Aspettativa di vita. Arriva il primo segno negativo

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A dare la brutta notizia è l’ultimo rapporto elaborato dall’ Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha lo scopo di monitorare, secondo criteri di scientificità, l’impatto dei determinanti organizzativi e gestionali su cui si fondano attualmente i Sistemi Sanitari Regionali e trasferire i risultati della ricerca ai responsabili regionali, aziendali e alla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Ma torniamo ai dati. La speranza di vita alla nascita, nel 2015 (dati provvisori), è pari a 80,7 anni per gli uomini ed a 85,2 anni per le donne (valore nazionale: uomini 80,1 anni e donne 84,7 anni). E soprattutto la salute non è donna, non in Campania. L’arretramento della speranza di vita che si è registrato in Italia nel 2015 fa registrare un picco proprio tra le persone di genere femminile della Campania, con un arretramento di 0,4 anni: in pratica cinque mesi di vita in meno. I maschi, nello stesso periodo, hanno visto sfumare solo 2 mesi e mezzo di vita media.

Secondo Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore sanità e direttore dell’Osservatorio sulla salute nelle Regioni, il fenomeno della diminuzione dell’aspettativa di vita «ha pochissimi precedenti nel mondo occidentale. L’unico in un paese democratico è la Danimarca 21 anni fa, e invece per un paese che veniva da un regime totalitario è successo in Russia dopo la caduta del comunismo. L’insegnamento danese è stato che, visto il segnale d’allarme, ci sono stati massicci investimenti in prevenzione, sui giovani, sulle donne, sul contrasto ai fattori di rischio, come il fumo, l’alcol e la sedentarietà, e questo ha avuto dei risultati incredibili. Noi stiamo cominciando a vedere un segnale d’allarme, speriamo che il trend possa essere immediatamente invertito”.

Cosa fare allora? La parola magica è appunto “prevenzione”.

«Oggi i cittadini di Campania e Sicilia hanno un’aspettativa di quattro anni in meno di vita rispetto a chi vive nelle Marche o in Trentino. Abbiamo perso in 15 anni i vantaggi acquisiti in quaranta. E se è vero che l’Italia ha uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, questo vale però solo per una minoranza di italiani. Vi pare normale che siamo l’ultimo paese al mondo? Vi pare normale che i nostri anziani di fatto non facciano prevenzione – ha affermato Ricciardi durante la presentazione della ricerca – quando i canadesi ci hanno dimostrato che sugli anziani è cruciale, che non li devi far arrivate alla disabilità e devi intervenire prima. Queste sono le grandi sfide che ci aspettano, il ministro ce la mette tutta ma noi abbiano una sanità frammentata per cui certe Regioni sono all’avanguardia e queste cose le fanno, altre no. Si prenda il caso dello screening per il colon retto, vi pare normale che ci siano Regioni meridionali in cui non è ancora partito, in cui ci sono zero cittadini protetti?”

“Abbiamo un aumento di incidenza dei tumori prevenibili – commenta Alessandro Solipaca, segretario scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane – soprattutto mammella e polmone per le donne e colon retto per gli uomini. Ma quello che più colpisce del rapporto è il consolidamento delle diseguaglianze: abbiamo divari territoriali sempre più consistenti e le regioni del Sud, che hanno i finanziamenti pro capite più bassi per la spesa sanitaria, sono quelle che invece stanno peggio, in termini di mortalità e di speranza di vita, e dovrebbero avere più stanziamenti”.

Per il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, i dati del rapporto «sono da verificare».  Il ministro ha trasmesso lo studio alle direzioni competenti, quelle per la Programmazione e Prevenzione, per una verifica. “Qualora i dati risultassero effettivi – ha sottolineato il Ministro – ciò evidenzierebbe un concetto che sosteniamo da tempo, e cioè la necessità di investire di più in prevenzione, in tutte le Regioni, a partire però dai corretti stili di vita: mangiare in modo sano, evitare il consumo di alcol, no al fumo e alle sostanze stupefacenti, eseguire vaccinazioni e screening secondo i consigli della scienza».

Molti comunque i focus contenuti nel rapporto 2015, dall’alcool al fumo, dallo sport all’alimentazione, dall’uso degli antidepressivi al numero di suicidi che nel nostro Paese è purtroppo in aumento passando dai 7,23 casi su centomila del biennio 2008-2009 ai 7,99 del biennio 2011-12. Nel 78,4 per cento dei casi il suicida è uomo, e la tendenza aumenta con l’età. Percentuali più alte al nord. Sul fronte vaccini, tema che da mesi è origine di confronti e discussioni, non va certo meglio, in particolare per quanto riguarda l’antinfluenzale per gli over 65, scesa dal 63,4 al 49 per cento.

“Un meno 22,7 per cento che preoccupa – denuncia Solipaca – proprio perché gli anziani sono una delle fasce più a rischio complicanze. La copertura raggiunta è ben lontana sia dal 75 per cento, considerato il minimo dal piano nazionale prevenzione vaccinale, in accordo con l’Oms, sia dal 95 per cento, giudicato invece livello ottimale. E ci chiediamo quante di quelle 54.000 morti in più del 2015 siano legato proprio alle complicanze dell’influenza tra gli anziani”.