Chi viene maggiormente discriminato?

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Secondo l’Ipsos Equality Index 2024, la maggioranza dei 29 Paesi (52%, 51% in Italia) concorda sul fatto che le disuguaglianze siano il problema più importante o uno dei più importanti che il proprio Paese deve affrontare, dato in continuità rispetto al 2023.

Tra i gruppi considerati più discriminati, le persone con disabilità fisiche sono considerate il gruppo che oggi affronta il trattamento più iniquo o ingiusto (33% di accordo). Seguono le donne (26%), gli anziani e le persone con problemi di salute mentale (entrambi 24%).

Mentre in Italia, sono le donne (31%), gli immigrati (29%) e le persone con disabilità fisica (29%) quelle indicate come le più discriminate, seguite da persone LGBTQIA+ (26%).

Generazione Z: mind the gender gap

I giovani sono generalmente più sensibili rispetto agli adulti sul tema delle disuguaglianze sociali e riconoscono maggiormente le discriminazioni subite da donne (31% tra i Gen Z contro il 23% dei Baby Boomers), persone LGBTQIA+ (28% contro il 20%), persone con neurodiversità (23% contro il 17%) e persone di diverse religioni (15% contro il 9%).

All’interno della Generazione Z si nota però un divario di genere. Infatti, lo studio mette in luce una differenza piuttosto marcata tra ragazzi e ragazze della Generazione Z riguardo alla percezione delle discriminazioni. Infatti, le ragazze della Gen Z dimostrano una sensibilità molto più spiccata rispetto ai loro coetanei maschi, mostrando una maggiore consapevolezza delle disuguaglianze subite dalle diverse categorie.

Se le donne della GenZ si dimostrano più critiche rispetto alla media globale, esprimendo opinioni che si discostano in modo evidente da quelle delle generazioni più anziane, al contrario le opinioni degli uomini della GenZ rimangono più vicine a quelle delle persone più anziane.

Questa divergenza di opinioni tra uomini e donne all’interno della Generazione Z è confermata anche da altri studi Ipsos, che evidenziano proprio come ci sia un divario generazionale in crescita per quanto riguarda la percezione delle disuguaglianze.

 

Gli sforzi per promuovere l’uguaglianza sono sufficienti?

Secondo l’Ipsos Equality Index 2024, a livello globale, la maggioranza dei cittadini ritiene che si debba fare di più per promuovere l’uguaglianza. Quasi la metà della popolazione (47%, 42% in Italia) crede che gli sforzi per raggiungere questo obiettivo debbano essere intensificati, a dimostrazione di una diffusa consapevolezza che il percorso verso una società più equa è ancora lungo.

Solo una minoranza, una persona su cinque (19%), pensa che si sia andati troppo oltre, indicando una certa resistenza verso un cambiamento radicale in questa direzione.

È interessante notare che la percezione di un’eccessiva spinta verso l’uguaglianza è più diffusa nei paesi anglofoni. Stati Uniti (29%), Polonia e Canada (27%) sono in testa a questa classifica, suggerendo una possibile correlazione tra cultura e percezione dell’uguaglianza.

La meritocrazia sta passando di moda?

A livello globale, il 42% delle persone crede che il successo personale dipenda principalmente dai propri meriti e sforzi. Questo dato è in aumento rispetto al 2023 (+1%). Al contrario, il 30% ritiene che il successo sia determinato da fattori esterni, al di fuori del proprio controllo. Questa opinione è in diminuzione rispetto all’anno precedente (-1%).

Analizzando i dati per fasce d’età, emerge un divario generazionale significativo. La Generazione Z è meno propensa a credere nella meritocrazia rispetto ai Baby Boomers. La differenza tra le due generazioni è di 11 punti percentuali, con un aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2023.

Il calo della fiducia nella meritocrazia, soprattutto tra le giovani generazioni, è un segnale preoccupante. Questo dato conferma come i giovani percepiscano una crescente disuguaglianza e una minore mobilità sociale, dove le opportunità di successo sono limitate da fattori esterni come la provenienza sociale, la ricchezza familiare o la discriminazione.

Un appello ai governi ad agire

A livello globale, la maggioranza dei cittadini (67%) ritiene che i governi abbiano la responsabilità principale di agire per ridurre le disuguaglianze. Questa opinione è particolarmente diffusa in Indonesia (82%), Perù e Corea del Sud (77%). Gli Stati Uniti, con il 51%, registrano il dato più basso tra i 29 Paesi analizzati.

Mentre un quarto della popolazione totale intervistata (26%) crede che i media abbiano un ruolo importante nell’affrontare le disuguaglianze, seguiti dai datori di lavoro (24%), genitori e insegnanti (22%) e responsabilità individuale (21%).

È interessante notare che la responsabilità individuale in questo campo è un’opinione più diffusa nei Paesi anglofoni, con Stati Uniti e Australia in testa (31%). Mentre in Italia, la responsabilità individuale si posiziona al secondo posto, dopo quella del governo.

Anche in questo caso si osserva un divario generazionale: i Baby Boomers (71%) e la Generazione X (69%) sono più propensi a credere che i governi debbano essere i principali attori nella lotta alle disuguaglianze, rispetto ai Millennials (66%) e alla Generazione Z (63%).

La crescente sfiducia nelle istituzioni da parte delle giovani generazioni dovrebbe essere un ulteriore campanello d’allarme per i governi, spingendoli a intraprendere azioni concrete per contrastare le disuguaglianze e riconquistare la fiducia dei giovani.