Profumo “I giovani, costruttori del futuro”

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“Quest’anno al centro della riflessione della Giornata del Risparmio abbiamo voluto
mettere le nuove generazioni. In cosa consiste la sfida del risparmio per gli italiani
nati dopo il 2000? I giovani risparmiano? Perché lo fanno o non lo fanno? Come
indirizzano i loro risparmi? Come è cambiato il modo di intendere la produzione e la
destinazione del risparmio? Inizia così l’intervento di Francesco Profumo, presidente di Acri, in apertura della Giornata Nazionale del Risparmio, tenutasi a Roma lo scroso 31 ottobre.

“Chi oggi ha meno di trent’anni – ha sottolineto Profumo – è cresciuto in uno scenario di crisi costanti e di rapide  trasformazioni, a partire dalla crisi finanziaria del 2008. A differenza delle generazioni  che li hanno preceduti, i nostri ragazzi non hanno sperimentato l’alternarsi di stagioni  di crescita e di crisi. Inoltre, a causa della transizione demografica in corso da decenni, i giovani italiani  sono numericamente sempre di meno e, soprattutto, stanno lasciando in massa il  nostro Paese. Nell’ultimo decennio gli under 35 che sono andati a vivere all’estero sono stati oltre 300mila; quasi la metà di questi erano laureati. Fuori dal nostro Paese  trovano maggiori occasioni e migliori condizioni lavorative, retribuzioni dignitose,  insomma tutte le opportunità per avviare serenamente un percorso di vita e per  mettere a frutto il proprio potenziale, cosa che sembra essere loro spesso negata in  Italia”.

“Come in ogni epoca, l’entusiasmo, la visione, la speranza, la spregiudicatezza, l’incoscienza, la voglia di innovare dei giovani sono un capitale preziosissimo per la
crescita e lo sviluppo di un Paese, che non possiamo permetterci di disperdere ma
che, anzi, va protetto e incentivato perché possa crescere e svilupparsi appieno – ha continuato il Presidente Acri – Siamo di fronte a uno scenario complesso e variegato. Da un lato, le nuove generazioni  sono fortemente consapevoli e impegnate, soprattutto sui temi legati alla sostenibilità  ambientale. Non si accontentano di risposte benevole, sono preparati, si confrontano  e si connettono anche a livello planetario, approfondendo con possibilità che noi non  potevamo neanche immaginare. Dall’altro lato, vediamo però crescere  vertiginosamente anche manifestazioni di estrema fragilità: forme di disagio
psicologico, autolesionismo, Neet che hanno smesso di studiare e di cercare lavoro,
Hikikomori che si ritirano dalla vita attiva. Di fronte a questo scenario, il tema del risparmio delle giovani generazioni deve tener  presente almeno quattro variabili fondamentali“.

Quali? Profumo non ha dubbi. Anche se, prima di enunciarle, ribadisce “In questo mio intervento ci sono molte domande e pochissime risposte. Si tratta di  un tema di assoluta rilevanza, con cui siamo tutti chiamati a confrontarci, perché la  sfida del risparmio per le nuove generazioni riguarda letteralmente il futuro del nostro Paese”

Le variabili

“Innanzitutto, l’accesso al lavoro. La disoccupazione giovanile è al 22%; seppur con
lievi oscillazioni è un dato che non muta da vent’anni. Peraltro questo va coniugato
con il grave mismatch che sconta il nostro Paese, che registra una cronica mancanza
di personale in settori cruciali per il funzionamento e lo sviluppo: mancano tecnici e
operai specializzati, ma anche insegnanti, medici e infermieri. Urge un ragionamento
serio e approfondito sulle ragioni di questa carenza, alla luce del dato sulla
disoccupazione”.

“Inoltre, maggiormente rispetto al passato, i giovani saranno soggetti a fenomeni di
precarietà lavorativa e di frammentazione del percorso di carriera, più di quanto già
non lo siano oggi”.

“C’è poi da considerare che il livello dei salari in Italia è fermo ormai da oltre trent’anni
e l’Ocse stima che, rispetto agli anni pre-pandemia, il loro valore reale sia di fatto
calato del 7,5%4. Abbiamo iniziato perfino a sentire parlare di “lavoro povero”, ovvero
di soglie di retribuzione tali da non garantire nemmeno una vita dignitosa”.

“È radicalmente cambiato il mondo del lavoro. Ad esempio, il tema della conciliazione
vita-lavoro, dei tempi e delle modalità per lavorare, il fenomeno della “great
resignation” costituiscono delle rilevanti novità che ci segnalano come le aspettative
dei giovani nei confronti del mondo del lavoro siano diverse da quelle delle generazioni
che le hanno precedute”.

“Queste quattro variabili possono aiutarci a comprendere le grandi difficoltà che
incontrano oggi ventenni e trentenni per accumulare risparmi”.

Dai giovani all’educazione finanziaria passando per la previdenza complementare e l’equilibrio del sistema

Educazione finanziaria
Oggi si conclude il mese dedicato all’educazione finanziaria, promosso dal Comitato
per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria
voluto dal Mef, che riunisce in un’unica cornice una pluralità di iniziative organizzate
in tutta la Penisola nel corso del mese, culminando con la Giornata promossa da Acri.
In tema di educazione finanziaria, esiste un primo livello che riguarda
l’alfabetizzazione, che è un aspetto su cui siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi
europei. Ed è senz’altro positiva l’accelerazione che c’è stata sull’educazione
finanziaria a scuola, ma è un’operazione vasta che non può essere demandata
esclusivamente all’istituzione scolastica e che non riguarda solo gli studenti.
A tal proposito, sono lieto di annunciare che Acri ha deliberato l’adesione alla Feduf
– Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio. Questo favorirà
l’attivazione di nuove sinergie per valorizzare le tante iniziative che anche Fondazioni
di origine bancaria e Casse di Risparmio già organizzano sui loro territori.
Perché l’educazione finanziaria non è solo una questione di conoscenze, ma è un tema
di cittadinanza. Una corretta educazione finanziaria contribuisce, infatti, a formare
cittadini attivi, in grado di assumere scelte consapevoli, responsabili e sostenibili.
Li aiuta a prendere decisioni ponderate come consumatori e in merito alla
previdenza. Li rende consapevoli dei propri diritti. Li preserva da notizie false e
propaganda sui temi dell’economia nazionale e dell’Unione Europea.
Sul tema dell’educazione finanziaria dei giovani, mi vorrei soffermare su due aspetti
che ritengo fondamentali: le scelte previdenziali e quelle d’investimento.

Previdenza complementare
L’annuale indagine Acri-Ipsos “Gli italiani e il risparmio” – che abbiamo presentato
ieri – ha rilevato che ben il 72% degli italiani sono preoccupati per il proprio futuro
economico dopo il pensionamento. Ma, nonostante i timori, solo 1 su 5 dichiara di
aver già sottoscritto forme di previdenza integrativa.

Tra i giovani occupati di 18-30 anni la quota dei sottoscrittori di strumenti di
previdenza integrativa è inferiore alla media (17%), pur a fronte di un elevato
interesse in merito: il 64% è molto propenso, ma non riesce a permetterselo.
Lo conferma il Rapporto Mefop 2023, secondo cui il 32% degli under 35 dichiara di
non aderire a forme di previdenza integrativa perché non riesce a risparmiare; il 30%
perché è ancora troppo giovane; il 21% per mancanza di un lavoro stabile (è il triplo
rispetto agli over 55).

È probabile che prevedere l’introduzione di trattamenti fiscali agevolati potrebbe
incentivare l’adesione degli under35 a forme di previdenza complementare o forme di
risparmio a lungo termine.

Scelte d’investimento
Le sfide che deve affrontare il nostro Paese rendono necessaria una nuova cultura del
risparmio.

Da un lato, a livello individuale, è necessario che si passi da un approccio riparativo
a uno preventivo. È necessario che si inizi a considerare la sostenibilità finanziaria
dell’intero percorso di vita, perché, soprattutto in uno scenario di incertezza e
instabilità come quello in cui stiamo vivendo, è necessario saper pianificare.
Dall’altro lato, a livello collettivo, il risparmio può trasformarsi in un volano per la
crescita del Paese, ma a condizione che venga investito nell’economia reale.

Oggi, invece, gli italiani che risparmiamo investono pochissimo, acquistano titoli di
stato (e questo è certamente positivo) e poi privilegiano strumenti finanziari esteri.
È necessario un cambio di paradigma culturale, che contribuisca a far crescere gli
investimenti del risparmio, che lo faccia convergere verso l’economia italiana e le
Pmi, fino ad aprirsi anche al cosiddetto “ecosistema del capitale di rischio”.

Responsabilità
E vengo all’ultimo aspetto che abbiamo posto nel titolo di questa Giornata:
responsabilità. A cosa ci riferiamo quando ci interroghiamo sulla responsabilità delle
giovani generazioni di fronte al risparmio? Cos’è questa responsabilità? A chi
compete?

Ritengo che si tratti di una dimensione da condividere e che investe l’intera società:
una staffetta generazionale che ci coinvolge tutti. Le nuove generazioni sono
chiamate a decisioni responsabili in merito al loro futuro personale e del Paese. Non
potranno adagiarsi su condizioni di privilegio e non potranno cercare alibi.
Contemporaneamente, però, le generazioni precedenti devono assumersi la
responsabilità del Paese che stanno consegnando in eredità a chi li seguirà, in
particolare riguardo al debito pubblico e al sistema previdenziale.

Debito pubblico
Il debito pubblico è un’immensa eredità del passato che grava sulle generazioni presenti
e future. È il frutto di scelte fatte nel passato – anche recente – che limitano o
condizionano pesantemente le scelte di spesa e gli indirizzi che possiamo prendere oggi.
I soli interessi passivi sul debito che l’Italia paga ogni anno stanno superando la soglia
dei 100 miliardi di euro. Più di quanto lo Stato spende per l’istruzione. Una cifra che
quasi eguaglia quella complessiva per le politiche sociali e che equivale al 10% della spesa
pubblica totale.Il quarto debito pubblico al mondo in rapporto al Pil ricade sui giovani
italiani di oggi che dovranno contribuire a pagarne gli interessi per tutto il corso della
loro vita.

Equilibrio del sistema previdenziale
Inoltre, i giovani italiani sono coloro che dovranno tenere in equilibrio il sistema
previdenziale. Il calo demografico ci porterà in breve tempo in una situazione
delicatissima. Oggi il rapporto tra cittadini in età lavorativa (15-64 anni) e quelli che
non lo sono (0-14 e over 65) è di 3 a 2. Nel 2050 sarà di 1 a 1.

È un tema di coesione generazionale immenso. Dobbiamo tenere insieme chi ha un
futuro previdenziale certo – e in larga misura ancora calcolato con un sistema
retributivo -, con chi vive un’incertezza lavorativa e la certezza di una pensione molto
modesta.

Sussidiarietà generazionale
Dalle generazioni che li hanno preceduti, i giovani non vogliono assistenza, né
sostegni, né scorciatoie: vogliono l’opportunità di “giocarsela” alla pari, vogliono
vedere riconosciuti i loro diritti!

È un diritto sancito nella Costituzione avere le stesse opportunità di chi ci ha
preceduti: un sistema d’istruzione accessibile e di qualità, alloggi studenteschi,
contratti e salari dignitosi, welfare, pari opportunità.

Soprattutto, le nuove generazioni hanno il diritto di essere interpellate e ascoltate in
merito alle scelte che le riguardano, senza condiscendenza o paternalismi, ma con la
consapevolezza che stiamo costruendo il Paese in cui vivranno loro. Per questo è
necessario che si inizi, a tutti i livelli, a realizzare forme di sussidiarietà generazionale,
in cui tutte le articolazioni della società – Istituzioni, Imprese, Terzo settore e corpi
intermedi – si aprano a una condivisione delle responsabilità e delle decisioni.

Su questa strada si sono avviate da tempo le Fondazioni di origine bancaria e le Casse
di Risparmio, che, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, stanno diffondendo tante
piccole sperimentazioni che hanno i giovani al centro e restituiscono loro il
protagonismo che gli spetta. Si tratta di iniziative per: promuovere l’educazione
finanziaria, sostenere la formazione con borse di studio in Italia e all’estero, far
emergere i talenti, favorire l’inclusione finanziaria e lavorativa, accompagnare l’avvio
di start-up, ecc.

Si tratta di esperienze locali e nazionali – come il Fondo per il contrasto della povertà
educativa minorile e il più recente Fondo per la Repubblica Digitale –, che stanno
consolidando buone pratiche di comunità che ci auguriamo possano ispirare nuove
politiche pubbliche.