Presentata in Parlamento europeo la “Relazione sul futuro della politica di coesione dell’UE”

46

Il 20 febbraio, gli eurodeputati hanno assistito alla presentazione della relazione conclusiva del gruppo di esperti di alto livello istituito dalla Commissaria per la coesione e le riforme, Elisa Ferreira, con il compito di riflettere sul futuro di una politica cruciale per il destino sociale ed economico del continente.

La relazione rappresenta il risultato di un intenso lavoro svolto nel corso del 2023, ed è arricchita da contributi accademici, documenti preparati dai servizi della Commissione e dalle indicazioni degli stakeholder. L’obiettivo principale è di fornire un contributo informato alle discussioni in corso sulla riforma della politica di coesione post 2027.

La politica di coesione ha rappresentato uno dei massimi investimenti dell’UE, con oltre 1,04 trilioni di euro impiegati tra il 1989 e il 2023. Per il periodo 2021-2027, sono stati destinati ulteriori 392 miliardi di euro. I risultati di questa politica sono stati notevoli: è stata un motore fondamentale di progresso sociale ed economico, sollevando molti europei dalla povertà e permettendo un incredibile ripresa, specialmente nei paesi che hanno aderito dopo il 2004. La sua efficacia è stata tale da essere replicata in tutto il mondo, se si pensa che la quota di popolazione europea residente in paesi meno sviluppati è passata da 106 milioni (24,6%) nel 2000 a 24 milioni (5,4%) nel 2023.

Tuttavia, nonostante questi indubbi successi, l’UE si trova ancora ad affrontare sfide significative in termini di competitività, come dimostrano alcuni “numeri”. Se nel 1991 l’economia dell’Unione rappresentava il 25% di quella mondiale, nel 2022 questa quota era scesa al 17%. Inoltre, 60 milioni di cittadini dell’UE vivono in regioni che presentano un PIL pro capite inferiore rispetto al 2000, mentre 75 milioni risiedono in regioni con crescita economica prossima allo zero. Un terzo della popolazione europea, quindi, risiede in aree che sono lentamente arretrate negli ultimi venti anni. Si assiste pertanto a una polarizzazione con molte regioni cadute nelle trappole di sviluppo e la crescita economica concentrata in poche aree metropolitane.

La mancanza di opportunità rappresenta un’altra sfida significativa per l’Europa. Le gravi carenze di occasioni e gli ostacoli all’inclusione, colpiscono soprattutto i gruppi più vulnerabili come le donne, i bambini, i giovani, gli anziani, le persone con disabilità, quelle con bassi livelli di istruzione, i migranti, la popolazione Rom e le altre minoranze etniche e religiose. Questi problemi spesso si concentrano geograficamente in regioni economicamente fragili, ma non risparmiano anche le città più dinamiche.

L’UE è chiamata a fronteggiare uno scenario globale incerto caratterizzato da diverse sfide la frammentazione geopolitica, i conflitti e le guerre; la de-globalizzazione e la disgregazione delle catene globali del valore; ma anche l’adattamento all’espansione dell’automazione, all’intelligenza artificiale e alla robotizzazione dell’economia.

Le sfide sopra descritte comportano rischi considerevoli per la competitività dell’Europa, sia al suo interno che sulla scena globale. Alcuni di questi rischi includono la stagnazione economica a lungo termine e la polarizzazione territoriale che impedirà all’UE di liberare il suo potenziale economico in modo diffuso su tutti i territori. Storicamente, le politiche pubbliche tendono a puntare sulle città “superstar”. Questi grandi agglomerati urbani sono stati considerati i “motori” economici, sia in Europa che altrove. Le loro controparti meno sviluppate e stagnanti, invece, sono state lasciate nell’ombra, sulla base del pensiero economico prevalente che ha indirizzato la maggior parte delle politiche volte ad aumentare l’innovazione e la produttività e a promuovere la competitività, soprattutto a livello nazionale, partendo dal presupposto che le disuguaglianze territoriali fossero solo temporanee, una fase cruciale nel più grande schema dell’evoluzione economica. Tale diffusione dell’innovazione e dell’attività avverrebbe attraverso “stabilizzatori economici”, tra cui le ricadute di conoscenza e la mobilità geografica dei lavoratori. Tuttavia, questa visione ottimistica è stata contraddetta dalla realtà; la divergenza tra luoghi di grande successo e altre regioni non è una discrepanza passeggera, ma è diventata un problema profondo e strutturale. Le disparità territoriali non solo persistono, ma si sono radicate nel panorama economico dell’UE.

Di fronte a queste sfide, è evidente che la politica di coesione deve svolgere un ruolo ancora più incisivo. Secondo gli esperti di alto livello, deve essere una politica sistemica e dinamica che sfrutti il potenziale economico inutilizzato dell’UE, specialmente nelle aree meno sviluppate e vulnerabili. Deve promuovere l’equità territoriale e affrontare le principali sfide strutturali dell’Unione, come il basso sviluppo e la stagnazione economica a lungo termine. Inoltre, dovrebbe essere una politica “senza confini” costruendo ponti sia all’interno che all’esterno dell’UE.

La relazione presentata al Parlamento europeo rappresenta un passo importante verso il raggiungimento di questi obiettivi chiave. Ovviamente, spetta alle istituzioni europee e agli Stati membri tradurre le raccomandazioni degli esperti in azioni concrete, al fine di garantire un futuro più prospero ed equo per tutti i cittadini europei.

Per ulteriori informazioni consultare il rapporto.