
Le risoluzioni sono un modo essenziale per il Parlamento europeo di esprimere le proprie opinioni sui processi politici, sulle politiche dell’UE e sugli sviluppi nel mondo. Il Parlamento le utilizza anche per controllare le altre istituzioni dell’Unione, compreso il Consiglio europeo.
L’esigenza di una maggiore responsabilità e controllo sul Consiglio europeo è un tema ricorrente nelle risoluzioni del Parlamento europeo della legislatura 2019-2024. Tale esigenza di controllo sul Consiglio deriva anche dal cambiamento avvenuto nel ruolo di questa istituzione negli ultimi anni.
Il centro studi del Parlamento europeo ha pubblicato recentemente un documento di analisi delle risoluzioni parlamentari della passata legislatura, fornendo una panoramica unica dei messaggi inviati dal PE all’Unione europea, che identifica una serie di strumenti per rafforzare tale controllo nel rispetto dei principi democratici europei.
Nell’ultimo decennio, soprattutto a causa delle varie crisi che l’UE ha dovuto affrontare, il Consiglio europeo ha ampliato la sua influenza sulla definizione delle politiche assumendo di fatto poteri esecutivi. Alcuni considerano tale ampliamento uno “sconfinamento legislativo” come sottolineato dal Parlamento europeo.
Il Parlamento ha ripetutamente criticato, nel corso delle ultime due legislature, il crescente squilibrio istituzionale tra Consiglio, Parlamento e Commissione, e ha chiesto di porre rimedio alla situazione. Nel 2019, il PE ha dichiarato che “il Consiglio europeo, contro lo spirito e la lettera dei Trattati, ha preso una serie di importanti decisioni politiche al di fuori del quadro del Trattato, escludendo di fatto tali decisioni dal controllo del Parlamento e minando la responsabilità democratica che è essenziale per quanto riguarda le politiche europee”.
La responsabilità è uno dei principi fondamentali della democrazia. Questo principio si applica anche all’Unione europea, infatti, l’articolo 10 del Trattato Unico dell’UE stabilisce che “il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa”. Come il Parlamento ha sottolineato dopo l’entrata in vigore del TUE, in particolare nella sua risoluzione del dicembre 2013, i membri del Consiglio europeo, pur essendo responsabili individualmente nei confronti dei rispettivi parlamenti nazionali, collettivamente sono responsabili solo nei confronti di se stessi.
Gli accademici sostengono che, nell’architettura dell’UE, il Parlamento europeo è l’unica istituzione che potrebbe essere in grado di fornire un forum per il controllo democratico sul Consiglio europeo come entità collettiva.
I Trattati attribuiscono al Parlamento una funzione di controllo politico generale sull’esecutivo (articolo 14, paragrafo 1, TUE). In un quadro europeo descritto da molti osservatori come caratterizzato da un “doppio esecutivo” (diviso tra la Commissione europea e il Consiglio europeo – con responsabilità rispettive diverse a seconda del settore politico), i Trattati forniscono al PE una serie di strumenti di controllo sulla Commissione europea e il suo Presidente (ad esempio, la possibilità di censurare la Commissione).
L’aumento dell’influenza del Consiglio europeo non è stato accompagnato da un parallelo aumento della sua responsabilità. Al contrario, nelle risoluzioni del Parlamento europeo si è sostenuto che, nel contesto dei negoziati sul quadro finanziario pluriennale (QFP), “il dominio del Consiglio europeo ha distorto l’equilibrio istituzionale stabilito nei Trattati […] e ha minato la trasparenza e la responsabilità democratica del processo decisionale […] il ruolo svolto dal Consiglio dell’Unione europea è difficilmente conciliabile con la formulazione e lo spirito del [Trattato di Lisbona]”.
Con margine di miglioramento, il PE ha già a disposizione una serie di strumenti per controllare le attività del Consiglio europeo. I principali sono: i) i dibattiti in plenaria con il Presidente del Consiglio europeo; ii) l’uso di interrogazioni scritte al Presidente del Consiglio europeo; e iii) le risoluzioni del Parlamento europeo. Durante la legislatura 2019-2024, il Parlamento ha adottato 2.337 risoluzioni, di cui 426 contenevano un riferimento al Consiglio europeo (18% di tutte le risoluzioni). Di queste ultime 162 contenevano riferimenti di natura non strettamente procedurale al Consiglio europeo. L’analisi del Centro studi del Parlamento esamina l’origine, la comunicazione, gli argomenti e i messaggi di queste 162 risoluzioni. Gli argomenti citati in queste risoluzioni al Consiglio europeo, sono 20; alcuni, come la politica migratoria o la coesione, sono richiamati solo poche volte, mentre il tema delle “istituzioni dell’UE” (28%), con quello dell’“allargamento” (13%) e del “bilancio” (11%) sono i più citati, seguiti dal “QFP” (10%), dalle “relazioni esterne” all’UE (9%) e dalle “riforme dell’UE” (8%).
Con riferimento alle questioni istituzionali, il PE ha sollevato tre problemi principali. Il primo riguarda la procedura c.d. degli “Spitzenkandidaten” che, secondo il Parlamento, dovrebbe essere formalizzata in un accordo istituzionale tra il Parlamento e il Consiglio europeo. Inoltre, secondo il PE, il Consiglio dovrebbe consultare i leader dei partiti politici europei e attendere che il Parlamento proponga un candidato comune per la carica di Presidente della Commissione europea. In secondo luogo, il PE ha regolarmente sottolineato il crescente squilibrio istituzionale e ha chiesto al Consiglio di rimanere nell’ambito dell’attuale quadro del Trattato, che vieta a quest’ultimo di esercitare funzioni legislative. Secondo il PE la pratica del Consiglio europeo di adottare conclusioni molto dettagliate non è conforme, infatti alle disposizioni del TUE. Infine, il Parlamento contesta la scarsa trasparenza nel Consiglio europeo (gli incontri del Presidente del Consiglio europeo con i lobbisti).
Esaminando il modo in cui le risoluzioni del Parlamento sono state utilizzate nel periodo 2019-2024 il documento consiglia possibili adeguamenti per massimizzarne ulteriormente l’uso ai fini di un migliore ed efficace controllo del Consiglio europeo.
Il primo è di rendere più sistematica la trasmissione delle risoluzioni parlamentari al Consiglio europeo (solo il 22% delle risoluzioni dirette al Consiglio è stata correttamente sottoposta). Il secondo miglioramento riguarda un uso più frequente delle risoluzioni sulle conclusioni del Consiglio europeo (nel periodo 2019-2024 le risoluzioni del PE sono state utilizzate solo due volte per delineare la posizione del Parlamento prima di una riunione del Consiglio europeo o per commentare le conclusioni consiliari. Elaborare messaggi più precisi al Consiglio europeo
Infine, il Parlamento potrebbe elaborare messaggi più precisi al Consiglio europeo specificando, ad esempio, quali strumenti ritiene necessari per rafforzare i poteri di controllo sul Consiglio europeo.
Finora le relazioni tra il Parlamento e il Consiglio europeo sono state una questione di prassi piuttosto che di accordi formali. Tuttavia, già nel 2009 il Parlamento aveva suggerito che le sue relazioni con il Consiglio europeo potessero essere formalizzate in un accordo istituzionale, che avrebbe specificato chiaramente i diritti e i doveri reciproci e delineato ciò che il Parlamento può aspettarsi dal Consiglio europeo. Una nuova spinta da parte del neoeletto Parlamento verso un accordo di questo tipo potrebbe offrire l’opportunità di riunire tutte le richieste attualmente diffuse nelle varie risoluzioni, rendendo più chiara la posizione del Parlamento.
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