
L’Unione europea ha individuato i primi 47 progetti strategici e tra questi 4 sono italiani. L’obiettivo è quello fissato dal Critical Raw Material Act: entro il 2030, l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio delle materie prime critiche in Europa dovrà soddisfare rispettivamente il 10, il 40 e il 25 per cento della domanda dell’Ue.
E tra questi ben 4 sono targati Italia. Tutti riguardano l’attività di riciclaggio.
E se per il vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega all’Industria, Stéphane Séjourné “Non ci sono abbastanza miniere in Europa. Dobbiamo aprirne di più” è chiaro che i Paesi messi sotto la lente di ingrandimento sono proprio quelli che possono “garantire” litio, rame, tungsteno. Vedila Penisola Iberica.
25 progetti, quindi, riguardano attività di estrazione, 24 progetti comprendono la lavorazione, 10 di riciclaggio e 2 di sostituzione di materie prime.
Come dicevamo, quasi tutti i progetti sono indirizzari alle materie prime critiche indicate lo scorso anno dalla Commissione europea. Più di tutti, saranno interessati il litio (22 progetti), il nichel (12), la grafite (11), il cobalto (10) e il manganese (7), di modo da rafforzare soprattutto la catena del valore delle materie prime per le batterie dell’Ue. I progetti su magnesio e tungsteno vanno visti nell’ottica del nuovo impulso sull’industria della difesa, che si basa sull’uso di questi materiali.
Il tutto con un investimento complessivo di 22,5 miliardi di euro.
“All‘inizio delle nostre catene di approvvigionamento più strategiche ci sono le materie prime. Sono anche indispensabili per la decarbonizzazione del nostro continente. Ma attualmente – ha ribadito Séjourné. –l‘Europa dipende dai paesi terzi per molte delle materie prime di cui ha più bisogno. Dobbiamo aumentare la nostra produzione, diversificare il nostro approvvigionamento esterno e fare scorte. Oggi abbiamo identificato 47 nuovi progetti strategici che, per la prima volta, ci aiuteranno a garantire il nostro approvvigionamento interno di materie prime. Questo è un momento fondamentale per la sovranità europea come potenza industriale”.
Per diventare operativi, questi progetti potranno beneficiare di un sostegno coordinato da parte della Commissione, degli Stati membri e delle istituzioni finanziarie, in particolare per quanto riguarda l‘accesso ai finanziamenti e il sostegno per entrare in contatto con i pertinenti acquirenti.
Esse beneficeranno inoltre di disposizioni semplificate in materia di autorizzazioni, al fine di garantire la prevedibilità per i promotori dei progetti, salvaguardando nel contempo le norme ambientali, sociali e di governance.
In linea con il CRMA, il processo di rilascio delle autorizzazioni non supererà i 27 mesi per i progetti di estrazione e i 15 mesi per gli altri progetti. Attualmente, i processi di autorizzazione possono durare da cinque a 10 anni.
I progetti selezionati rispondono a quattro criteri: contribuiscono alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’Ue, rispettano i criteri ambientali, sociali e di governance e sono tecnicamente fattibili. Mentre i progetti nei Paesi membri dovevano essere in grado di dimostrare “chiari vantaggi transfrontalieri”, per quelli extra-Ue valeva il principio di dover “portare valore” sia nel Paese che ospita il progetto che per l’Ue.
Il vicepresidente esecutivo Ue ha inoltre annunciato che entro la fine del 2026 Bruxelles lancerà un centro comune d’acquisto sulle materie prime, per poter fare acquisti congiunti e a 27 “un po’ sul modello che abbiamo usato per i vaccini ai tempi del Covid”.