Vice ministro Fioramonti “La Politica governi le transizioni”

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“Mi piacerebbe che ci fossero più opportunità di confrontarsi a livello politico con delle tematiche di lungo respiro. La Politica oggi è così legata a visioni emergenziali di immediato termine che non è in grado di affrontare in maniera innovativa qualunque tipo di problematica. L’obbligo della politica – ha denunciato il Vice ministro del MIUR, Lorenzo Fioramonti – il dovere della politica è quello di governare le transizioni. E’ vero che ogni volta che c’è una transizione c’è allarmismo, si pensa che qualunque tipo di cambiamento porterà chissà quale degenerazione del sistema produttivo in questo caso”.

“Così non è stato, anche se è facile dirlo ex post. Ma è vero che il dovere della politica è anche di governare la transizione evitando le drammaticità. Quante persone hanno sofferto o sono morte per la transizione da un sistema pre industriale a un sistema industriale. E noi non sappiamo come sarebbe andata se non ci fossero state delle persone che lottavano per la trasformazione. Questo per dire che la scommessa di oggi è davvero quella di metetre in piedi una governance che sia davvero in grado di anticipare i problemi ed evitare di gestirli in emergenza”.

“Questo dibattito sulla digitalizzazione, sulla robotica, sulla trasformazione tecnologica ormai è affrontata da anni tra chi si occupa a livello disciplinare o da studiosi. Ovviamente io ritengo che noi siamo di fronte a una possibilità. La tecnologia dipende da come si governa. C’è la possibilità che la tecnologia oggi ci possa permettere di immaginare un modello produttivo completamente diverso dove storicamente la politica interviene per favorire la deconcentrazione delle strutture produttive. Noi politica dobbiamo cominciare a sviluppare una cultura diversa del percorso produttivo e quindi a sostenere sempre di più la produzione castomizzata, che si localizza, produzione e consumo che si uniscono sempre di più, e quindi un processo di localizzazione che fino a qualche anno fa sembrava impossibile. E la tecnologia sta cambiando anche questo tipo di percorso”.

“Se da un lato, a mio avviso, la parte di sostegno al reddito diventa il reddito universale incondizionato, di qua c’è un modello più simile ad una flex security avanzata cioè la capacità da parte di un sistema di protezione sociale di garantire una continua transizione, un continuo passaggio a persone che nel loro arco di percorso professionale svolgeranno vare funzioni e molte delle quali saranno di carattere dipendente o di auto impiego in maniera molto flessibile”.

“Io spero che ci si muova sempre di più nella direzione di favorire un modello diverso altamente tecnologico che possa porre l’Italia tra i Paesi pionieri nel mondo visto che culturalmente già lo siamo, ce l’abbiamo nel sangue. Un’economia molto tecnologica e altamente specializzata”.

“Un po’ una rivoluzione culturale, come la logica del cuoco. Se noi cominciassimo a raccontare diversamente ed a celebrare diversamente delle attività tecniche dei sistemi di produzione che oggi consideriamo come inferiori, incoraggeremo molti giovani a formarsi in maniera diversa da questo punto di vista. Io ad esempio, l’ho visto fare in Svizzera, dove l’idea dell’artigiano tecnologico è vista come la cosa più intelligente da fare, dopo forse il banchiere”.

“E quì, il mio settore cioè il Miur, gioca un ruolo fondamentale. Ovviamente serve sempre di più un impegno affinchè le scuole divengano davvero dei laboratori interdisciplinari. Paradossalmente, la scuola italiana con il suo universalismo delle conoscenze, la sua inerente interdisciplinarietà, ha tecnicamente un vantaggio rispetto agli altri. Dobbiamo però vederlo non tanto come una zavorra ma come un’opportunità sulla quale costruire”.

“Il fatto che noi abbiamo una cultura che unisce le competenze umanistiche e le competenze scientifiche, il fatto che abbiamo un tessuto molto diffuso di scuole tecnologiche, dovrebbe essere davvero riconsiderato non come un tessuto di formazione secondario per coloro che non ce la fanno, ma – attraverso interventi dal punto di vista delle strutture, delle tecnologie e della formazione (anche degli insegnati) in grado di ri attirare tante competenze che oggi finiscono svogliatamente verso un percorso professionale diverso”.

“Non soltanto la multidisciplinarietà – ha concluso Fioramonti – ma proprio l’ interdisciplinarietà, ed a maggior ragione – ancor di più – la trans-disciplinarietà”.