Rapporto Cnel. “Solo il 42% degli italiani ha competenze digitali”

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“La pandemia ci ha insegnato che le infrastrutture e le competenze digitali sono indispensabili per tutte le attività sociali ed economiche: la scuola e l’università, innanzitutto, la sanità, i servizi pubblici e sociali, la logistica, i trasport”, così il presidente del CNEL, Tiziano Treu, presentando la Relazione annuale 2020 sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini.

“Lo smartworking o la dad ma anche le prime pratiche di telemedicina sono stati importantissimi per affrontare l’emergenza ma hanno fatto emergere anche il grande gap del nostro Paese. E rischiano di pesare enormemente se non si corre subito ai ripari. Se vogliamo ripartire velocemente dopo lo stop obbligato servono investimenti per favorire lo sviluppo delle reti e le infrastrutture digitali e per formare le competenze”.

E quale sia il punto focale su cui agire, Treu non ha dubbi “nel 1993 l’obiettivo era rispettare i parametri di Maastricht per entrare nella moneta unica, oggi vi è la necessità di puntare su una pubblica amministrazione efficiente per poter cogliere la grande occasione offerta dall’Europa di uscire dall’emergenza e rilanciare una nuova fase di sviluppo sostenibile. Un cambio di approccio nel reclutamento dei dipendenti pubblici, che utilizzi a pieno le potenzialità delle tecnologie digitali (portale unico per le assunzioni), che permetta alle pubbliche amministrazioni di dotarsi di competenze, specie tecniche e gestionali, necessarie per svolgere i nuovi compiti, e che favorisca l’ingresso di nuove generazioni di lavoratori nel sistema pubblico; l’introduzione anche nel pubblico di un diritto-dovere soggettivo alla formazione, con la messa a disposizione delle risorse necessarie; infine, ma non per rilevanza, il rilancio della contrattazione decentrata come strumento di innovazione e di valorizzazione del lavoro pubblico, ove poter svolgere analisi condivise sull’organizzazione del lavoro, valutare oggettivamente la produttività, innovare i sistemi premianti, rivedere gli inquadramenti professionali e gestire la flessibilità organizzativa necessaria per rispondere con rapidità alle esigenze dei cittadini e delle imprese.”

I DATI

Dal rapporto emerge che “Solo il 42% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base. Inoltre, la percentuale di specialisti ICT in Italia è ancora al di sotto della media UE, così come la quota di laureati nel settore ICT, che registra un valore pari all’1% contro una media europea di 3,6%, La mancanza di risorse finanziarie rappresenta l’ostacolo più importante al processo di digitalizzazione. Seguono fattori strettamente legati all’implementa-zione delle tecnologie ICT, come la mancanza di adeguata formazione, di uno staff qualificato e le problematiche connesse ai costi di tali tecnologie”.

“Sui servizi pubblici l’Italia è caratterizzata da un basso livello di penetrazione tra i più bassi d’Europa (25%) e da un livello medio-basso di digitalizzazione, mantenendo un andamento costante rispetto al Report del 2019. Pertanto, l’Italia è a limite dello scenario non-consolidated e-Gov, uno scenario in cui i paesi non sfruttano appieno l’opportunità fornita dalle tecnologie digitali.

Le tecnologie digitali hanno assunto un ruolo strategico nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, rappresentando in molti ambiti e contesti l’unica soluzione per la tenuta e la prosecuzione delle attività quotidiane.

Lo smart working, la telemedicina, la didattica online, le riunioni in video conferenza degli organi di governo centrali e locali, sono solo alcuni degli strumenti messi in atto in questi mesi per arginare la diffusione del virus e consentire allo stesso tempo la continuazione di attività che richiamano alcuni dei diritti fondamentali alla base delle nostre democrazie e istituzioni. Se prima della pandemia l’e-government o il più avanzato concetto di e-governance rappresentavano una sfida evolutiva per le amministrazioni centrali e locali, oggi costituiscono spesso l’unica soluzione da attuare per gestire una situazione che oltretutto si inserisce in un contesto internazionale di quotidiana emergenza – si legge ancora nella Relazione CNEL – Se il web ormai ha livelli di diffusione elevatissimi per l’informazione di base, resta poco utilizzato per i servizi pubblici.

Meno di una istituzione su due (41,9%) dichiara di utilizzare Internet e solo gli organi di governo centrale, nelle Università pubbliche e nelle Regioni vanno di pari passo alla diffusione del web. Nonostante ciò, i social costituiscono quasi ovunque la seconda tecnologia più utilizzata dopo internet.

Per quanto riguarda invece la copertura VHCN, l’Italia ha accelerato il ritmo di diffusione della fibra ma resta ancora indietro rispetto alla media UE del 44%”.