Italiani e lavoro nell’anno della ripartenza

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Edilizia, digitale e turismo volano della crescita. Giovani e senior i più ambiti. La rincorsa del tempo indeterminato. Questi alcuni dei risultati dell’indagine “Italiani e lavoro nell’anno della ripartenza” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro presentati a Bologna, nei giorni scorsi, durante il Festival del Lavoro.

I settori traino della crescita occupazionale, i profili più richiesti dal mercato, il contratto a tempo indeterminato alla prova dei numeri.

Ad aprile 2023,  gli occupati hanno raggiunto i 23 milioni 446mila, il tasso di occupazione il 61%. A favorire tali risultati, le buone performance di alcuni settori. In primis, l’edilizia, che tra il primo trimestre 2019 e il 2023 ha visto aumentare di 214mila unità il numero di occupati (+16,5%).

Il maggior aumento in termini percentuali, però, lo registra il settore dell’informazione e della comunicazione (157mila occupati in più, +27,5%). L’ultimo anno, poi, ha visto il boom del turismo, che tra il primo trimestre 2022 e il 2023 ha segnato un +10,3% che ha guidato il settore sopra i livelli pre-Covid. Tra i fenomeni più interessanti riscontrati dalla ricerca, la forte caratterizzazione demografica della crescita occupazionale. Tra il primo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2023, a fronte di un aumento di 474mila lavoratori, i giovani (15-34 anni) sono aumentati di 272mila unità (+5,4%, più che doppio rispetto al totale).

Un trend che nell’ultimo anno sembra in consolidamento, con un ulteriore balzo in avanti pari al 3,9%. La riduzione della popolazione di età intermedia, soprattutto 35-44enni, ha causato un crollo degli occupati di cui hanno beneficiato giovani e senior. Tra gli over 55, l’incremento è stato del 14,8%.

A contraddistinguere le tendenze dell’ultimo anno anche l’aumento del lavoro a tempo indeterminato. Rispetto al 2019 ci sono 613 mila occupati in più (+4,2%) e solo nel 2023 la crescita è stata del 3,7% (+542 mila), a fronte di un incremento del lavoro temporaneo molto più contenuto (+2,7% tra 2019 e 2023).

La crescente concorrenzialità tra le imprese per l’acquisizione dei profili sempre più irreperibili sul mercato rappresenta un volano decisivo. È indicativo, poi, che proprio tra i giovani si registri il maggior aumento del tempo indeterminato (+13,4%, pari a 355mila occupati in più). Eppure, il fenomeno che più denota il dinamismo del mercato del lavoro è la sua accresciuta mobilità: il 6% degli occupati dichiara di aver cambiato lavoro negli ultimi due anni, ma tra i giovani la percentuale sale al 13%.

A questi si aggiunge un 13% che si sta attivando per farlo, mentre il 26% non ha ancora compiuto azioni specifiche ma desidera un cambiamento professionale. Se la maggioranza dichiara di aver cambiato perché insoddisfatto della propria condizione (41%) e per assecondare un desiderio più generale di cambiamento della propria vita (16%), non stupisce che, dopo la crescita salariale, tra i fattori più ricercati nel nuovo lavoro emerga un migliore equilibrio lavoro-vita privata (30%).

Coerentemente, non si arresta il fenomeno delle dimissioni, che nel 2022 registra un ulteriore balzo in avanti del 9,7%, arrivando a quota 1 milione 255mila tra i lavoratori a tempo indeterminato.

Considerando anche quelli a termine e stagionali si toccano i 2 milioni 156mila. Un fenomeno alimentato anche dalla vivacità di alcuni settori: costruzioni, servizi di informazione e comunicazione, comparto sanitario su tutti. L’indagine, poi, passa in rassegna altri trend rilevanti del mercato occupazionale di oggi. In particolare, la mancata ripresa degli autonomi, che ancora stentano a recuperare i livelli pre-Covid; le difficoltà di ricollocamento di chi ha perso il lavoro, seppur in presenza di una drastica diminuzione del tasso di disoccupazione; l’annoso problema dell’irreperibilità dei profili in linea con le esigenze aziendali.