Libere professioniste, il ritorno in patria e la maternità

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La lavoratrice libera professionista che rientra in Italia dopo un periodo di studio o di lavoro all’estero e che utilizza gli incentivi fiscali messi in campo per “per l’attrazione di capitale umano in Italia” arginando il fenomeno della “fuga di cervelli” ha diritto comunque all’indennità prevista per la maternità delle lavoratrici dipendenti, ossia l’80% del reddito per cinque mesi. Non viene quindi parametrata all’imponibile fiscale (abbattuto in virtù delle misure per impatriati) ma al reddito percepito.

La precisazione arriva dal Ministero del Lavoro, che con interpello 7/2018 cambia di fatto l’interpretazione precedentemente fornita lo scorso 29 maggio, rispondendo a una domanda analoga.

Il chiarimento riguarda l’articolo 70, comma 2, del dlgs 151/2001, in base al quale la lavoratrice avrebbe diritto all’indennità di maternità nella misura dell’80%: del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo nel secondo anno precedente a quello dell’evento. Fra l’altro, il reddito effettivamente percepito e denunciato continua a costituire la base imponibile per il versamento dei contributi di previdenza obbligatoria.

Il quesito, formulato da Inarcassa, riguardava l’applicazione delle agevolazioni sul rientro dei cervelli, previste dalla legge 238/2010 e dal dlgs 147/2015. La prima norma citata prevede che l’imponibile fiscale delle professioniste che rientrano dall’estero si riduca del 30%, mentre la seconda norma istituisce uno sgravio al 50%.

In entrambi i casi, il Ministero chiarisce che la ratio della norma è quella “di contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate dai cittadini dell’Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia e che decidano di farvi ritorno”.

Non avrebbe senso, di conseguenza, istituire una penalizzazione per la lavoratrice madre, la quale, di conseguenza, continua ad aver diritto alla parametrazione dell’indennità di maternità al reddito pieno, “proprio al fine di realizzare le tutele individuate dal legislatore.

“Considerare quale base imponibile ai fini previdenziali il reddito abbattuto ai fini fiscali, la professionista che goda dei suddetti incentivi verrebbe a maturare, in corrispondenza, prestazioni pensionistiche proporzionalmente ridotte, senza in definitiva fruire di alcun beneficio”.

 E la stessa considerazione si applica alla fruizione dell’indennità di maternità che dura cinque mesi analogamente a quella per le lavoratrici dipendenti.