I mali dell’Italia. Per l’UE: debito, perdita di competitività e l’attuale sistema bancario

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Lo afferma l’Unione europea che, dopo un attento esame, rende pubblico il “DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE. Esame approfondito per l’ITALIA a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (il testo integrale nella sezione normativa europea). Una lunga relazione che se da una parte contiene l’analisi macroeconomica del nostro Paese dall’altro individua una serie di “suggerimenti” alla politica per uscire fuori dal tunnel.

Il gap è sicuramente costituito, si legge nel documento:  dall’elevato debito pubblico che continua a pesare notevolmente sull’economia italiana, specialmente a fronte della persistente lentezza della crescita, ed è una fonte importante di vulnerabilità. Nel corso degli ultimi due anni il circolo vizioso tra debito elevato e crescita modesta ha accresciuto le preoccupazioni degli investitori sulla sostenibilità dell’elevato debito dell’Italia. Inoltre, a causa dell’elevata esposizione delle banche al debito pubblico e della forte frammentazione del mercato finanziario della zona euro lungo le frontiere nazionali, si sono aggravati i problemi di finanziamento del settore bancario. Di conseguenza, il governo ha intrapreso un notevole sforzo di risanamento, che ha comportato notevoli costi economici a breve termine, dato l’aumento della pressione fiscale e la compressione della spesa. Le misure adottate hanno chiaramente contribuito a ridurre i costi di finanziamento della pubblica amministrazione a partire dalla seconda metà del 2012.

Poi c’è il problema della mancanza di competitività salariale. Nella nota si legge: Il persistere di una crescita lenta della produttività, in particolare della produttività totale dei fattori, rappresenta da molti anni uno degli ostacoli principali alla crescita economica complessiva. Il ristagno della crescita della produttività non ha trovato pienamente riscontro nella dinamica salariale: la competitività di costo dell’Italia è peggiorata, come testimonia l’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) rispetto ad altri paesi.

A causa della recessione a doppia v che ha accresciuto il rischio di credito nel settore privato, le banche italiane si sono ritrovate con un ingente stock di crediti in sofferenza, principalmente nei confronti delle imprese private. In combinazione con la debolezza della domanda di credito, questa situazione ha portato ad una protratta contrazione del credito, mentre il costo medio dei nuovi crediti rimane elevato, nonostante la politica monetaria accomodante nella zona euro. Il basso livello dei margini netti di interesse, gli accantonamenti crescenti a copertura dei crediti in sofferenza e la bassa efficienza di costo costituiscono fattori di freno della redditività delle banche italiane.

Cosa fare? Ecco i suggerimenti della Commissione. I segnali microeconomici, si legge nel documento, indicano che il ristagno della crescita della produttività totale dei fattori, che è all’origine dei pessimi risultati dell’Italia in termini di produttività, è fortemente correlato all’incapacità di molte imprese italiane di crescere e operare sui mercati internazionali. All’origine del problema sono gli ostacoli istituzionali e normativi alla crescita delle imprese, le caratteristiche strutturali delle imprese italiane e gli elevati costi dell’attività d’impresa. L’eliminazione di questi ostacoli e la creazione di un contesto più favorevole all’attività d’impresa stimolerebbero la creazione di imprese e promuoverebbero il miglioramento della competitività esterna. Se attuate integralmente, le misure adottate di recente per affrontare le carenze strutturali di lunga data dell’Italia favorirebbero la crescita della produttività, contribuendo in tal modo a ripristinare la competitività.

Dalla fine del 2011 l’Italia ha attuato una strategia di risanamento di bilancio e di riforme strutturali con l’obiettivo rispettivo di porre il rapporto debito pubblico/PIL su un percorso discendente e di rafforzare il potenziale di crescita dell’economia. Affrontando le asimmetrie esistenti della legislazione a tutela del lavoro, prevedendo allo stesso tempo una migliore disciplina della flessibilità all’ingresso e avanzando verso una rete di sicurezza sociale più integrata, la riforma del mercato del lavoro del giugno 2012 potrebbe contribuire a ridurre la segmentazione del mercato del lavoro e a migliorare la crescita della produttività. Il recente accordo tra le parti sociali potrebbe contribuire ad un migliore allineamento dei salari e della produttività a livello settoriale e a livello aziendale.

Sfide che sono state già sottolineate nella quarta raccomandazione specifica per l’Italia nel quadro del semestre europeo 2012. Al Paese rispondere.