Giovani sempre più disoccupati e pronti ad espatriare

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In Europa sono 5 milioni di giovani disoccupati, è il dato pubblicato da Eurostat che se da una parte fa sentire meno sola l’Italia dall’altra fotografa una situazione che va oltre l’allarme. La disoccupazione degli under 40 sembra essere diventata una situazione incancrenita e se la confrontiamo con i dati sui redditi forniti dall’Istat diventa chiaro come non confortino i pochi spiragli di ripresa annunciati nei giorni scorsi. Per l’Istituto di ricerca, infatti, oltre il 50% dei lavoratori autonomi guadagna 15mila euro lori all’anno che tradotto significa essere sulla soglia della povertà.
Una situazione che l’AdEPP denuncia da tempo. Anche nell’ultimo focus sui redditi pubblicato nel IV report  oltre ad essere messo nero su bianco il calo subito dai liberi professionisti che per alcune categorie ha toccato punte del 40% viene ben tracciato il “mondo giovani”. La difficoltà a percepire uno stipendio degno di essere chiamato tale, il gender pay gap che resta una delle spine nel fianco del Bel Paese e l’ostinato ottimismo di credere in una professione, sono solo alcuni dei temi trattati nella ricerca.
Ed oggi, a tutto questo, si aggiungono i dati  pubblicati dallo stesso Ministero del Lavoro sulla “Garanzia giovani”: i giovani registrati rappresentano il 22,8% del bacino potenziale di beneficiari e i posti di lavoro resi disponibili sono sufficienti a coprire solo l’11% degli iscritti. Non resta che emigrare come chiede la stessa Europa che sottolinea come ogni Stato dovrebbe incentivare la mobilità dei giovani dai Paesi in crisi verso quelli capaci di offrire loro opportunità adeguate nel breve periodo. E se le nostre aziende non sembrano essere pronte ad accoglierli, i giovani dimostrano invece di essere pronti. Ce lo dice l’ultima ricerca dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). L’incremento di espatri fra il 2012 e il 2013 è stato superiore al 70%. Fra chi lascia il Paese, più della metà è under-40; a giocarsi il primo posto di mete preferite sono l’Inghilterra e la Germania.
Saprà il Paese mettere in campo quelle politiche di sviluppo del lavoro necessarie per riaccoglierli e mettere a frutto, quindi, quel capitale umano carico di esperienze e formazione?