il 96% dei pensionati percepisce una pensione INPS, con un reddito lordo mensile medio pari a 1.687 euro; quello degli uomini è pari a 1.969 euro, risultando il 38% più alto di quello delle donne. Il restante 4% dei pensionati è titolare di rendite INAIL o pensioni gestite da altri Enti.

Nel 2022, le prestazioni pensionistiche previdenziali dell’INPS hanno assorbito
quasi il 92% della spesa pensionistica a carico dell’Istituto. Peso significativo hanno
avuto i trattamenti di anzianità e anticipati che rappresentano oltre il 56% della
spesa totale dell’INPS. La quota delle prestazioni assistenziali sul totale supera
l’8% e si concentra prevalentemente nell’invalidità civile.

Il numero delle prestazioni pensionistiche previdenziali liquidate in corso d’anno
si è ridotto del 3% per effetto del calo delle pensioni anticipate, scese del 9% per
la conclusione di Quota 100. Le prestazioni pensionistiche assistenziali liquidate
sono invece aumentate per il secondo anno consecutivo, come conseguenza della
flessione del 2020 dovuta al blocco delle visite mediche per l‘invalidità civile durante la pandemia.

Il numero complessivo delle prestazioni erogate dall’INPS è rimasto sostanzialmente stabile, poco sotto i 21 milioni. L’importo medio mensile delle pensioni di anzianità e anticipate è di 1.915 euro, quello di vecchiaia è di 889 euro, mentre per le prestazioni assistenziali si scende a 470 euro.

Nel 2022, il 18% dei pensionati per vecchiaia o anzianità e anticipata percepiva
trattamenti che risultavano da contribuzione a fondi diversi.

Una quota in crescita, come conseguenza dei cambiamenti normativi introdotti a partire dal 2012 per favorire la ricostruzione ai fini pensionistici delle carriere lavorative e il cumulo dei
versamenti effettuati presso due o più gestioni.

L’età media al pensionamento è cresciuta negli ultimi dieci anni. Quella degli uomini è passata da 62 del 2012 a 64,2 nel 2022, mentre quella delle donne da 61,3 a 64,7. Il superamento di quella degli uomini da parte di quella delle donne è legato alla diffusa discontinuità delle loro carriere che comporta ritardi nel raggiungimento dei requisiti contributivi per la pensione anticipata.

MERCATO DEL LAVORO

Nel 2022, il PIL italiano è aumentato del 3,7% in termini reali. L’economia ha interamente recuperato quanto perso nel 2020, raggiungendo livelli superiori a quelli
antecedenti la crisi. Differentemente da quanto accaduto nelle precedenti fasi di
ripresa, il recupero italiano risulta più ampio di quello registrato dagli altri principali
paesi dell’area euro.

La crescita dell’economia ha favorito un sensibile miglioramento delle condizioni
del mercato del lavoro. Il tasso di attività e il tasso di occupazione sono ai massimi
storici, sebbene in leggera flessione secondo gli ultimi dati di luglio 2023. Il contributo delle donne risulta significativo: il tasso di occupazione ha subito un incremento maggiore di quello registrato dal dato complessivo.

Il lavoro dipendente assorbe il 78% dell’occupazione totale, 6 punti percentuali in più di quanto registrato nella prima parte degli anni Duemila. La quota dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato è in crescita rispetto aglianni passati. L’aumento dell’occupazione dipendente non trova, infatti, spiegazione nell’incremento dei dipendenti con rapporti di lavoro a termine, il cui peso sul totale, pari al 16%, risulta leggermente inferiore rispetto a quello di inizio 2020. L’incidenza del part time si colloca attorno al 18%.

Mentre il lavoro dipendente ha recuperato i livelli precedenti la crisi, quello autonomo soffre un continuo processo di ridimensionamento iniziato prima del 2008 ed accentuatosi con la crisi del 2020. Il mercato del lavoro italiano presenta, inoltre, forti differenze territoriali. Il Nord ha raggiunto livelli occupazionali superiori sia a quelli del 2019 che a quelli del 2007, mentre il Sud soffre ancora il ridimensionamento che ha caratterizzato, in particolare, quanto accaduto nel periodo successivo al 2008. Un ultimo aspetto merita di essere sottolineato: nonostante il recupero degli ultimi anni, il tasso di occupazione italiano
risulta ancora inferiore a quello degli altri principali paesi dell’area euro.

ASSICURATI INPS

In Italia, il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro ha determinato
un aumento sia del numero degli assicurati dell’INPS (circa il 95% degli occupati regolari in Italia), che hanno superato i 26,2 milioni rispetto ai 25,5 del 2019 (+2,6%), sia, sebbene con minore intensità, il numero medio di settimane lavorate (43 settimane nell’anno), che ha, comunque, recuperato la brusca caduta del 2020. L’aumento degli assicurati si è sviluppato in modo differenziato per classe di età e per genere. Una crescita significativa ha interessato i giovani con età fino a 34 anni e le donne (rispettivamente +5,8% e +3,2% rispetto al 2019).

A livello territoriale, l’incremento degli assicurati ha interessato tutte le ripartizioni, recuperando interamente quanto perso in precedenza. Nel Mezzogiorno
l’aumento del numero medio di settimane è risultato ampio, sebbene rimanga una
distanza importante dal Centro-Nord.

L’input complessivo di lavoro, misurato in settimane, è risultato del 4,1% più alto di
quello del 2019. Il monte dei redditi e delle retribuzioni, corrispondente all’imponibile previdenziale, si è avvicinato ai 650 miliardi di euro, con un aumento dell’8%
rispetto al 2019. Il maggior numero di assicurati ha, inoltre, determinato una forte
crescita dei contributi sociali che, al lordo delle agevolazioni, sono stati pari a 236,3
miliardi di euro, con un aumento del 9,3% rispetto al 2019.

La ripresa economica ha, inoltre, limitato il ricorso agli strumenti di tutela della
disoccupazione che, per i dipendenti, si colloca su livelli inferiori a quelli del 2019.
La temuta grande ondata di licenziamenti post pandemia, infatti, non si è verificata
e la NASpI, così come gli altri ammortizzatori sociali, quali la malattia e la Cassa
Integrazione Guadagni, sono tornati a svolgere un ruolo ordinario di supporto del
lavoratore in periodi temporanei di inattività.

IMPRESE
La ripresa dell’economia ha favorito l’ulteriore aumento del numero delle imprese assicurate, salito a 1,55 milioni nel III trimestre 2022, da 1,47 milioni all’inizio del 2018, per poi ridursi leggermente nella parte finale dell’anno, recuperando, comunque, quanto perso nel 2020.

Nel 2022, l’ampia e rapida crescita dell’inflazione non sembra aver avuto un effetto significativo sulla domanda di lavoro delle imprese. Solo nella seconda parte dell‘anno si è assistito ad un lieve peggioramento, con una riduzione della creazione di nuovi posti di lavoro ed un aumento della distruzione di quelli esistenti.

Con l’esclusione del picco del 2020, le aziende non sembrano, inoltre, aver fatto ricorso massivo alla CIG per proteggere le posizioni di lavoro. Il 2022 appare, dunque, un anno ordinario, con circa 12 milioni di ore mensili utilizzate nell’ultimo trimestre.