La definizione di welfare è per sua natura dinamica, cioè muta e si declina in funzione delle nuove esigenze sociali, risultato delle evoluzioni delle società. “Gli investimenti socialmente sostenibili e conformi ai criteri ESG di tutela ambientale e sociale divengono quindi un mezzo e anche un fine per migliorare le società del presente e soprattutto quelle future”, ne è convinto il professore Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che sottolinea inoltre come “ Ma la transizione demografica, il cambiamento della struttura familiare e il progressivo invecchiamento della popolazione stanno portando alla luce nuovi bisogni sociali che non potranno essere totalmente soddisfatti dal welfare state, il che impone sia una riprogrammazione del welfare complementare, dell’assistenza sanitaria integrativa, della previdenza integrativa e delle coperture per l’invalidità e la non autosufficienza, sia un insieme di nuove politiche sociali che favoriscano occupazione, forme socio-assistenziali, conciliazione tra tempi di lavoro e di cura, formazione continua, invecchiamento attivo, asili nido e così via”.
Da qui la necessità per gli operatori del welfare integrato di rimodulare le strategie e gli interventi da adottare per offrire nuove coperture in questo “welfare mix dinamico”.
Ma anche in questo caso c’è un ma anzi molti ma che il professore Brambilla ha evidenziato durante il suo intervento al forum sul welfare integrato.
Innanzitutto per il professor Brambilla esiste il tema di dove investire.
“In Cina, con le ben conosciute situazioni del Tibet o di Hong Kong? – ha detto Brambilla – in Turchia dove sono all’ordine del giorno evidenti violazioni dei diritti umani? In Russia, in Libano, in Siria. E se applicassimo i fattori ESG a questi Stati? Investiremmo ancora?
Seguendo i criteri degli investitori istituzionali, quegli affari diminuirebbero drasticamente”
E poi ci sono le contraddizioni della globalizzazione non Esg.
“Prezzi più bassi e competitivi su molti prodotti ha una apparente convenienza ma….producono la diminuzione dei volumi di produzione, della produttività, del lavoro dell’occupazione e quindi disagio sociale, alta disoccupazione, salari bassi da compensare con molta spesa assistenziale. IL 20/30% risparmiato inizialmente ci costa ora di più in ammortizzatori sociali”.
Alla filosofia ESG si somma la Silver Economy, la nuova frontiera sociale
“Operare nella Silver Economy al tempo della più grande fase di transizione demografica della storia umana significa cogliere una grande opportunità che coniuga, da un lato, investimenti interessanti e, dall’altro, la progettazione e distribuzione di nuovi prodotti e servizi; significa concorrere alla realizzazione di un progetto per una società che invecchia senza seguire le chimere dell’eterna crescita, traendone un rafforzamento patrimoniale e un riconoscimento sociale. Vincere la sfida dell’invecchiamento significa capire il cambiamento degli stili di vita, investire sul welfare e sui nuovi bisogni dei Silver anche attraverso una sempre più fondamentale sinergia pubblico-privato favorendo l’invecchiamento attivo e la massima partecipazione sociale di questa grande e importante fascia di popolazione”.
“Silver Economy è ESG – ha concluso il Professor Brambilla – e anche un nuovo modo di convivenza nella «terza via», quella di un capitalismo sociale attento al profitto ma anche all’ambiente, alla società e alle persone soprattutto ai tanti Silver”