Dall’Eppi oltre 86 milioni di euro per l’adeguatezza delle pensioni

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L’EPPI, l’Ente di previdenza dei periti industriali, incassa tre approvazioni ministeriali che valgono 86,8 milioni di euro, destinati all’adeguatezza delle future pensioni dei professionisti iscritti. Salgono così a 320 milioni le risorse riversate dall’Ente sui montanti contributivi dal 2014 ad oggi. Una serie storica di provvedimenti di maggiori riconoscimenti che si allunga ulteriormente, grazie alle ultime tre convalide trasmesse questo mese dai Dicasteri del Lavoro e dell’Economia.

Queste nuove risorse sono caricate nelle “casseforti previdenziali” della platea dei circa 13.000 periti industriali: ciascun professionista iscritto all’Ente, può verificarlo sin da oggi nella propria area riservata, esplorando, tra le altre, la funzione “Analisi del mio montante”.

Tre provvedimenti, quindi, la cui approvazione è stata comunicata all’EPPI nel giro di pochi giorni, con significative motivazioni.

Il primo provvedimento del Consiglio di Amministrazione dell’EPPI approvato ha permesso di distribuire 37,6 milioni di euro sui montanti contributivi, riconoscendo la possibilità all’Ente di rivalutare i montanti individuali con tassi superiori a quelli di legge per ben quattro annualità, dal 2017 al 2020 compresi. Obbiettivo conseguito grazie ai positivi risultati della gestione finanziaria nel quadriennio 2017-2020, consentendo di migliorare per ciascun dei quattro anni il tasso di rivalutazione di un ulteriore 1%.

Il secondo semaforo verde, della portata di 31 milioni di euro, ha riguardato invece la destinazione dell’80% del contributo integrativo dovuto dagli iscritti per l’anno 2021 – quello aggiunto in fattura dal professionista e a carico del cliente – che l’Ente di previdenza privato di riferimento categoriale riceve, in particolare, a sostegno delle spese di funzionamento e di gestione e per l’attività di assistenza.

Il terzo provvedimento approvato ha, infine, convalidato la maggiore rivalutazione, per l’anno 2021, dei montanti contributivi dell’1,7% rispetto al tasso di legge pari al – 0,0215%, assicurando così una rivalutazione positiva di oltre 18 milioni di euro, e scongiurando l’ipotesi di dove recuperare nel 2022 il differenziale negativo così come previsto dal decreto legge n. 65 del 21 maggio 2015.

Tre provvedimenti, assunti in meno di due anni dal Consiglio di Amministrazione dell’EPPI e rapidamente sbloccati dai dicasteri vigilanti, che liberano più di 86 milioni di euro a beneficio di un più adeguato futuro in quiescenza dei professionisti periti industriali.

“Il successo di questa operazione – commenta il Presidente dell’EPPI Paolo Bernasconi – è un risultato di lungo periodo, che non mancheremo di riproporre nei prossimi anni. Stiamo cercando di interpretare al meglio le opportunità che offre il sistema previdenziale di metodo contributivo; saper mantenere gli attuali livelli di sostenibilità gestionale, contribuendo all’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche dei nostri colleghi iscritti è la vera sfida che abbiamo di fronte. Il nostro impegno proseguirà su questa direttrice, attraverso una gestione sempre oculata e prudente delle risorse, a garanzia di adeguate pensioni e sostenendo la vita privata e professionale degli iscritti con sussidi economici, assistenza sanitaria ed un sistema di welfare che risponda alle loro reali esigenze. In questi ultimi 10 anni abbiamo deliberato la retrocessione agli iscritti di oltre 320 milioni di euro, quindi 32 milioni all’anno, in pratica abbiamo ogni anno restituito il contributo integrativo. Questi provvedimenti, insieme all’innalzamento dell’aliquota del contributo soggettivo dal 10 al 18%, hanno consentito di raddoppiare il tasso di sostituzione dal 20 al 40%”.

Un’ulteriore buona notizia per i periti industriali e la loro previdenza viene dai dati reddituali recentemente presentanti dal 93% degli iscritti all’EPPI, che descrivono una professione sana e profittevole: nel 2022, infatti, in termini assoluti, il libero professionista perito industriale ha dichiarato all’Ente di aver aumentato in media il proprio reddito del 23,2% rispetto al 2021. Una professione in crescita, soprattutto per gli iscritti tra i 31 e 40 anni, il cui reddito medio è aumentato del 37% rispetto al 2021, con dichiarazioni per il 2022 che superano i 59mila euro, valore più che doppio rispetto al 2020. Altro dato notabile riguarda le professioniste, storicamente in forte minoranza nella categoria dei periti industriali: il reddito medio per le colleghe iscritte all’Ente è passato da poco più di 30mila euro del 2021, a quasi 40mila euro nel 2022, un incremento del 29%, che supera in termini medi il dato raggiunto dall’intera platea (+23,2%).

Tali incrementi reddituali hanno permesso una maggiore capacità contributiva previdenziale da parte del libero professionista iscritto, che negli ultimi anni ha scelto di versare oltre l’aliquota di base obbligatoria, in EPPI pari al 18%. D’altro lato, le approvazioni ministeriali intervenute certificano la sostenibile gestione della Cassa, l’attenzione verso il futuro previdenziale degli iscritti, sapendo garantire al contempo sostegni a beneficio della salute, della famiglia e del lavoro del professionista.

“Ci sono altri fronti di sistema di forte interesse che, grazie al lavoro dell’AdEPP, l’Associazione degli Enti previdenziali privati a cui aderiamo, intendiamo sempre più attenzionare – aggiunge il Presidente Paolo Bernasconi – dall’iniqua doppia tassazione che mortifica i risultati finanziari e le future rendite previdenziali dei nostri colleghi, fino alla tutela della nostra autonomia gestionale, sempre condotta mantenendo alti livelli di qualità operativa e nel rispetto delle nostre finalità istituzionali”.