“Professionisti, imprenditori di se stessi”

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Business People Rush Hour Walking Commuting City Concept

di Alberto Oliveti*

I professionisti iscritti alle Casse hanno in genere contributi previdenziali obbligatori più bassi rispetto ad altri lavoratori, per quanto con eccezioni (ad esempio un medico di famiglia oggi paga il 25% sul lordo).

Lungi dall’essere un privilegio, questo livello contributivo minimo è una necessità che tiene conto del fatto che i professionisti sono imprenditori di se stessi. A chi svolge un’attività economica è corretto imporre l’esborso minimo possibile, per fare in modo che la liquidità sia disponibile per essere investita nell’attività, soprattutto all’inizio. Le Casse danno poi modo agli iscritti d’incrementare la pensione futura sia con versamenti aggiuntivi sia con un’ampia gamma di riscatti che possono essere fatti nel momento più opportuno dal punto di vista delle proprie finanze.

Questa possibilità di scegliere quanto pagare può diventare però anche uno svantaggio se il momento buono per versare di più non arriva mai. Potrebbe sembrare un’affermazione banale ma occorre ripeterla: se non si versa abbastanza, la pensione che spetterà sarà d’importo inadeguato. E mai come in previdenza, la consapevolezza e la tempestività sono fondamentali.

Le percentuali su quanti professionisti scelgono la via dei versamenti volontari mostrano quanto sia difficile far capire l’importanza di costruire una pensione futura. Se poi sommiamo le difficoltà economiche contingenti degli iscritti e le norme fiscali che sono contraddittorie rispetto al fine previdenziale, il quadro è completo.

Il fisco rappresenta una parte importante del problema. È miope impedire a un professionista con il regime forfettario di dedurre i contributi volontari e quelli da riscatto, perché è come dirgli che la sua previdenza non è un diritto costituzionale ma un lusso, da tassare tre volte. Perché di questo si tratta, per un forfettario: pagare i contributi previdenziali facoltativi con soldi già tassati, vederli tassati di nuovo quando la Cassa di previdenza li investirà per farli fruttare, e poi riceverli tassati al momento della pensione.

Il legislatore potrebbe studiare diverse strade per incentivare la lungimiranza ed evitare che le pensioni inadeguate diventino il problema sociale del futuro (almeno per i professionisti). Ad esempio si potrebbero non tassare le quote di pensione frutto di versamenti volontari non dedotti, come succede nella previdenza integrativa. Si dovrebbe togliere, o almeno ridurre, la tassazione sugli investimenti delle Casse. E si potrebbero prevedere altri incentivi per gli iscritti, come fare in modo che i contributi previdenziali aggiuntivi siano deducibili e abbassino il tetto di reddito, oggi di 85mila euro, che consente di rimanere nel regime forfettario.

Di certo le misure d’incentivo devono essere semplici, sia da comunicare sia da capire sia da applicare. Il fatto, per esempio, che attualmente tra i più inclini a fare versamenti aggiuntivi ci siano i professionisti che si occupano a tempo pieno di tributi, fa capire che fare scelte in materia di previdenza senza essere penalizzati dal fisco, è un vero e proprio lavoro.

I professionisti sono un motore dell’economia del Paese: producono pil, impiegano personale, non costano allo Stato. Per favore, teniamoli nel dovuto conto.

*Presidente Enpam e AdEPP. Editoriale pubblicato su Il Sole 24 Ore – Lunedì 23 ottobre 2023