Oliveti “In campo un Welfare pro-lavorativo”

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Lo sviluppo e la crescita non sono automatismi ma hanno bisogno di essere tenuti cuciti dal legame sociale. Sostenere le nostre platee oggi significa farle lavorare al meglio e nella migliore sicurezza e potenzialità possibile.

Non sarà un’impresa facile.

La pandemia da Covid-19 ha fatto irruzione nel presente aggiungendosi, sul piano locale e globale, come acceleratore alle sfide già note, che riassumo qui con tre “D”: Disruption tecnologica, Debiti pubblici in crescita, Demografia intesa come tendenza all’invecchiamento.

Il Covid-19 interviene con la sua ultima lettera, una quarta D.

Ha comportato un’accelerazione dirompente, che ha agito in termini negativi su una crisi economica e sociale già in atto, ma anche positivi confermando le potenzialità delle nuove frontiere della digitalizzazione.

Come Casse di previdenza siamo chiamate a interpretare e guidare questa trasformazione puntando prima di tutto a un cambiamento radicale di visione.

Se finora abbiamo sempre parlato di patto generazionale secondo la logica “chi lavora mantiene chi ha lavorato nell’aspettativa che chi verrà dopo farà lo stesso”, d’ora in poi dovremo modificarlo per costruire uno scambio tra generazioni in un sistema “scambiatore-circolare” di prossimità dove ognuno abbia interesse e convenienza a stare.

Questo significa che lo scambio deve essere esigibile immediatamente e non solo visibile in futuro.

La chiave per poterlo realizzare è un Welfare proattivo, nel senso di pro-lavorativo.

Continueremo cioè a garantire l’assistenza puntuale nelle situazioni di disagio e di bisogno, personali e familiari. Ma assicureremo anche un’assistenza focalizzata sulla capacità lavorativa del professionista, che definisco appunto pro-lavorativa, che va dal sostegno economico per rimettersi in carreggiata dopo un momento critico, fino all’assistenza strategica mirata alla pianificazione della carriera: studio, formazione, acquisizione di competenze specialistiche e momenti di passaggio lavorativo (cambio di attività, disoccupazione, ecc).

È un impegno che le Casse dovranno portare avanti di pari passo con l’affermazione di un’autonomia di filiera: autonomia per quanto riguarda la contribuzione, la gestione delle risorse, fino alle prestazioni e alla programmazione delle proprie attività.

Alla politica chiediamo una fiscalità uniforme a livello europeo, oltre che una fiscalità di scopo che possa dare gambe alla ripresa dei vari mercati professionali.

Chiediamo una razionalizzazione dei controlli, perché vigilare non significa limitare la capacità di agire bensì controllare che il percorso stia seguendo la traiettoria della finalità pubblica.

Inoltre, chiediamo di non restare vincolati alle riserve cinquantennali che sono anacronistiche e restringono il campo d’azione invece che allargarlo.

Fatichiamo poi ad accettare che ci venga chiesto di fare un salto innaturale e cioè di sostenere l’economia reale senza passare per il sostegno alla professione dei nostri iscritti.

In ultimo crediamo che la sacrosanta coesione sociale da perseguire passi anche per una nuova attenzione all’ecologia del mondo in cui viviamo.