Commercialisti e consulenti del lavoro. Sì alla digitalizzazione

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“Nel quadro del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, i professionisti svolgono un ruolo importantissimo, lo svolgono nella relazione con la Pubblica amministrazione e, in questo ambito, il processo di amministrazione della Pa si sta costruendo, in modo tale che possa esser un processo condiviso col mondo dei professionisti, e che possa pure supportare il loro lavoro” così .la sottosegretaria allo Sviluppo economico Anna Ascani, durante la presentazione del position paper  targato The European House – Ambrosetti, insieme a TeamSystem, dal titolo “L’evoluzione del ruolo di commercialisti e consulenti del lavoro nel processo di digitalizzazione del Paese”.

“Lo sviluppo tecnologico e i mutamenti economici e sociali che caratterizzano l’attuale periodo storico pongono imprese e professionisti di fronte a nuovi rischi e opportunità – scrivono i realizzatori della ricerca – Dall’ormai inarrestabile processo di digitalizzazione, fino alle riforme collegate all’attuazione del PNRR, il mondo delle libere professioni è uno dei settori direttamente interessato dai progressi in atto”.

Due gli elementi che vengono sottolineati nel position paper ossia “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) avrà un impatto significativo sul percorso di trasformazione digitale degli studi di commercialisti e consulenti del lavoro italiani” e “la dinamicità e l’interesse verso l’innovazione di una categoria fondamentale per l’economia italiana “

“La creazione di un mercato europeo dei dati e la piena valorizzazione della Data Economy – si legge nel report – sono gli ambiti che più impattano sui processi di digitalizzazione dei diversi settori economici, tra cui rientrano certamente sia la sfera pubblica che quella privata. Garantire la diffusa adozione del Cloud (che, di fatto, rappresenta la tecnologia abilitante la Data Economy) e la piena interoperabilità dei dati tra tutti i settori rappresentano i due passi fondamentali per rafforzare (e, in alcuni contesti, creare) la relazione tra i settori pubblico e privato, all’interno della quale i commercialisti e i consulenti di lavoro si pongono esattamente a metà, fungendo da intermediari e da facilitatori di questo rapporto. Non a caso, infatti, il Cloud è ritenuto oggi la tecnologia più significativa per lo sviluppo della propria professione da circa 1 Studio su 2, confermando, dunque, la sua rilevanza e pervasione in ogni ambito della società e dell’economia”.

Alcune evidenze

Secondo gli ultimi dati disponibili, la Data Economy vale in UE circa 443 miliardi di Euro, di cui oltre 126 miliardi di Euro (il 28,5% del totale) sono generati in Germania. Seguono Francia (63,6 miliardi di Euro, 14,4% del totale europeo) e Italia (46,9 miliardi di Euro, 10,6% del totale europeo).

Nei prossimi anni, inoltre, si prevede che il valore della Data Economy cresca a tassi sostenuti. La Commissione Europea stima un valore complessivo a livello UE pari a 604 miliardi di Euro al 2025 (+36,5% rispetto al 2021) e fino a 954 miliardi di Euro al 2030, registrando una crescita del +115% rispetto al valore del 2021.

La P.A. non è solo attualmente il 3° settore per valore generato della Data Economy, ma è anche il 2° per tasso di crescita al 2025, a cui seguono proprio i servizi professionali. I commercialisti e i consulenti del lavoro, dunque, dovranno essere in grado di adeguarsi costantemente alle evoluzioni tecnologiche e ai processi di digitalizzazione che caratterizzeranno le componenti del settore pubblico e del settore privato, attraverso una evoluzione della stessa professione e una relazione più ampia e a 360° gradi tra tutti gli stakeholder coinvolti.

 

I 9 messaggi chiave emersi dalla survey ai commercialisti e ai consulenti del lavoro

1. 1 studio su 2 si ritiene maturo digitalmente e l’auto percezione di maturità aumenta al diminuire del fatturato dello Studio;

2. L’85% dei rispondenti pensa che gli investimenti del PNRR impatteranno sul proprio Studio. Per 3 Studi su 4 (il 75%) il passaggio della P.A. ad un modello «once only» è l’investimento più rilevante per la loro professione, mentre quelli meno significativi sono legati all’interazione tra cittadino e P.A. (PagoPA e SPID);

3. Circa 1 Studio u 2 ritiene il Cloud la tecnologia più significativa per lo sviluppo della professione;

4. Negli ultimi 2 anni, il Cloud ha rappresentato il principale canale di investimento (57%), seguito da una maggiore interazione digitale con i clienti (45%);

5. La digitalizzazione ha permesso di ottenere benefici in termini di formazione (52%), tempo di lavoro (49%) e scambio dati (48%), ma i grandi Studi hanno ottenuto più benefici trasformativi sulle attività ad alto valore aggiunto, con effetti anche sull’incremento dei volumi di business;

6. Il 41% degli Studi ritiene che la digitalizzazione possa portare ad una evoluzione del ruolo del professionista a business partner e e i grandi Studi (fatturato >€1 mln) si definiscono i più «pronti» ad intraprendere questi processi evolutivi (47% vs 26% Studi con fatturato <250 mila euro);

7. Per oltre 1 Studio su 2 (53%) la disponibilità di soluzioni plug&play rappresenta il supporto più utile alla digitalizzazione dello Studio, ma per i grandi Studi il supporto più utile è rappresentato dalla semplificazione dei meccanismi di compliance (59% vs 36% piccoli Studi);

8. Circa il 30% degli Studi si ritiene consapevole rispetto ai temi di sostenibilità e investimenti ESG e 1 grande Studio su 2 (47%) si ritiene pronto a guidare le scelte di investimento dei clienti (vs 20% dei piccoli Studi);

9. La priorità principale per gli Studi all’interno della riforma fiscale è l’eliminazione del «doppio binario» per i redditi di impresa (38%), seguita dalla costituzionalizzazione dello Statuto dei contribuenti (35%).