Giorgetti. “Valutare tassazione delle Casse al 20%”

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Si è tenuta, nei giorni scorsi, l’audizione del Ministro del Mef, Giancarlo Giorgetti, presso la Commissione bicamerale di controllo.

Tema al centro del dibattito la previdenza, sia di primo pilastro sia complementare, e non poteva mancare, quindi, un lungo focus sulle Casse di previdenza private e privatizzate.

Il Ministro ha sottolineando come “gli Enti di previdenza privati abbiano piena autonomia gestionale del proprio patrimonio immobiliare e mobiliare ai fini del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario” e “questo sia indirizzato verso il contenimento il rischio e  la tutela degli interessi previdenziali e assistenziali degli iscritti, assicurando così la sostenibilità finanziaria delle prestazioni istituzionali”.

Giorgetti, nel suo intervento, ha evidenziato come le prestazioni previdenziali, dovute per la natura obbligatoria della contribuzione degli aderenti, “comportano una sorta di garanzia a carico del bilancio dello Stato. Questo perché, per espressa previsione di legge, tali prestazioni non beneficiano di finanziamenti pubblici o di altri ausili finanziari di carattere pubblico”.

Per questo “gli enti previdenziali hanno più volte richiesto l’esclusione dal conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, hanno più volte richiesto l’esclusione dal conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche. Tuttavia, l’Istat, applicando i criteri di classificazione adottati da Eurostat che tengono conto anche dell’esercizio di un potere di direzione e controllo da parte dello Stato o di altri enti pubblici, ha costantemente ritenuto la richiesta priva di fondamento”.

E sul Patrimonio, il Ministro  ha affermato che “gli Enti di previdenza e i fondi pensione gestiscono una parte importante del risparmio italiano, un asset da tutelare e utilizzare per lo sviluppo complessivo del sistema- Paese. Ha sottolineato che l’ordinamento fiscale italiano già prevede incentivi agli investimenti nell’economia reale, sia per le forme di previdenza complementare che per gli enti di previdenza obbligatoria”.

Ha specificato che “la disposizione prevista dall’articolo uno, commi da 88 e 95-quater della legge 11 dicembre 2016, n. 232, prevede un’esenzione dei redditi in natura finanziaria derivante da determinati investimenti qualificati che tali soggetti possono effettuare nel limite del 10% dell’attivo patrimoniale risultante dall’ultimo rendiconto. Nell’ambito italiano, le Casse previdenziali di fondi pensioni possono altresì investire nei piani di risparmio a lungo termine, i cosiddetti PIR”.

Sebbene l’impiego delle risorse di enti e fondi nel sistema Italia sia nel complesso positivo, ha dichiarato che “non si può negare l’esistenza di spazi di miglioramento. In tale contesto va considerata anche l’attuazione della legge delega di riforma fiscale (legge 111/2023), nell’ambito della quale si potrebbe valutare l’introduzione di una imposizione sostitutiva agevolata anche per quegli enti previdenziali, ad esempio pari a quella prevista per i rendimenti del fondo pensione attualmente al 20%”.

“Si potrebbe inoltre valutare un intervento per trattare in maniera diversa chi investe in capitali pazienti nel sistema-Paese”.

Ha evidenziato che gli enti previdenziali che assicurano il trattamento pensionistico di primo pilastro sono stati oggetto di diversi interventi normativi finalizzati sia a garantire la sostenibilità finanziaria sia a rafforzare la vigilanza sulle loro gestioni. In particolare, il decreto legge 201/2011 ha previsto l’adozione di misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spese per le prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti a un arco temporale di 50 anni da sottoporre all’approvazione di MEF e Ministero del lavoro, con l’intento di garantire un saldo previdenziale positivo nel corso degli anni. Il decreto-legge 98/2011 ha invece introdotto una disciplina che mira a rafforzare i controlli sugli investimenti mobiliari e immobiliari degli enti previdenziali di diritto privato.

Ed infine, come annunciato da anni, il Numero uno del Ministero dell’Economia e delle finanze ha parlato dell’articolo 14, comma 3 che ha previsto l’emanazione da parte del MEF, in concerto con il Ministero del lavoro e sentita la COVIP, di un decreto in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali, dei conflitti di interesse e di soggetto depositario per coniugare l’autonomia degli enti previdenziali e la loro natura di soggetti privati con le esigenze di un’attività di indirizzo e controllo pubblico derivanti dalle funzioni istituzionali.

Tale disposizione è stata successivamente modificata dall’articolo 1, 4 comma 311 della legge 197/2022 (Legge di bilancio 2023): essa ha stabilito che le disposizioni del decreto costituiscono linee guida che gli enti previdenziali sono tenuti a recepire nei propri regolamenti da sottoporre all’approvazione dei Ministri dell’economia e del lavoro.

“Lo schema di decreto – il cui invio al Consiglio di Stato è imminente – intende orientare l’attività di investimento verso un’adeguata strategia di diversificazione del patrimonio”.

Le strategie d’investimento dovranno inoltre privilegiare strumenti negoziati nei mercati regolamentati; investimenti in beni diversi, ad esempio immobiliari, saranno ammessi purché coerenti con la politica d’investimento dell’ente e indicati nei piani triennali d’investimento del patrimonio immobiliare sottoposti ai ministeri vigilanti.

La tutela degli interessi degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche rappresenta un aspetto centrale della nuova disciplina che introdurrà disposizioni sia in materia d’incompatibilità sia nella gestione dei conflitti d’interesse.

Il rispetto della trasparenza sarà assicurato da specifici obblighi di referto e pubblicazione secondo una logica d’accountability basata sul controllo diffuso da parte degli iscritti e dei beneficiari delle prestazioni.