PEPP. Il regolamento europeo “sbarca” in Italia

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Dal 22 marzo si applica nel nostro Paese il regolamento europeo che istituisce il Prodotto pensionistico individuale paneuropeo (Pepp). L’obiettivo del Regolamento (UE) 2019/1238 è di consentire ai cittadini dell’UE di accedere a nuove forme di prodotti pensionistici, denominati “Pan-European Personal Pension Products” (PEPP).

Il Regolamento rientra tra quegli Atti dell’Unione europea che intendono contribuire alla realizzazione dell’Unione dei Mercati dei Capitali, in quanto parte delle risorse raccolte tramite i PEPP potranno essere destinate al finanziamento dell’economia reale, circostanza che potrà essere favorita dall’orizzonte di lungo periodo che contraddistingue il risparmio avente finalità di tipo previdenziale.

La principale caratteristica dei PEPP è la libera portabilità in tutta l’Unione, indipendentemente dalla nazionalità di istituzione. In tema di previdenza complementare, in Europa vi è disomogeneità tra i diversi Paesi sia per il diverso peso del pilastro pensionistico pubblico, sia per le modalità di adesione, volontaria (come in Italia) oppure obbligatoria o sostanzialmente tale (come in Olanda).

Come spesso accade, l’arrivo dei Pepp ha già aperto la discussione mettendo di fronte i fautori del progetto e i dubbiosi. Per l’Italia, l’impatto non sarà soltanto in termini di concorrenza con i prodotti nazionali esistenti, ma interesserà anche il piano normativo e fiscale. Per approfondirne i termini, l’Associazione italiana per la previdenza e l’assistenza complementari ha acceso i riflettori sul tema, con un webinar di esperti e addetti ai lavori.

LE OPINIONI

Ivonne Forno, tecnico di ASSOPREVIDENZA, vede i PEPP come “una potenziale ulteriore forma pensionistica a cui i lavoratori potranno scegliere di aderire, soprattutto quelli più giovani e abituati all’uso dei sistemi digitali”. Per questo, secondo Forno, soprattutto i fondi pensione negoziali dovrebbero puntare a rafforzarsi sul piano organizzativo e strutturale – anche attraverso accorpamenti e fusioni – e a fidelizzare gli aderenti.

Ma oltre alla competizione interna, l’introduzione dei PEPP, secondo Fabio Marchetti dell’Università Luiss, “potrebbe comportare una concorrenza dei PEPP esteri tanto nei confronti degli ‘italiani’ quanto delle forme individuali di previdenza complementare domestiche (fondi aperti, PIP) a causa del diverso regime fiscale cui i PEPP esteri potrebbero essere assoggettati (nessuna tassazione dei rendimenti finanziari in fase di accumulo, secondo lo schema EET). Ciò dovrebbe indurre il legislatore italiano a ripensare la disciplina fiscale della previdenza complementare sostituendo l’attuale regime ETT con il regime EET”. 

Sergio Corbello, Presidente di ASSOPREVIDENZA, mette l’accento proprio sulle incognite normative, “da sciogliere a breve”, che ancora gravano sui PEPP. “È da auspicare – sostiene – che il legislatore, il quale, ragionevolmente, estenderà ai PEPP la normativa fiscale dei fondi pensione, colga l’occasione per eliminare la stortura della tassazione dei rendimenti conseguiti in fase di accumulo, abolendola”.

Per Elena Moiraghi, responsabile del servizio legale della COVIP, l’Autority che avrà il ruolo principale nella vigilanza sui PEPP, non solo su quelli italiani ma anche quelli esteri che apriranno un sottoconto in Italia, è fondamentale far sì che la normativa nazionale non crei delle condizioni di arbitraggio rispetto al sistema, ma che tra la disciplina dei PEPP e quella delle forme pensionistiche complementari esistenti ci sia sempre una “omogeneità”.

Giovanni Di Marco, Partner di Deloitte riconosce che “Ci troviamo di fronte a una sfida importante per le nostre compagnie di assicurazione, sgr, banche e fondi pensione: affermarsi in un mercato più ampio dando modo di diversificare ulteriormente l’offerta di prodotti di risparmio, acquisire nuovi clienti o rafforzare legami esistenti, creare nuove partnership con altri Stati membri e ipotizzare economie di scala”.

Un’opportunità per Maurizio Bertini, Partner di Deloitte, “per entrare in nuove aree di mercato e rafforzare la presenza a livello internazionale: alcuni player europei, tra cui fintech e grandi società di asset management, hanno già manifestato l’interesse per questa tipologia di prodotti. In attesa di conoscere la normativa italiana bisognerà ragionare sulle posizioni che si vorranno assumere sia per cavalcare questa opportunità, migliorando l’offerta esistente con prodotti digitali appetibili per i risparmiatori più giovani, portabili e collocabili anche extra-confine, sia per difendere la posizione di mercato sul territorio nazionale”.

Secondo Luigi Di Falco, head of life and pensions di ANIA, l’associazione delle compagnie assicurative, “il progetto PEPP è un rispettabile tentativo di armonizzare il risparmio previdenziale individuale in Europa, introducendo un nuovo prodotto verso cui vi sia una graduale, progressiva convergenza di operatori e aderenti. Trattandosi di una modalità di offerta articolata, che implica capacità di gestire posizioni previdenziali in più Paesi e con un target di clientela propenso alla mobilità professionale all’interno dell’Unione, riteniamo che lo sviluppo dei PEPP sarà piuttosto graduale e potrà prendere piede nel medio-lungo termine. In ogni caso, le compagnie italiane faranno la loro parte nella promozione di PEPP assicurativi”.

ALCUNI ASPETTI

La Tassazione

La proposta di regolamento PEPP è accompagnata da una raccomandazione della Commissione sul trattamento fiscale dei prodotti pensionistici individuali, che incoraggia gli Stati membri a riservare ai PEPP lo stesso trattamento fiscale concesso ai prodotti nazionali analoghi esistenti, anche se il PEPP non soddisfa pienamente i criteri nazionali per gli sgravi fiscali. Sono inoltre invitati a scambiare le migliori pratiche concernenti la tassazione dei loro attuali prodotti pensionistici individuali, con l’obiettivo di favorire la convergenza dei regimi fiscali.

Le regole

Sono previsti requisiti di informazione e norme di distribuzione rigorose, anche online. Per offrire il PEPP, i fornitori dovranno essere autorizzati dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA). I fornitori offrono i PEPP in diversi Stati membri, hanno un canale di distribuzione elettronica in grado di raggiungere tutta l’UE, prevedono diverse opzioni per i pagamenti alla fine della durata di vita dei prodotti. E beneficiano di una sorta di passaporto UE per agevolare la distribuzione transfrontaliera.

I dati

Al momento solo il 27 % degli Europei fra i 25 e i 59 anni sono iscritti ad un piano pensionistico, una percentuale che ben rappresenta le potenzialità del mercato. Secondo le analisi della Commissione, il mercato della previdenza complementare in Europa oggi vale 700 miliardi, e le previsioni vedono una crescita esponenziale che, nel 2030, porterà gli asset a 3mila 500 miliardi, di cui 2mila 100 relativo ai PEPP.