Per la Cassa di previdenza presieduta da Luigi Pagliuca “il Pnrr è un’occasione irripetibile per ridurre il gender gap: solo il 3,5% delle donne tra i lavoratori autonomi epure cresce il numero delle giovani professioniste: il futuro è in zona rosa”.
Al centro delle riflessioni dei partecipanti dell’ultimo evento, in ordine cronologico, organizzato dalla Cassa dei ragionieri, il gender gap che vede le donne manager guadagnare un quinto dello stipendio medio dei loro colleghi maschi, e buste paga ridotte del 9 per cento alle lavoratrici di aziende private e autonome rispetto ai loro pari grado di sesso maschile. Con il più basso tasso occupazionale d’Europa nella fascia d’età 16-64 anni (solo il 52% risultano essere occupate)”.
Paolo Longoni, consigliere d’amministrazione della Cnpr, ha tracciato un quadro preciso del fenomeno visto nell’ottica delle professioni: “Uno studio autorevole rileva come per arrivare alla completa parità tra generi occorreranno almeno 60 anni. Un dato sul quale riflettere e intervenire. Nel mondo delle libere professioni e della previdenza mediamente la differenza tra iscritti uomini e donne è in rapporto 70 a 30. Con punte a favore di iscritte solo in 3 ordini: infermieri, biologi e psicologi. Ma tra gli ingegneri, ad esempio, non si arriva nemmeno al 20 di iscritte. Tra i giovani commercialisti, sotto 45 anni, sono il 40 per cento le donne e tra gli esperti contabili si registra una crescita esponenziale di nuove iscritte”.
“L’auspicio – ha concluso Longoni – è che la smettiamo di stupirci quando una posizione importante viene ricoperta da donna e continuiamo ad offrire opportunità alle donne. Che, per inciso, sono più brave degli uomini, specie nelle professioni autonome”.
“Il Pnrr è un’occasione unica per ridurre le diseguaglianze di genere nel nostro Paese – afferma Stefania Ascari (M5s in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati) – e su questo punto un passo in avanti importante è stato fatto con la ricezione, da parte di tutte le Commissioni parlamentari, della proposta formulata dall’intergruppo sulle Pari opportunità sulla necessità di prevedere per ciascun ambito di competenza l’investimento di risorse per la parità di genere”.
“Accanto a questo – prosegue Ascari – voglio segnalare l’importanza del lavoro svolto finora sul tema della prevenzione della violenza di genere e della tutela dei minori. Due aspetti che, inevitabilmente, risultano riflettersi sulla possibilità per la donna di trovare occupazione e poterla mantenere”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Donatella Conzatti (Iv), segretaria della Commissione Bilancio del Senato: “La parità di genere deve essere uno dei grandi obiettivi trasversali del Pnrr che deve riguardare ogni singola misura. Serve un sistema integrato che coinvolga tutti i piani per la riduzione degli enormi squilibri economici partendo da un presupposto tanto semplice quanto veritiero: Il Pil dell’Italia cresce solo se si creano opportunità per le donne e per i giovani”.
“All’interno del Piano ci sono le risorse per attivare asili nido in tutto il territorio nazionale – aggiunge Conzatti – e per prevedere incentivi e decontribuzione per le aziende che li assumono. Le risorse stanziate dall’Europa sono più che sufficienti per raggiungere questo traguardo. Adesso ciò che conta è portare a compimento un ventaglio di interventi integrati con altre misure, penso al family act per esempio, per ridisegnare un modello di società diversa. Più equa e in grado di garantire stessi diritti a tutti”.
Anche dall’opposizione arriva l’ok per intraprendere una strada comune alla luce delle opportunità contenute nel Pnrr, come sottolineato da Paola Frassinetti (FdI in Commissione Cultura a Montecitorio): “Ritengo che nel Piano si poteva fare di più per le donne. La pari opportunità sul lavoro tra uomini e donne è ancora lontana. Bisogna incentivare il lavoro femminile, a partire dall’estensione a tutte le aziende, di qualsiasi dimensione siano, degli incentivi previsti per chi assume donne vittime di violenza.
Nel periodo del Covid, con le scuole chiuse e la Dad, i genitori hanno dovuto farsi parte attiva vista l’insufficienza di misure come il bonus baby sitter e i congedi parentali. E molte donne hanno perso il lavoro per badare ai propri figli”.
L’impatto del Covid sull’occupazione femminile è stato evidenziato anche da Catia Polidori (Fi in Commissione Attività Produttive della Camera): “Il Pnrr arriva al momento giusto; quando più forte è il richiamo dell’Europa sull’adozione di misure efficaci contro le diseguaglianze di genere. E il ‘ferro deve essere battuto quando è caldo!’ Il Coronavirus ha messo in crisi il sistema di assistenza alle famiglie già molto debole. E le donne si sono trovate a dover prendere una scelta drammatica: quella tra il lavoro e la famiglia. Il risultato è stata la drastica riduzione di occupazione femminile, in particolare quella delle lavoratrici autonome oppure nel settore del commercio e dell’artigianato. Non hanno potuto contare su alcuna forma di assistenza e su nessuna garanzia e di fronte a queste difficoltà, molte di loro si sono viste costrette a chiudere i battenti. Per anni ci siamo adagiati sul comodo cuscinetto rappresentato dai nonni, che hanno svolto un ruolo fondamentale nel sostegno alle famiglie. Ma oggi non è più possibile andare avanti così. Servono sostegni strutturali per le donne lavoratrici, a partire dagli asili nido, per proseguire con il superamento dell’inaccettabile divario di genere”.
Secondo Angela Perrone (commercialista e revisore legale di Roma) “nel Pnrr è stato dato uno spazio ‘ad hoc’ al tema della riduzione delle diseguaglianze di genere. I dati dimostrano che è necessario mettere in atto una strategia per favorire e incentivare l’occupazione femminile”.
“Le risorse stanziate e gli interventi inseriti nel PNRR sono efficaci per distribuire in maniera più equa i carichi di cura e permettere una piena partecipazione delle donne al mondo del lavoro. In Italia – aggiunge – c’è da lavorare molto prima di raggiugere gli standard europei. La quota di lavoratori autonomi uominiè pari al 7,1 per cento degli occupati, quella delle lavoratrici autonome, invece, è solo al 3,5 per cento”