
A due anni dalla pubblicazione della prassi di riferimento sulla parità di genere quante aziende hanno implementato questa normativa? Che ruolo hanno avuto gli incentivi statali nella sua diffusione? E quale potrebbe essere il futuro di questa prassi nei prossimi anni?
Parte da questi interrogativi l’articolo scritto dalla giornalista Gaia Linossi, pubblicato su “Percorsi di secondo welfare”, ricordando che proprio la missione 5 del Pnrr era stato previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro per la creazione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere.
E se si scorrono le pagine dedicate dal Dipartimento per le Pari Opportunità, che ha elaborato questo sistema di certificazione, si può vedere come l’obiettivo posto riguarda l’ottenimento della certificazione per almeno 800 imprese – incluso un mino di 450 micro, piccole e medie imprese – entro il secondo trimestre del 2026.
Inoltre, per tagliare il traguardo, già la Legge Gribaudo del 2021, aveva introdotto per l’anno 2022 l’esenzione dal versamento di una percentuale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, determinata in misura non superiore all’ 1%, e il limite massimo di 50.000 euro all’anno per ciascuna azienda certificata.
“La stessa legge – scrive la giornalista – in aggiunta, prevede che le autorità che detengono fondi (europei, nazionali e regionali) assegnino un punteggio preferenziale per la valutazione delle proposte di progetto alle le imprese che siano in possesso della certificazione della parità di genere entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento”.
Ulteriori incentivi sono stati predisposti esclusivamente per le piccole e medie imprese (PMI), ovvero quelle imprese che hanno fino a 249 dipendenti, con un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio inferiore a 43 milioni di euro. Potremmo chiederci come mai sono stati stanziati fondi appositamente per questa tipologia di impresa? Questa attenzione per le PMI è dovuta alla loro importanza all’interno del tessuto economico italiano, di cui rappresentano circa il 75% del totale.
Molti altri incentivi, negli anni, sono stati messi in campo e che troviamo riassunti nell’articolo, ma i dati di adesione sono confortanti o no?
Dal sito del Dipartimento per le Pari Opportunità emerge che in meno di tre anni sono più di cinquemila (5.277 per l’esattezza) le aziende che hanno ottenuto la certificazione per la parità di genere.
Con 17.172 siti aziendali certificati e 55 organismi di certificazione accreditati, la certificazione Uni/PdR 125:2022 è l’unica riconosciuta a livello nazionale come standard per valutare l’impegno delle aziende rispetto all’ equilibrio di genere, su base volontaria e attraverso un sistema premiale.
In metà del tempo stabilito al momento dell’istituzione della certificazione per la parità di genere, più del triplo delle aziende previste si è dunque certificato sulla base della PdR 125.
Da sottolineare che la pubblicazione a maggio 2024 della prima linea guida internazionale sulla parità di genere (ISO 53800) dimostra una crescente attenzione al tema.