Crisi demografica e divario nord sud. Visco “Creare lavoro”

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“Per difendere il lavoro bisogna crearlo. Se non lo si crea è difficile difenderlo” così Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, aprendo un workshop organizzato insieme all’Istat, intitolato “Lo sguardo lungo: il dividendo demografico nell’analisi dell’economia italiana”.

D’altronde, come sottolinea lo studio presentato durante l’evento “In Italia nascono sempre meno bambini, le donne che non hanno figli aumentano e chi diventa madre lo fa sempre più tardi. Per contenere le conseguenze economiche del calo delle nascite serve aumentare la produttività: servono ultra 65enni al lavoro, giovani e immigrati”.

La crisi demografica non è solo una questione di calo della popolazione. È soprattutto un problema di squilibri tra generazioni, con implicazioni sociali ed economiche – ne dipende anche la sostenibilità del debito pubblico – che domanderà sempre più sanità pubblica e pensioni proprio mentre la forza di sostegno della popolazione in età attiva si indebolisce ogni giorno di più (convenzionalmente definita dalle persone di età compresa tra 15 e 64 anni). In gioco, in fondo, ci sono “solo” le fondamenta della salute di un Paese: la capacità di produrre ricchezza e la possibilità di far funzionare il welfare.

“In Italia è cruciale come si affronterà la questione demografica sul mercato del lavoro – ha detto Visco – Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute registrato nei passati decenni consentirà a molte persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 65 anni. Ma Il tasso di partecipazione di giovani e donne al mercato del lavoro è inferiore alla media Ue”.

“È indubbio che i lavori usuranti si riducono e che c’è una capacità di utilizzare al meglio il progresso tecnico. Addirittura oggi ci poniamo il dubbio che forse questo progresso, in particolare l’intelligenza artificiale ci toglierà il lavoro. Non è mai successo e non succederà neanche questa volta – ha detto il governatore – però è evidente che viviamo di più, che viviamo meglio e che possiamo contribuire meglio al progresso del della nostra società”.

“Inoltre, per contenere gli effetti negativi sul mercato del lavoro della dinamica demografica in atto non si potrà prescindere nel breve e nel medio termine da un miglioramento del saldo migratorio – ha proseguito Visco – Cercando di ridurre decisamente il deflusso, e possibilmente operare per invertirlo, dei nostri connazionali che sono stati 1 milione nell’ultimo decennio e molti dei quali sono giovani”

Come si è arrivati alla crisi demografica?

La situazione è causata da una parte dalle nuove abitudini riproduttive delle donne in età fertile, che diventano mamme sempre più tardi (l’età media delle madri al primo figlio è ad oggi pari a 33,3 anni), e dall’altra dal loro numero, praticamente dimezzato rispetto a quello generato dal periodo del baby boom, e definito baby bust (quando il numero medio di figli per donna ha toccato il valore minimo, inferiore a 1,2). In pratica, a partire dalla metà degli anni Settanta si è iniziato a registrare un forte calo della natalità che ha determinato la contestuale diminuzione anche delle donne in età fertile rispetto cinquant’anni fa.

Inoltre, sempre in quegli anni c’è stata un’inversione di tendenza dei flussi migratori, e l’Italia da Paese di emigrazione è divenuto un Paese di immigrazione. E ciò ha portato a una popolazione sempre più anziana.

Il divario Nord e Sud

Durante il convegno sono stati presentati diversi studi che hanno ricostruito gli andamenti dell’economia italiana e delle due macroaree del Paese, il Centro Nord e il Mezzogiorno, dagli anni Cinquanta ad oggi. Sono stati proposti anche alcuni scenari di crescita sulla base delle proiezioni demografiche dell’Istat e diverse ipotesi circa l’evoluzione futura del mercato del lavoro e della produttività.

L’analisi storica delinea un progressivo rallentamento della crescita, più marcato nel Mezzogiorno, guidato da quello della produttività totale dei fattori e, più di recente, dell’accumulazione del capitale e dell’utilizzo del lavoro.

Dato il calo atteso della popolazione in età di lavoro, senza aumenti della partecipazione al mercato del lavoro e della produttività, l’economia italiana sarebbe destinata a contrarsi dalla seconda metà del decennio in corso, con maggiore intensità nel Mezzogiorno. T

assi di crescita della produttività simili a quelli degli altri paesi europei e un processo di convergenza tra le due aree sarebbero invece in grado di assicurare al Paese ritmi di sviluppo sostenuti, sia nel mercato del lavoro sia nella produttività.

Alcuni dati

Dal 2019, il numero di persone convenzionalmente definite in età da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) è diminuito di quasi 800.000 unità. Secondo le proiezioni demografiche dell Istat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei