Covip. Forme pensionistiche complementari, 10,8% del PIL

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Le risorse destinate alle prestazioni accumulate dalle forme pensionistiche complementari alla fine del 2024 ammontano, “sulla base di dati ancora preliminari” a 243 miliardi di euro pari al “10,8% del PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane”. Un dato in aumento rispetto al 2023 quando, secondo la relazione annuale della Covip relativa all’esercizio 2023, tale cifra era pari a 224,4 miliardi. E’ quanto ha riferito la Presidente FF Francesca Balzani durante l’audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

La Presidente ha sottolineato che alla fine del 2024 “l’offerta di strumenti di previdenza complementare si compone di 33 fondi negoziali, 38 aperti, 69 piani individuali pensionistici (Pip), 151 fondi preesistenti” ed “il “totale degli iscritti è arrivato a sfiorare i dieci milioni, a fronte di posizioni individuali in essere che superano gli undici milioni”.

Per la Balzan “Sono da valutare con favore le iniziative già adottate dai fondi pensione, iniziative progressivamente crescenti in numero e dimensioni, finalizzate proprio a dedicare maggiore spazio nella allocazione delle risorse finanziarie disponibili a investimenti nel sistema produttivo nazionale, in un’ottica di diversificazione potenzialmente in grado di apportare benefici agli aderenti in termini di ottimizzazione rischio/rendimento “.

“I fondi negoziali italiani, avendo maturato una più solida consapevolezza in ordine alla capacità professionali necessarie in materia di gestione finanziaria, stanno infatti mostrando di voler cogliere le opportunità di investimento offerte nei mercati privati. In questa prospettiva, vi è certamente spazio di ampliamento dell’attività in relazione ai limiti prudenziali di allocazione massima delle risorse fissati dalla normativa di riferimento”.

Ed ancora. “In tal senso, l’ampliamento degli investimenti dei fondi pensione a classi di attività non tradizionali deve muoversi di pari passo con la conseguente evoluzione del sistema di gestione dei rischi, in grado di monitorare e gestire i fattori di rischio specifici sottostanti a tali tipologie di investimenti, che, ricordo, restano caratterizzati da una natura illiquida e da un certo grado di complessità (in termini di valutazione e minor grado di trasparenza, anche con riferimento alle possibili ipotesi di conflitti di interesse), e che pertanto richiedono una più rigorosa attività di analisi e verifica”.

I punti di interesse presentati:

  • il comparto dei fondi presenta una strutturazione degli investimenti tendenzialmente stabile nel tempo, il che consente di valorizzare utilmente le riflessioni svolte su base annuale anche in riferimento a esercizi successivi. I fondi rappresentano una realtà importante, coinvolgendo quasi dieci milioni di persone, tra lavoratrici e lavoratori, ma anche individui che accedono alla previdenza complementare attraverso fondi aperti e PIP, in modo sganciato dalla propria attività lavorativa, sottolineando l’importanza di questo elemento. Alla fine del 2024 si registrano 33 fondi negoziali, 38 fondi aperti, 69 PIP (Piani Individuali Pensionistici) e 151 fondi preesistenti, dove si è verificata la maggiore contrazione nel corso degli anni, come previsto;
  • il valore complessivo delle risorse gestite, pur non essendo ancora definitivo, è già molto significativo: 243 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 224 miliardi del 2023. La distribuzione delle risorse vede in testa i fondi negoziali con 74,6 miliardi, seguiti dai fondi aperti con 37 miliardi, dai fondi preesistenti con 69 miliardi e dai PIP con 61 miliardi. Le persone risultano distribuite in modo diverso: 4,2 milioni nei fondi negoziali e nei PIP, 2,1 milioni nei fondi aperti e 700.000 nei fondi preesistenti, che interessano quindi una platea più ristretta;
  • il 2024 si è chiuso positivamente, come già il 2023, con rendimenti molto significativi nei comparti azionari: tra il 10% e il 13%, con il 13% nei PIP azionari e il 10% nei negoziali. Ha sottolineato la rilevanza di questi risultati anche in comparazione con la rivalutazione del TFR, tradizionale benchmark della previdenza complementare. Anche i comparti bilanciati hanno registrato buoni rendimenti, tra il 6% e il 7%, con una quota azionaria superiore al 50%, mentre è stato positivo anche l’andamento dei fondi obbligazionari e dei garantiti nel 2024, in linea con il 2023;
  • l’esposizione complessiva in azioni per tutte le tipologie di fondi – includendo anche quella realizzata tramite OICVM, IORP, strumenti derivati – raggiunge il 28,8%.
  • gli investimenti domestici per l’intero sistema di previdenza complementare, a fine 2023, erano pari a 36,6 miliardi di euro, quindi quasi un quinto degli investimenti. La conformazione di questi investimenti domestici vede al primo posto i titoli di Stato, e al secondo posto gli altri titoli di debito. I titoli di Stato hanno un importo significativo: 26,7 miliardi di euro. Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane, sempre visibili in tabella, sono pari a 2,8 miliardi per i titoli di debito e 1,7 miliardi per i titoli di capitale;
  • riguardo ai soggetti silenti non è possibile sapere se quella sarebbe comunque stata una loro scelta, magari anche se giovani, per preferenza verso il comparto garantito;
  • con riferimento ai giovani che iniziano a lavorare, si potrebbe immaginare una scelta di default diversa. Se le persone vedono che il legislatore prevede l’automatismo sul comparto garantito, potrebbero essere indotte a pensare che quella sia la scelta ottimale;
  • in relazione all’approssimarsi del pensionamento il sistema attuale prevede infatti la rendita vitalizia oppure, se non si raggiunge un certo ammontare, il ritiro parziale o totale del capitale. Questo meccanismo impone una sorta di “precipitare della situazione” con l’avvicinarsi del pensionamento. Per questo motivo, la COVIP ha più volte proposto di introdurre una terza opzione: consentire alle persone di lasciare le proprie risorse presso il fondo, quindi presso un gestore affidabile. Riferendosi in particolare ai fondi negoziali, che per loro natura sono maggiormente agganciati al mondo del lavoro, Balzani ha sottolineato che si tratta di risorse importanti su cui si potrebbe focalizzare l’attenzione;
  • la proposta è quella di permettere alla persona di rimanere con le risorse presso un gestore affidabile, con costi molto competitivi, cui si è affidata per tutta la vita lavorativa. In tal modo si potrebbero prevedere prelievi programmati su un orizzonte temporale legato all’aspettativa di vita, in base all’andamento demografico. Così, ciò che non viene ritirato subito rimarrebbe presso il fondo, continuando a essere fruttuosamente investito e a rappresentare una risorsa potenziale all’interno del sistema. Questa opzione offrirebbe vari vantaggi: una permanenza più lunga delle risorse nel sistema, una gestione prudente, affidabile, non onerosa, e potenzialmente più vantaggiosa anche per quanto riguarda l’esposizione azionaria, compresa quella delle persone prossime alla pensione;
  • i fondi negoziali stanno progressivamente aumentando la quota di risorse investite in fondi di investimento alternativi (FIA), sia attraverso gestione diretta, sia tramite gestori specializzati. Nel 2024, 22 fondi pensione negoziali su 33 hanno incluso nel proprio portafoglio investimenti in FIA per un ammontare complessivo pari a 1,76 miliardi di euro. Un peso che, considerando anche gli impegni assunti, sale al 4,2%. Di questi FIA, un terzo sono italiani;
  • uno degli aspetti più rilevanti è la presenza di fondi (a seconda dei progetti) che hanno dato vita a iniziative consortili: Iride, Zefiro, Vesta. Questi progetti sono destinati, rispettivamente, al private equity, al private debt e alle infrastrutture. Il loro obiettivo dichiarato è investire prevalentemente in Europa, prevedendo una quota significativa di investimenti in imprese italiane non quotate. Si tratta di un meccanismo in controtendenza rispetto alla prevalenza di investimenti in titoli quotati. Un’altra rilevante iniziativa è quella denominata “Progetto Economia Reale”, promossa da Assofondipensione e Cassa Depositi e Prestiti. Ad essa hanno già aderito 15 fondi negoziali, quasi la metà del totale. Questo progetto mira direttamente a indirizzare le risorse dei fondi verso l’economia italiana, in particolare quella non quotata.
  • il progetto “PM Italia” è stato avviato nel novembre 2024 da quattro fondi di pensione negoziali. Essi hanno avviato un processo di selezione di un gestore finanziario a cui affidare un mandato specifico: investire in imprese italiane quotate, ma caratterizzate da piccola e media capitalizzazione. Questi progetti rappresentano fermenti nuovi che cercano di creare un collegamento tra le risorse dei fondi e l’economia italiana ed europea, sia in ambito quotato che non quotato, con un’attenzione specifica verso imprese di dimensioni contenute. Questo percorso può avere anche un risvolto motivazionale: contribuire a una maggiore partecipazione alla previdenza complementare, coinvolgendo le persone non solo in un progetto personale, ma anche in un’iniziativa collettiva con impatti sulla comunità di appartenenza