Dalla Ue la direttiva per l’equilirbio di genere. Nei CdA il 40% è donna

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E’ merito della presidenza maltese dell’UE se l’agenda del Consiglio ha ripreso la discussione sulla direttiva per l’equilibrio di genere nei CdA aziendali, interrotta a dicembre 2015.

La proposta di direttiva fissa l’obiettivo di una presenza pari ad almeno il 40% del genere sottorappresentato nei CdA delle Società quotate, al fine di affrontare il grave problema della scarsa partecipazione delle donne ai processi decisionali ai massimi livelli. Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro il 2022 e sarebbero escluse dal vincolo le piccole e medie imprese.

Le aziende, PMI escluse,  sarebbero tenute a impegnarsi per conseguire l’ambizioso traguardo anche introducendo apposite norme procedurali per la selezione e nomina dei membri non esecutivi dei CdA. Quelle che non raggiungessero tali  obiettivi nei tempi fissati dalla direttiva dovrebbero continuare ad applicare le procedure di selezione stabilite e chiarire quali misure hanno effettivamente intrapreso e intendono intraprendere per conseguirli. Per gli Stati membri che scelgono di applicare le medesime regole anche ai dirigenti esecutivi l’obiettivo percentuale generale è abbassato al 33%.

Sebbene in Europa vi sia un ampio consenso circa la necessità di migliorare l’equilibrio tra i sessi nei processi decisionali, i progressi sono lenti e disomogenei in tutta l’UE. Ad aprile 2016, nel complesso dell’Unione europea solo il 23% dei membri dei CdA delle maggiori società quotate in borsa e il 7% dei Presidenti dei CdA erano donne. La proposta di direttiva è sostenuta dalla maggioranza degli Stati membri, tra cui l’Italia, mentre altri paesi non sono in grado di sostenerla a causa di un supposto mancato rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Le Casse di previdenza dei professionisti non rientrano tra i soggetti tenuti ad adeguarsi alla normativa italiana sulle “quote rosa”, tuttavia, potrebbe essere utile avviare una riflessione che in chiave anticipatoria, rispetto alle sollecitazioni di livello europeo, si ponga l’obiettivo di un riequilibrio di genere nei consigli di amministrazione e rispecchi la femminilizzazione diffusa nel settore delle professioni.