
La Sezione imprese del Tribunale di Roma ha infatti sospeso in via cautelare la revoca che era stata decisa il 9 ottobre scorso dal Cda, “già ritenuta illegittima dai ministeri vigilanti”, si legge in una nota, “ed era intervenuta nonostante gli eccezionali risultati ottenuti nella gestione del patrimonio della Fondazione. Enasarco, infatti, sotto la presidenza di Alfonsino Mei ha visto aumentare i propri utili in modo esponenziale, passando dai circa 50 milioni di euro del 2020 ai 567 milioni di euro del 2024”.
“Quanto è accaduto non mi fermerà, continuerò la mia battaglia a tutela del patrimonio dell’Ente e, quindi, delle pensioni degli iscritti”, ha affermato Mei dopo aver appreso del provvedimento favorevole.
L’antefatto
La destituzione di Mei risale al 9 ottobre del 2024 quando il consiglio di amministrazione della Fondazione Enasarco lo ha scalzato dalla carica di presidente, chiedendone la previa sospensione cautelare. Nel merito, Mei ha però contestato il potere del consiglio di amministrazione di adottare la delibera, in quanto il potere di emettere questo atto è riservato, dallo statuto (artt. 10, 11, 14, lett. e, 19), all’ Assemblea dei delegati.
Lo stesso Mei ha negato, in ogni caso, “di avere posto in essere attività contrarie agli esclusivi interessi della Fondazione, o comunque orientate al proprio interesse personale, o comportamenti contrari ai doveri di lealtà, professionalità e correttezza. Ha respinto le violazioni addebitategli, esponendo che la richiesta di pareri legali rientrava nelle facoltà attribuitegli dallo statuto quale Presidente”
Il Tribunale ha però dato ragione a Mei, ricordando che l’articolo 11 dello Statuto di Enasarco non attribuisce alcun potere al consiglio di amministrazione stabilendo appunto che il potere spetta all’”Assemblea dei Delegati o il Ministero[ …] che “dichiarano la decadenza dalla carica dei componenti degli Organi nei seguenti casi: “a) difetto dei requisiti di professionalità e di onorabilità per effetto di condanna definitiva della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i casi previsti dall’art. 8 comma 1, lettera a) o per il verificarsi delle condizioni previste al/’art.8 comma 1 lettera e); b) violazione di disposizioni del Codice etico o in materia di conflitti di interessi per le quali sia prevista la sanzione della decadenza; c) assenza ingiustificata per tre sedute dell’organo, anche non consecutive”; “La carenza di potere di dichiarare revoca o decadenza dei componenti degli Organi”, recita il pronunciamento dei giudici , “determina l’invalidità della delibera impugnata”.