Quasi la metà delle famiglie italiane (46%) riesce a risparmiare ma la percentuale è in calo, seppur lieve, rispetto al 2023. È quanto emerge dalla 24esima edizione della ricerca realizzata dall’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio (ACRI) assieme ad Ipsos.
Il modo in cui il risparmio è percepito e approcciato dagli italiani ha subito nel tempo una trasformazione significativa. Le generazioni precedenti consideravano il risparmio come un pilastro fondamentale della gestione finanziaria personale, associato a virtù come la prudenza e la saggezza, ed era visto come una garanzia per la sicurezza finanziaria della famiglia contro le incertezze della vita.
Oggi, il risparmio è considerato principalmente come una necessità per garantire tranquillità e stabilità economica (per il 38% degli italiani), specie dai Boomers, presso i quali il dato raggiunge il 46%. In seconda battuta è un’opportunità per raggiungere specifici obiettivi.
I giovani sono consapevoli di avere priorità e obiettivi di risparmio differenti da quelli dei loro genitori e seguono le loro priorità (lo dichiarano rispettivamente il 63% dei GenZ e il 64% dei Millennials vs il 56% del totale).
Il 33% degli italiani percepisce, inoltre, di avere una capacità di risparmio minore rispetto alle generazioni precedenti a causa delle condizioni macroeconomiche attuali, in particolare l’aumento del costo della vita (70%) e le condizioni lavorative contemporanee (60%), e per i cambiamenti negli stili di vita (60%). In particolare, l’aumento del costo della vita è sentito dalla GenZ (76%) e dai Boomers (77%), mentre le differenti condizioni lavorative sono menzionate dalla GenX (65%). Trasversalmente alle generazioni rimane alta l’attenzione al risparmio, quando possibile.
Il clima economico in Italia mostra segni di un generale miglioramento, rispetto al 2023, anno che aveva già segnato il ritorno ad un cauto ottimismo, dopo un 2022 attraversato dall’avvio del conflitto in Ucraina, dal drammatico aumento del costo dell’energia e dalle ricadute pesanti sui prezzi, cui si era associato un periodo di incertezza politica.
Il contesto appare oggi meno problematico, complice probabilmente la discesa dell’inflazione, a cui si accompagna la speranza di un abbassamento dei prezzi a breve, e la discesa dei tassi di interesse che per alcune famiglie e imprese, può rappresentare una boccata d’ossigeno per le proprie finanze.
Come certificato già da Istat, in Italia migliora la fiducia per il clima economico e la fiducia dei consumatori, certamente legata agli aumenti salariali dell’ultimo anno e ad un mercato del lavoro che continua a ridurre la disoccupazione mese dopo mese dal 2016.
Lo studio Acri-Ipsos evidenzia un miglioramento del tenore di vita delle famiglie, che si attesta su livelli superiori a quelli pre-pandemia (49% le famiglie che dichiarano un tenore di Vita migliorato o più facile da mantenere vs 44% nel 2018). É il risultato del calo rispetto al 2023 di famiglie in forte difficoltà economica e della crescita delle famiglie che hanno registrato un miglioramento. I soddisfatti per la propria situazione economica salgono quindi dal 56% al 64%.
Le aspettative degli italiani riguardo al futuro appaiono orientate a dare molta fiducia alle capacità personali di affrontare la situazione (34% dichiara che la propria situazione migliorerà vs 15% che pensa che peggiorerà), rasserenati dall’aver gestito bene gli ultimi anni, e forti di un certo ottimismo sulla propria capacità di risparmio e di ricomposizione della spesa.
Le aspettative per l’economia mondiale appaiono migliori rispetto agli ultimi due anni, seppure non ottimistiche. Queste aspettative sono favorite da segnali di resilienza nei mercati globali e da una ripresa economica post-pandemia più robusta del previsto in diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, e dalla convinzione che i conflitti, per quanto gravi e rischiosi, non possano generare ulteriori danni all’economia del Paese.
Quando si considerano, invece, le prospettive economiche dell’Europa e soprattutto dell’Italia, queste rimangono stabilmente negative (il saldo tra chi pensa che migliorerà e chi pensa che peggiorerà è rispettivamente di -16 vs -13 punti percentuali il 2023 e di -36 vs -37 punti percentuali).
Nello scenario attuale, a valle del rinnovo del Parlamento Europeo, si indebolisce la fiducia nell’Unione Europea e nell’Euro, specialmente tra le fasce di età più mature; al contrario, le nuove generazioni rimangono molto più positive (53% tra i 18-30enni vs 45% a totale popolazione). Nel complesso, è venuta meno la ripresa di fiducia del periodo post pandemico.
A intaccare la fiducia hanno probabilmente contribuito diversi fattori: le tensioni politiche interne all’UE emerse con più forza all’indomani delle elezioni europee, comprese le questioni relative alla migrazione e alla gestione delle frontiere;
i profondi cambiamenti nel panorama geopolitico e le tensioni per i conflitti in atto che hanno influenzato la percezione della capacità dell’UE di mantenere una posizione forte e unitaria sulla scena internazionale;
un’Europa che appare ancora come il luogo della libertà di scambio e movimento (29%), ma ingessata da troppa burocrazia (33%), e da una mancanza di omogeneità delle regole nei diversi Paesi, non riuscendo a far sì che tutti gli stati membri operino in modo trasparente e democratico;
minore soddisfazione verso l’Euro rispetto al picco del 2021 (40% vs 49% nel 2021), anche se la maggior parte degli italiani continua a ritenere che nel lungo periodo l’Euro offrirà un vantaggio (50%).
Ciò nonostante, la maggioranza degli italiani continua a ritenere che l’uscita dall’UE sarebbe un grave errore (61%).
Il mercato del lavoro in Italia continua a mostrare segni di ripresa: il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 6,2%, il livello più basso dal 2009, con un aumento consistente del numero di occupati rispetto all’anno precedente.
La dinamica più recente mostra che la maggior parte dei nuovi lavoratori sono a tempo indeterminato, anche se nel contempo cresce molto il lavoro autonomo a scapito del tempo determinato. Si osserva tuttavia, un numero di famiglie in difficoltà lavorative in leggero aumento, che passano dal 15% nel 2023 al 17% nel 2024. Sono persone che in parte non trovano il lavoro auspicato, o che hanno avuto un peggioramento nelle proprie condizioni lavorative. E non va dimenticato che il numero di individui in povertà si assesta ormai da diversi anni a 5,7 milioni, (poco meno di 1 italiano su 10) e che la povertà sale tra chi lavora, un effetto forse legato all’inflazione che ha colpito maggiormente chi non aveva possibilità di rivedere il proprio paniere di acquisto e alle condizioni contrattuali.
A livello finanziario, le scelte degli italiani rimangono stabili nel segno di una certa cautela nell’approccio agli investimenti. Circa due terzi degli italiani sceglie di non investire, prediligendo la sicurezza percepita della liquidità e un terzo investe solo una piccola parte dei propri risparmi. Si ridimensiona la crescita della propensione verso strumenti finanziari più sicuri, con una lieve crescita dei più propensi al rischio (9% vs 7% nel 2023), spinta da tassi di interesse in discesa per gli strumenti più conservativi, e dalle incertezze sulla resa dell’immobilitare. Aumenta quindi la necessità di valutare bene la rischiosità dello specifico investimento, mentre la rischiosità del proponente sembra un tema oggi meno rilevante, coerentemente con la crescita della fiducia verso regole e controlli (39% Vs 36% nel 2023).
Quasi la metà delle famiglie italiane riesce a risparmiare, e lo fa con meno ansie e preoccupazioni che in passato. Aumentano le famiglie che grazie al proprio risparmio riuscirebbero a far fronte ad una spesa improvvisa importante, e più di 3 famiglie su 4, dato stabile, ritengono di essere in grado di far fronte ad una spesa improvvisa di media entità.
La capacità di risparmio è anche facilitata dall’abilità di adattare i propri consumi alla situazione attuale: razionalizzazione delle vacanze, del fuori casa e degli acquisti di prodotti semi-durevoli, a vantaggio di consumi domestici, di cura della persona e per il benessere e la prevenzione e la salute.
Resta assai forte il legame percepito tra risparmio e sostegno al Paese; 3 su 4 lo ritengono importante, 1 su 5 ininfluente, con un consenso ancora maggiore tra i giovani (che mostrano un saldo di + 61 punti percentuali vs un saldo di +52 del totale popolazione). Il legame percepito tra responsabilità sociale e ambientale e lo sviluppo economico del Paese rimane rilevante, anche se non in crescita. Il ruolo delle associazioni di categoria, dei corpi intermedi e del Terzo settore è percepito sempre rilevante nel promuovere la coesione sociale e lo sviluppo economico (rispettivamente 31% e 38%), specie per i cittadini più giovani (rispettivamente 36% e 46%). Gli italiani continuano a dichiararsi molto attivi sul fronte del volontariato, offrendo il proprio tempo e contribuendo finanziariamente per sostenere il Terzo settore e iniziative benefiche.
Il quadro delinea, quindi, una maggioranza del Paese che, avendo l’abitudine di risparmiare e di modulare le proprie spese a seconda del ciclo economico, riesce a stare meglio o comunque a contenere gli effetti negativi degli aumenti dei prezzi (49%), complice anche il calo di energia e tassi di interesse A questa si affianca una minoranza (17% delle famiglie italiane) che non riesce a uscire da una situazione di sopravvivenza o povertà, anche quando lavora, e si sente sempre più a rischio, non avendo più risorse cui attingere, o spese da ridurre.
Il risparmio rimane un elemento centrale nella vita degli italiani, anche per le persone più giovani, che lo vivono come uno strumento per realizzare i propri progetti, più che una abitudine familiare o come elemento di rassicurazione verso gli imprevisti del futuro. In ogni caso è dominante l’idea che il risparmio abbia un effetto positivo sulla propria vita e su quella del Paese, consentendo di realizzare una crescita che – auspicabilmente – la si vorrebbe economica, sociale, civile e nel rispetto dell’ambiente.