Silver economy. Gli anziani i più ottimisti

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È stato presentato, nei giorni scorsi,  l’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla silver economy dal titolo “La silver economy e le sue conseguenze nella società post Covid-19”. La ricerca evidenzia quali sono le conseguenze della pandemia anche per i più longevi, over 65 anni, se si è creato un divario tra giovani e anziani e come questi ultimi hanno reagito durante l’emergenza sociale, economica e sanitaria.

Tra gli obiettivi dell’Osservatorio, inoltre, quello di capire se oggi, nel post Covid-19, la silver economy rappresenti ancora una risorsa per la società, se dopo la crisi generata dalla diffusione del Coronavirus e i tre mesi di lockdown, la longevità attiva sia da considerarsi archiviata oppure se per gli anziani sia stata solo una terribile parentesi, che si può e si deve oltrepassare.

Anziani ancora protagonisti: il 32,8% è ottimista sul proprio futuro

Dal Rapporto emerge la conferma che i longevi sono il motore della vita collettiva, soggetto attivo ed economicamente forte della silver economy, vale a dire di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita e valori. Oggi, nella fase post-Covid-19, gli anziani guardano al proprio futuro e a quello della propria famiglia con meno pessimismo e più fiducia degli altri: il 32,8% si dice ottimista, contro il 10,4% dei millennial e il 18,1% degli adulti. Analogamente, i longevi sono anche i più positivi sulle chance di ripresa dell’Italia (20,9%), mentre crolla in questo caso la fiducia dei millennial (4,9%).

Frattura intergenerazionale nel post Covid-19 tra over 65 e giovani

La pandemia ha creato anche una spaccatura intergenerazionale: da una parte gli over 65, mediamente in buona salute, solidi economicamente, con vite appaganti e una riconosciuta utilità sociale, dall’altra i giovani. Un nuovo rancore sociale, alimentato e legittimato da una inedita voglia di preferenza generazionale nell’accesso alle risorse e ai servizi pubblici, legata alla visione del longevo come privilegiato dissipatore di risorse pubbliche. Ben 5 giovani su 10 in emergenza vogliono penalizzare gli anziani nell’accesso alle cure e nella competizione sulle risorse pubbliche. Più precisamente, il 49,3% dei millennial (il 39,2% nel totale della popolazione) ritiene che nell’emergenza sia giusto che i giovani siano curati prima degli anziani; inoltre il 35% dei giovani (il 26,9% nel totale della popolazione) è convinto che sia troppa la spesa pubblica per gli anziani, dalle pensioni alla salute, a danno dei giovani.

Con il lockdown anziani più fragili

Le conseguenze economiche della pandemia hanno coinvolto meno gli anziani: il 90,7% nel lockdown ha continuato a percepire gli stessi redditi, di contro troviamo i millennial con il 44,5% e gli adulti al 45%. Tuttavia, con le drastiche misure di confinamento adottate per arginare il contagio da Covid-19, sono aumentati per gli anziani i costi sociali e molti sono stati costretti a rinunciare alle abitudini quotidiane, agli incontri con amici e familiari (74,6%), ad andare dal parrucchiere, barbiere, estetista (50,7%), a fare passeggiate in centro o nei parchi urbani (46,8%), a partecipare a riti e cerimonie religiose (41,3%), viaggiare (38,3%), fare gite fuori porta (27,9%), andare al cinema, teatro, concerti (26,7%).

Il caso delle Residenze sanitarie per anziani

Da una indagine ISS (dati al 5 maggio 2020) sul settore e a cui ha risposto il 40% dell’universo di riferimento, si sono verificati 9.154 decessi, di cui il 41,2% con ospiti risultati positivi a Covid-19 o affetti da sintomi influenzali ad esso presumibilmente ascrivibili. Una tragedia annunciata visto che ben il 66,9% degli intervistati dice che era noto che molte strutture non garantivano agli ospiti adeguati standard di sicurezza e qualità della vita. 

Il virus non ha colpito solo gli anziani

Ma il Covid-19 non ha colpito solo gli anziani e i dati che emergono a livello geografico lo dimostrano. Infatti, nelle province con i più alti tassi di contagio l’incidenza degli anziani è contenuta, come accade a Cremona (1° per tasso di contagio, ma al 45° posto della graduatoria per anzianità) e Piacenza (rispettivamente al 2° e al 36° posto). Al contempo, la provincia di Savona (1° per anzianità) si colloca al 30° posto nella graduatoria per contagio, così come Biella (2° nella graduatoria per anzianità e 28° in quella per contagio). Il Rapporto, quindi, sembra smentire la relazione tra l’alta presenza di anziani e l’alta incidenza dei contagi.