AdEPP alla presentazione dello “European Elderly Dignity Index”

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L’AdEPP ha partecipato alla presentazione dello “European Elderly Dignity Index” realizzato dall’ente di previdenza degli avvocati spagnoli (Fundacion Mutualidad Abogacia) e dall’Università di Barcellona. L’indice è stato composto e progettato per misurare l’invecchiamento sostenibile e dignitoso della popolazione anziana, con una analisi longitudinale per Paese e nel tempo (grazie a questo approccio è un indice che funge da benchmark in tutta l’Unione europea).

La parlamentare Rosa Estaràs (PPE) componente della Commissione FEMM, ha aperto i lavori richiamando l’attenzione sulle ingenti risorse economiche del NextGenerationEU e del nuovo FSE Plus che potrebbero essere destinate alla costruzione e riqualificazione di strutture e servizi per la popolazione anziana, per migliorare la loro qualità di vita. Ella ha evidenziato come sia “necessario diversificare le politiche per uomini e donne prestando attenzione ai gap pensionistici di genere derivanti dalla frammentarietà dei percorsi lavorativi delle donne soprattutto delle passate generazioni” e, ha aggiunto, “dobbiamo prepararci alla terza età predisponendo servizi adeguati di cura per i bambini e gli anziani – che troppo spesso sono ancora in carico alle donne nelle famiglie – al fine di migliorare la capacità lavorativa e contributiva delle donne”. “Le istituzioni europee” ha concluso “dovrebbero prendere spunto dalle dieci priorità individuate nelle conclusioni del rapporto per le politiche economiche, di equità sociale e rivolte alla parità di genere”.

Il presidente della Mutualidad de la Abogacía, Enrique Sanz Fernández-Lomana, ha richiamato l’obiettivo della fondazione nel partecipare questa ricerca dell’Università di Barcellona. Creare un indicatore che riferendosi agli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’ONU riuscisse a misurare il grado di qualità della vita della popolazione anziana, perché spesso “il livello di qualità percepito è molto diverso da quello effettivamente vissuto (in peggio)”.  Egli ha citato i dati della popolazione anziana spagnola, dove già nel 2020 quasi uno su quattro cittadini aveva più di 60 anni.  “L’invecchiamento delle strutture demografiche evidenzia la necessità di quantificare e monitorare la qualità della vita degli anziani, al fine di progettare le politiche più adatte e valutarne l’attuazione. Serve un cambio di paradigma nelle azioni svolte dalle istituzioni, che devono avere una visione globale della vita degli anziani”. La Fondazione da oltre 75 anni ha sottolineato “accompagna i propri iscritti e la loro qualità di vita, interessandosi soprattutto alla vita nella terza età, secondo quattro pilastri: eccellenza, impatto sociale, dignità e andamento demografico” a agendo “per migliorare: i talenti e le capacità imprenditoriali degli iscritti, il risparmio per la terza età, l’impegno sociale non ultimo quello nell’età anziana per la longevità”. Nel concludere il Presidente ha ribadito la necessità di un “approccio multidisciplinare nei confronti dell’invecchiamento che tenga conto degli aspetti economici, sociali, di genere e dell’indipendenza”.

A seguire Fernando Ariza (Direttore del centro studi della Mutualidad Abogacia) e la professoressa Mercedes Ayuso (docente di statistica attuariale all’Università di Barcellona) hanno presentato l’indice con particolare enfasi sull’influenza del genere sulla qualità di vita delle persone anziane.  Innanzitutto, è stato sottolineato che l’indice risponde ai nostri bisogni sociali e risponde alla necessità dei decisori politici di avere a disposizione uno strumento che consentisse di applicare e monitorare le politiche dedicate agli over 65 (che in paesi come l’Italia, la Germania e il Portogallo superano già il 27% della popolazione). Posto questo obiettivo, il gruppo di ricerca è partito da undici su diciassette obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’ONU, ha lavorato su scala europea e sulle tendenze di lungo periodo, dove fossero disponibili dati di qualità. Tra le problematiche che riguardano la vita anziana “la povertà, l’inclusione sociale, la dignità, le differenze di genere”.  Queste ultime ci mostrano come la vita anziana sia diversa tra uomini e donne.

Ariza nell’illustrare il legame tra l’obiettivo 1 dell’ONU “sconfiggere la povertà” e l’indice di dignità della popolazione anziana proposto, ha ricordato che “l’entità delle pensioni incide sulla povertà, ma anche la proprietà o meno della casa in cui si vive”. Pertanto, nella fotografia dell’indice risultano più prossimi al conseguimento dell’obiettivo sostenibile n. 1 paesi come la Spagna o l’Italia dove le persone anziane sono in misura prevalente proprietarie della casa in cui vivono. Tuttavia, se si esamina l’assegno pensionistico medio delle donne in questi due paesi si riscontra che è pari a circa 750 euro al mese, di molto inferiore a quello degli uomini.

IN relazione all’obiettivo di sviluppo sostenibile n.3 “salute e benessere” è stato evidenziato che “nelle società che invecchiano il calcolo dell’aspettativa di vita in buona salute e la copertura delle necessità di chi è in difficoltà divengono una priorità per le politiche: garantire un invecchiamento dignitoso laddove l’aspettativa è più elevata.” Le politiche, quindi, devono essere “calate” su territori e sui divari esistenti tenendo conto del fatto che per garantire un invecchiamento in salute è bene considerare se la longevità è connessa o meno a dei privilegi, la variabile età biologica, ma anche l’età di pensionamento, l’entità della pensione, le condizioni psicologiche della persona anziana, ecc.

Gli altri indicatori su cui si sono concentrati i due relatori hanno riguardato l’età del pensionamento che dovrebbe essere regolata in base alle condizioni di salute del singolo e al tipo di lavoro svolto nel tempo. In questo caso i paesi che hanno totalizzato i punteggi migliori sono quelli nordici (Svezia, Estonia) e tra i peggiori i paesi del mediterraneo (Spagna, Grecia). Le condizioni di vita delle persone anziane dipendono, inoltre, dalla qualità della vita e dei rapporti che esse con famigliari o altre persone (molti anziani non hanno alcun rapporto sociale durante l’intero anno).

Infine, Mercedes Ayuso ha esplicitato la misurazione del grado di avvicinamento all’obiettivo sostenibile n. 5 “Parità di genere” chiarendo che “la maggiore longevità delle donne spesso si intreccia con la scarsa qualità di vita, poiché è su di loro che continua a ricadere l’attività di care-giver (peer-giver) nonostante l’età.” Inoltre, bisogna considerare anche il fattore solitudine, che colpisce di più e più spesso le donne proprio perché più longeve.

Il risultato dell’analisi dei dati per paese sulle politiche inerenti gli obiettivi di sviluppo sostenibile considerati, è riportata in una “mappa di calore” che mostra visivamente la posizione di ciascun Paese in ogni ambito di sviluppo sostenibile nell’Indice complessivo (indice europeo di dignità degli anziani).  Ayuso ha precisato che “l’indice mostra che gli anziani del Nord e del Centro Europa hanno la migliore dignità e qualità di vita del continente. La prima posizione della classifica è occupata dalla Svezia, seguita da Lussemburgo e Norvegia anche se nel gruppo dei dieci Paesi meglio posizionati troviamo anche i Paesi Bassi, Germania, Finlandia, Danimarca, Francia, Irlanda ed Estonia”. In questo primo gruppo, l’indicatore varia approssimativamente tra 28 e 24 punti. Invece, nei dieci parsi del Centro Europa (anche mediterranea), si trovano il Belgio, seguito da Spagna, Austria, Portogallo, Slovenia, Malta, Italia, Lituania, Cipro e Repubblica Ceca. In questo caso, l’indicatore registra valori tra 22,5 e 20,5 punti circa. Infine, nella parte bassa della classifica, con un valore dell’indicatore inferiore a 20,5 punti, troviamo Lettonia, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Grecia, Romania, Bulgaria e Croazia. I paesi del nord UE fanno meglio soprattutto per le donne.

Il rapporto contiene inoltre interessanti schede paese.

 

Nel concludere il loro intervento i relatori hanno illustrato le dieci raccomandazioni che il rapporto indirizza ai decisori politici:

 

  1. La copertura delle pensioni di vecchiaia (soprattutto di anzianità) e di reversibilità (soprattutto di vedovanza) è essenziale per garantire una vita dignitosa in età avanzata. La natura complementare delle pensioni associate al primo pilastro (pensioni di base), al secondo pilastro (pensioni associate al mercato del lavoro) e al terzo pilastro (risparmio individuale) aiuta l’intero gruppo coperto da prestazioni dopo il pensionamento.

 

  1. i Paesi in cui la popolazione anziana possiede una casa di proprietà presentano una maggiore concentrazione di ricchezza in questo gruppo di popolazione. Questo dato viene interpretato come positivo a condizione che il Paese disponga di sistemi adeguati per fornire liquidità a questo tipo di beni in caso di necessità. Reddito e ricchezza non sono infatti la stessa cosa: il reddito sistematico che gli anziani hanno in base alle pensioni, ai rendimenti delle attività finanziarie o agli affitti, tra le altre cose, ha valori diversi nei vari Paesi e può presentare cifre significativamente diverse da quelle mostrate nei dati sulla ricchezza

 

  1. in tutti gli SM più del 50% della popolazione anziana è sovrappeso. In nessuno degli Stati membri si registrano percentuali superiori al 50% di adulti anziani che mantengono quello che è considerato un peso normale (solo Danimarca si avvicina a questo 50%). Il consumo di frutta e verdura è elevato in generale, ma i risultati segnalano problemi nutrizionali probabilmente dovuti a una scarsa combinazione di nutrienti (che devono essere adattati ai farmaci che gli anziani solitamente assumono) e alla presenza di disabilità che limitano la capacità di fare la spesa e di mangiare bene.

 

  1. L’esercizio fisico registra percentuali sempre più alte nei Paesi europei. In media, il 59,5% svolge attività fisica nel tempo libero. Sebbene la camminata sia l’attività fisica più frequentemente praticata, la fragilità degli anziani richiede anche lo svolgimento di altri tipi di attività legate alla tonificazione e al rafforzamento dei muscoli.

 

  1. Con l’invecchiamento della popolazione a causa della maggiore longevità, i Paesi devono concentrarsi sull’aumento degli anni vissuti in buona salute. Cresce il bisogno di assistenza da parte di terzi. È necessario promuovere l’autonomia degli anziani con un aiuto a domicilio, se necessario, e migliorare il rapporto tra il numero di posti letto nei centri di assistenza a lungo termine (Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia sono i Paesi che offrono il maggior numero di posti letto ogni 100 persone di età superiore ai 65 anni).

 

  1. Per la promozione dell’invecchiamento attivo è necessario che la popolazione anziana non rinunci all’apprendimento (capacità di apprendere compresa, uso delle tecnologie, metodologie dedicate). E’ necessario promuovere soprattutto le competenze digitali nella popolazione anziana per consentirne l’apprendimento.

 

  1. La parità tra la popolazione anziana deve essere garantita. La principale raccomandazione basata su questo indicatore si limita a un solo aspetto: le differenze in termini di gruppi residenziali, lottando per eliminare le disuguaglianze basate sul fatto che una persona viva o meno da sola (ad esempio, a causa del suo stato civile), e l’aumento previsto della “cura tra pari” che porterà a un maggior numero di anziani assistiti da persone anziane, con conseguenze sulla qualità della vita e sullo stato di salute di entrambe le persone.

 

  1. La qualità della vita è associata a migliori condizioni di salute nell’età anziana. Tuttavia, la permanenza degli anziani nel mercato del lavoro dopo i 55 anni è bassa nella maggior parte dei Paesi (anche in Estonia, Norvegia o Svezia è inferiore al 40%) e diminuisce significativamente tra i 65 e i 74 anni. Promuovere la partecipazione al lavoro può essere positivo, a patto che venga realizzato attraverso un’adeguata regolamentazione dell’età pensionabile legale che tenga conto dell’eterogeneità della popolazione anziana, la professione abituale del singolo e il suo stato di salute.

 

  1. La delocalizzazione che si sta verificando in diverse aree d’Europa, con una significativa concentrazione di anziani che vivono nelle zone rurali (Italia in testa), deve essere guardata con attenzione dalla politica. L’accesso alle strutture e servizi sanitari, l’accesso ai servizi finanziari e, in generale, a qualsiasi tipo di servizio necessario per la popolazione anziana, richiede un adeguato sviluppo delle infrastrutture che garantiscono la mobilità degli anziani e dei sistemi di trasporto che collegano città e paesi.

 

  1. Devono essere rafforzate le politiche per l’integrazione attive delle persone anziane nella vita sociale e per migliorare le loro relazioni con altre persone (amici, vicini di casa, ecc.) al di là della famiglia. Sebbene il livello medio di soddisfazione degli anziani europei per le loro relazioni personali sia generalmente alto, con una media di 80,7 punti su 100 (con la Svezia al primo posto) la loro partecipazione ad attività di volontariato e il livello di associazionismo sono bassi. Combattere la solitudine delle persone anziane è necessario per un invecchiamento attivo e in salute (anche mentale).

 

Il Presidente Sanz Fernández-Lomana, nel concludere i lavori, ha ribadito come le “iniziative come l’ ”Indice di dignità degli anziani” rappresentano un momento di svolta nella lotta alle disuguaglianze. Solo se siamo pienamente consapevoli della realtà che vivono i nostri adulti più anziani possiamo costruire ponti per la collaborazione, l’innovazione e lo sviluppo; con società in cui i diritti, le libertà e la dignità dei gruppi più vulnerabili sono protetti, ponendo le basi per superare le sfide attuali e quelle che verranno.”

 

Lo studio

https://fundacionmutualidadabogacia.org/wp-content/uploads/2022/10/Dignidad-Adultos_UE_ING_web.pdf