Vita da professionista, la Cgil si interroga

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Realizzata dall’Associazione Bruno Trentin con il contributo e il supporto della Consulta delle Professioni della Cgil e della Filcams Cgil, è stata pubblicata  la ricerca che mette sotto la lente di ingrandimento la libera professione.

“E’ stata l ‘occasione per  una riflessione condivisa sulla definizione di un nuovo Statuto dei Diritti dei lavoratori come strumento per la riconquista di diritti e tutele che possano parlare anche a quei soggetti che riflettono i cambiamenti economici e sociali intervenuti nel paese”,  ha spiegato durante la presentazione Salvatore Barone, responsabile contrattazione della Cgil Nazionale e referente della Consulta delle professioni”.

Ma cosa dicono i dati? Innanzitutto che l’80%, si autorappresenta come un vero professionista dotato di ampia autonomia nel decidere luoghi e tempi del lavoro. Solo il 13% del campione si considera un dipendente mascherato, e tale sensazione colpisce per lo più i collaboratori a progetto con un solo committente che lamentano retribuzioni troppo basse sia in assoluto, sia se comparate con quelle di chi opera, magari nella stessa professione, con un contratto da dipendente. Per tutti gli altri il lavoro autonomo rappresenta una scelta duratura, una professione impegnativa, che richiede formazione continua e a volte è fonte di stress, ma è sempre stimolante ed interessante.

E sul fronte reddito nulla di nuovo sotto il sole: poco meno della metà degli intervistati percepisce meno di 15 mila euro/anno lordi ed appena il 21,7% supera i 30 mila euro. Solo un terzo degli intervistati dichiara di essere pagato regolarmente a fine prestazione, mentre chi lavora per la pubblica amministrazione attende anche sei mesi per i compensi dovuti. Ne deriva che il 67% dei professionisti che hanno risposto all’indagine si considera un lavoratore con scarse tutele.

In allegato la ricerca e la presentazione